In piena abbondanza di risorse abbiamo scoperto lo specchio e chinato il capo al diktat della magrezza. Quando non dovevamo più fare la fame per povertà abbiamo iniziato a farla per entrare nella minigonna e nel top striminzito.
D’altra parte pure le intelligenze, quelle che ancora si facevano largo grazie al cervello e non all’estetica, hanno capitolato.
Pure gli uomini, quelli che potevano permettersi i brufoli, un pelo da scimmia, le unghie sforbiciate al volo, i capelli sistemati solo dal pettine, un guardaroba classico o casual ma sempre essenziale, sono cascati nelle grinfie di estetiste, parrucchieri e stilisti.
Piacere è praticamente un bisogno incontenibile. Per tutti.
Anche a costo di faticose sudate in palestra. O di massaggi modellanti. O di interminabili ritocchi di maquillage. O di penose guerre alle calorie, appunto.
E così pure la tradizione gastronomica fa i conti con il terrore del cuscinetto adiposo. Light e dintorni, in una tristezza qualitativa che, francamente, fa piangere il palato e non solo. Certi piatti soft sono un’offesa pure alla natura e all’arte di lavorarla per farci godere…
Il guaio è che il nostro stomaco si abitua all’assenza di emozioni e, al primo strappo, ovvero quando ci concediamo una deliziosa pietanza, finiamo per dover trangugiare digestivi, pillole antiacidità, lassativi e altre più o meno simpatiche terapie d’urto per non scoppiare. E anche l’anima, accidenti, si inaridisce.
Il pensiero si è spento, perso in incombenze mortificanti per qualsiasi umana sensibilità. Malattie, dolori, preoccupazioni, delusioni avrebbero dovuto dare a tutti almeno il senso delle proporzioni, l’ordine delle priorità, la bussola dei valori. Macché. Sembriamo tutti concentrati a “farcela” nonostante gli affanni personali. Dove, oscenamente, farcela vuol dire non mancare all’appuntamento mondano, smaltare le unghie con il colore più trendy, avere il cellulare di ultimissima generazione e avanti, in un crescendo di idiozie. Tra le quali, ovviamente, mantenere un micro peso da esibire in società.
Ma ho l’impressione, non tanto vaga, che il sistema sia in pieno impasse, finalmente.
Avremo ancora quella “maledetta” voglia di una tavolata tra affetti. Perché mentre tutto frana quella è un’oasi di serenità.
Non so se vorranno prendersi gioco fino in fondo di noi. Mostrarsi in cibi geneticamente modificati, in bestie nutrite di schifezze, in frutti insapori, sguazzanti in condimenti a dir poco nocivi, in versioni praticamente non commestibili… Se ci volteranno le spalle per andare a soddisfare l’appetito di chi non le ha mai disprezzate. O se ci presenteranno qualche altra scioccante sorpresa.
Consiglierei di correre subito ai ripari: prima di scivolare inesorabilmente nella spiacevole beffa possiamo provare a ingraziarcele nuovamente. Magari, se mens sana in corpore sano non mente, una giusta e felice alimentazione potrebbe restituirci una naturale forma fisica e, soprattutto, una mente ancora brillante.
Pensare è bello, davvero!
18 marzo 2011
Autore: Irene Spagnuolo