Quindi lascio la parola al buon Mattia meglio conosciuto come gilgaladviola91.
Buona lettura...e fateci sapere che ne pensate! :D
In a hole in the ground there lived a Hobbit.
Con questa frase, scritta su un compito di filologia anglosassone lasciato in bianco, il Professor J. R. R. Tolkien iniziò a concepire il suo romanzo. Nel 1937 questo libro (per bambini) venne pubblicato e subito ebbe un successo strepitoso, divenendo ben presto conosciuto a livello mondiale; settant’anni più tardi iniziò il lungo percorso per la realizzazione di una sua trasposizione cinematografica.
Erano in pochi, nel 2007, i “tolkieniani” a credere davvero in una realizzazione del film. Sembrava un traguardo irraggiungibile, con la Metro Goldwyn Mayer (detentrice dei diritti sulla pellicola) ormai sull’orlo del fallimento; addirittura pareva un miraggio quando mesi più tardi il regista designato, Guillermo Del Toro, fu costretto a tirarsi indietro.
Poi col tempo tutto ha preso forma: dai comunicati alle prime conferenze stampa, dalle foto dai set ai videoblog, dai poster ai trailer. Il mondo di Tolkien, la Terra di Mezzo, sta per tornare al cinema e, checché se ne dica, si tratta di un vero e proprio evento.
Artefice di tutto questo è, ancora una volta, Peter Jackson.
Jackson ha affermato più volte che i suoi film non sarebbero probabilmente piaciuti a Tolkien, cosa che i discendenti del Professore non hanno mai nascosto.
Quasi sicuramente questo corrisponde a verità: stiamo parlando di un esperto di letteratura medioevale inglese, creatore di decine di vere e proprie lingue per il suo mondo (mondo che è stato creato inizialmente per dare uno sfondo “reale” a questi idiomi, benché molti pensino il contrario); crediamo veramente che si sarebbe emozionato vedendo la trilogia cinematografica del Signore degli Anelli? Ma certo che no, si sarebbe semmai messo ad elencarne i difetti.
Frodo ha cinquant’anni suonati in realtà, non è più un ragazzino che corre spensierato per i campi saltando in braccio a Gandalf.
E Aragorn? È l’erede al trono di Gondor, deciso a riprendersi quello che è suo, tutto tranne il Ramingo insicuro che le trasposizioni sul grande schermo ci mostrano.
E Arwen che porta in salvo Frodo a Gran Burrone? Ma figuriamoci in realtà ad aiutare l’Hobbit fu Glorfindel, Signore Elfico di grande potere.
Si potrebbe continuare per settimane a criticare la vecchia trilogia, i più appassionati lettori di Tolkien avranno sicuramente trovato altri mille difetti.
Però i film sono belli e sono piaciuti, non ai nipoti del Professore, ma ai suoi fan sì. Nessun fan del libro dirà mai che i film fanno schifo. Perché i film sono belli e Peter Jackson ha fatto un capolavoro.
Sono perfetti? Ovviamente no! Poteva attenersi di più al libro? Sì, caspita! Ma i film sono belli lo stesso ed hanno attirato milioni di persone, avvicinandole ad un fantastico mondo a loro sconosciuto.
Ed ora sta per accadere lo stesso con Lo Hobbit.
Tuttavia è inutile girare intorno al problema: i film non saranno due ma tre.
Notizia bomba, in tutti i sensi.
“Bene, si gode per nove ore invece che per sei!” dicono i più entusiasti, “A questo punto potevano fare una serie TV…” punzecchiano i sarcastici, “Mi fido di Peter, quello che dice lui va bene. Sempre!” ribattono i “jacksoniani” convinti. Insomma, di tutto e di più.
E la maggior parte della gente non sa neanche quello che dice: “Io non ho letto il libro, ma mi sembra di aver capito che è piccolino, tre film sono troppi” oppure “Speriamo non venga come le edizioni estese della vecchia trilogia, erano troppo lunghe e noiose, infatti non le ho mai guardate”. In pratica il parlare (male) di quello che non si conosce, un classico della rete (e non solo).
E allora vediamo un po’ di parlarne nel dettaglio e di chiarirci le idee.
Il film narra le avventure del (relativamente) giovane Bilbo Baggins, che, insieme a 13 Nani ed allo stregone Gandalf, partirà per riconquistare la casa ed il tesoro dei Nani stessi, derubati dal drago Smaug.
Durante il viaggio lo stregone si assenterà più volte, per missioni che nel libro non sono descritte, ma che Tolkien ha riportato nelle ormai famose Appendici del Signore degli Anelli e che il film mostrerà ampiamente. Queste deviazioni si scopriranno poi essere dovute al ritorno di un oscuro potere nella Terra di Mezzo: il Negromante.
E da qui sono nati i dubbi più grossi: “Ma quanto sono lunghe queste Appendici?” - “Ma è un altro libro?” – “Si sono inventati tutto di sana pianta?” e così via.
La storia riguardante il Negromante non è mai stata approfondita da Tolkien, che la riassume abbastanza velocemente, senza soffermarsi sui particolari. Il film adatterà ed amplierà questi scritti del Professore, coinvolgendo anche il Bianco Consiglio e mostrandoci in prima persona le peripezie di Mithrandir.
In questo modo l’intera trama verrà ricollegata alla vecchia trilogia, con riferimenti che nel libro in sé non sono presenti, ma che sono stati più volte evidenziati, anche nello stesso SdA.
Ovviamente l’intento del regista e degli sceneggiatori è anche quello di adattare Lo Hobbit ai tre film precedenti, non solo come trama e personaggi, ma soprattutto come tono della pellicola. Pur essendo il romanzo nato per un pubblico di bambini, il film avrà quindi un livello di epicità e drammaticità sicuramente superiore.
Un esempio lampante è la Battaglia dei Cinque Eserciti: chi ha letto il libro saprà che non viene mostrata direttamente, cosa che in un film non può di certo accadere, anzi, probabilmente sarà uno dei pezzi forti dell’ultimo capitolo della saga.
Un discorso analogo può essere fatto per tantissime altre scene: Lo Hobbit è un libro molto denso, in cui succedono un sacco di cose, tante delle quali vengono solo citate. Sul grande schermo gli spettatori potranno godersi tutto questo, senza pericolo di tagli.
Nonostante tutto ciò, molti hanno gridato alla “commercialata” dopo l’annuncio del terzo film.
Inutile nascondersi dietro un dito: nell’industria cinematografica di oggi, soprattutto quando si parla di kolossal immani come questo, l’intento delle major è quello di guadagnare, il più possibile. Bisogna spremere una saga fino all’osso, spillare agli spettatori fino all’ultimo dollaro, ogni occasione è buona per allungare il brodo e quindi il numero dei film.
Detto questo, bisogna valutare con attenzione la situazione. La decisione di realizzare un film aggiuntivo è stata presa in un momento non casuale: durante il montaggio del primo film. Gli autori si sono resi conto della quantità immane di girato (253 giorni di riprese!), che rendeva impossibile la realizzazione di due soli film senza tagli netti di diverse scene.
Pensandoci bene non è stata una trovata geniale dal punto di vista della produzione: contratti da rinegoziare col cast, set da ricreare, riprese in esterni da ampliare. Tutte cose che possono sembrare robetta da poco, ma quando ti costruisci una città come Edoras o Minas Tirith, la usi per girare e poi la smonti, non è proprio un’idea geniale decidere di tornarci un anno più tardi per girarci di nuovo, con i set da ricreare identici a prima.
Insomma, tutto pare fuorché una decisione calata dall’alto della Warner Bros. tanto per fare più soldi, da questo punto di vista sarebbe stato mille volte più sensato decidere di aggiungere un film prima della fine delle riprese (cioè con un paio di mesi di anticipo rispetto a quanto è accaduto).
La spiegazione più logica è che la casa di produzione abbia soltanto colto al volo la possibilità di avere maggiori incassi, ma che l’idea sia stata degli autori e motivata principalmente da ragioni artistiche.
Ovviamente non è solo la sceneggiatura a far discutere de Lo Hobbit, infatti da un punto di vista squisitamente tecnico sarà per forza di cose un film epocale.
Per la prima volta nella storia sono state effettuate riprese a 48 fotogrammi al secondo (fps), cioè il doppio di quanto accade da sempre. In pratica un film altro non è che una sequenza di foto, i fotogrammi appunto, che si succedono uno dopo l’altro ad alta velocità, dando allo spettatore una sensazione di continuità; fino ad ora non erano mai stati usati più di 24 fotogrammi in un secondo… fino ad ora.
L’aumento del numero di fotogrammi porta un considerevole miglioramento della qualità video, che sembra molto più realistico ed è incredibilmente più compatibile con il 3-D per l’occhio umano.
A maggio sono stati mostrati 10 minuti di film in questo formato, ad un ristretto gruppo di addetti ai lavori presenti ad una mostra del cinema americana. Il risultato non è stato quello sperato, molti spettatori si sono lamentati dell’eccessivo realismo dell’immagine, troppo per un film a parer loro.
Jackson ha tuttavia assicurato che la sensazione al cinema sarà diversa, soprattutto considerando che la nuova tecnologia necessita che lo spettatore si trovi immerso nella storia, cosa che ovviamente non può accadere dopo soltanto una decina di minuti.
In ogni caso si tratterà di un evento unico, il possibile lancio di una nuova tecnologia cinematografica rivoluzionaria. Evento che purtroppo sarà vissuto da pochissimi in Italia, vista l’arretratezza delle nostre sale…
Altro aspetto tecnico al centro dell’attenzione è quello del 3-D.
Purtroppo la tecnica stereoscopica, da Avatar ad oggi, è stata fin troppo sfruttata, nella maggior parte dei casi impropriamente o con una qualità orribile. La cattiva fama che sta ormai circondando questo formato è dovuta ai numerosissimi film riconvertiti in tre dimensioni, che praticamente non c’entrano niente con il vero 3-D.
Per apprezzare questa tecnologia è infatti assolutamente necessario vedere un film girato in stereoscopia, il cosiddetto 3-D nativo. Gli esempi sono tuttavia davvero pochi, si contano sulle dita di una mano, gli unici sicuri (perché spesso le major mentono sull’effettiva tecnica usata) sono Hugo Cabret ed il già citato Avatar.
Lo Hobbit è stato girato totalmente in IMAX 3-D con un’altissima risoluzione, sarà quindi l’ultimo vero banco di prova per questo formato: potrà essere definitivamente esaltato oppure del tutto scartato, ma in ogni caso sarà un verdetto incontrovertibile, proprio perché il film è stato girato sfruttando al massimo questa tecnologia, meglio al momento non si può proprio fare.
A corollario di tutto c’è infine la garanzia di tre nomi: Peter Jackson, Fran Walsh e Philippa Boyens.
Tre persone che conoscono benissimo ed adorano le opere di Tolkien, tre garanti per un film di qualità, fatto da fan per i fan.
It has been an unexpected journey indeed, and in the words of Professor Tolkien himself, "a tale that grew in the telling".