Lo Hobbit - La Desolazione di Smaug

Creato il 24 dicembre 2013 da Mattia Allegrucci @Mattia_Alle
C'è un continuo senso di incoerenza che pervade questo film dalla prima all'ultima sequenza. Bisogna sottolineare che comunque i film ponte, ovvero quei lavori che dovrebbero collegare l'inizio di un'avventura con la sua conclusione, sono i più difficili da realizzare e i più deludenti per la maggior parte del pubblico. Allora perché Il Signore degli Anelli - Le Due Torri è il mio preferito della vecchia trilogia di Peter Jackson? Se nel film ponte del suo primo viaggio nella Contea il buon regista neozelandese ha cercato di inserire nuove e potenti sequenze visive, tagliando e plasmando la storia a suo piacere e dando un peso molto importante al Male che corrompe, questo Lo Hobbit - La Desolazione di Smaug continua ad essere ancorato necessariamente ai toni spensierati del primo capitolo, inserendo però pian piano delle tonalità oscure, proprio perché il Male sta tornando sulla Contea. Tentativo apprezzabile ma innocuo, poiché sono troppi i momenti in cui le situazioni si ripetono e le fughe dei nani da un posto all'altro sembrano non avere mai fine. Tra gli elfi di Bosco Atro, i ragni abusivi nella foresta, la fuga nei barili e altro la pellicola vive di forti dislivelli tra una sequenza e l'altra, focalizzandosi su momenti superflui e accennando alcune cose davvero interessanti (l'egoismo del re degli elfi, ad esempio, e la sua noncuranza nei confronti delle altre terre), finché non si apre la magnifica porta nascosta di Ereborn, ed ecco che finalmente il film comincia. Bilbo e Smaug sono uno di fronte all'altro e parlano di canzoni, storie, racconti, del passato, e noi siamo lì, intimoriti e ansiosi, in attesa che l'immenso drago sputi il suo fuoco contro il piccolo hobbit. Un drago perfetto, probabilmente il migliore che occhio umano abbia potuto vedere sul grande schermo finora, il quale però evidenzia un'altra forte incoerenza del lavoro di Peter Jackson: la computer grafica. Come mai, se sono riusciti a realizzare questo drago squama per squama (meno una) che cammina in maniera così meravigliosa tra le monete di Ereborn (anch'esse fatte al computer), non hanno prestato la medesima attenzione a tutte le altre creature digitali? Perché il comandante degli orchi sembra ancora così finto? Perché si riesce a distinguere la differenza tra il Bilbo in carne ed ossa (interpretato dal bravisimo Martin Freeman) e quello realizzato in digitale? Non è accettabile, almeno per chi scrive, trovarsi di fronte ad un prodotto di grosso budget come questo che presenta dei dislivelli così grossi tra una scena e l'altra: è impossibile che il team di Peter Jackson riesca a dare vita al possente drago Smaug incantando tutta la platea e, allo stesso tempo, realizzi una sequenza in cui tredici nani e un hobbit fuggono all'interno di barili vuoti che, sempre parlando dell'aspetto visivo e degli effetti speciali, è a dir poco ridicola se messa a confronto con la sopracitata. Da aggiungere all'equazione il finale troncato a metà per creare desiderio e voglia di vedere la conclusione nel pubblico: un finale che necessariamente doveva essere così e che apre le porte ad un terzo capitolo dalla potenza distruttiva immensa e dalla tragedia già scritta. Sauron tornerà, Saruman verrà corrotto, il drago distruggerà la città, qualcuno morirà? Le forze oscure gettano la loro ombra su tutta la Contea e, nonostante la sonora delusione presa da questo capitolo, attendiamo con ansia una conclusione dalle premesse sensazionali. Se così sarà, probabilmente l'unico errore di Jackson rimarrà quello di aver diviso la storia in tre film.


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