Lo sciacallaggio sul caso Cucchi.

Creato il 21 novembre 2014 da Lorenzo Zuppini @lorenzozuppini
Non voglio risultare offensivo nei confronti di coloro che stanno realmente soffrendo per la scomparsa del loro familiare Stefano Cucchi, credetemi, perché tento davvero di mettermi nei loro panni, ovviamente non ci riesco, ma intuisco quella loro voglia incontrollabile di beccare il colpevole e crocifiggerlo in pubblica piazza. In questo senso è comprensibile la loro avanzata a suon di foto raccapriccianti del corpo martoriato di Stefano o a suon di interviste malconce concesse al talk show di turno in cui si mostra una scarsa dimestichezza col diritto sostanziale e con quello penale, perché una delle prime cose che la mia prof di Diritto penale mi ha detto è stata "non seguite i processi che odiernamente vengono fatti in tv, perché là si cerca l'audience, là si vuol lasciare l'ascoltatore a bocca aperta, non certo amministrare la giustizia". E queste son parole sacrosante.
Mi ha anche detto questa giovane professoressa che in Italia vige il garantismo come primo principio del diritto penale, che da lì non ci si muove, che non c'è deroga a questo totem attorni a cui tutti devono piegare e mostrare rispetto. Quindi, visto tutto questo, senza prove schiaccianti l'imputato non può assolutamente essere condannato, ribadendo il fatto che la verità processuale non è mai quella reale, che i fatti accertati in sede dibattimentale non corrispondono mai a quelli accaduti nella realtà, quindi già di per sé in ogni processo si corre il rischio di vedere al gabbio un innocente. Perché ricordatevi che in un sistema garantista-accusatorio, com'è il nostro, il vero rischio che un giudice corre è quello di metter dentro un innocente, non di lasciar fuori il colpevole.
Ma il dolore è il dolore, il figlio rimane il figlio, il fratello rimane il fratello, e l'angoscia di sapere che nessuno verrà punito per la sua morte attanaglia lo stomaco costringendoti a puntare il dito contro qualcuno, perché qualcuno deve pagare cazzo!
I familiare li capisco, anzi, tutti li capiamo, ma i giornalisti politically correct proprio no, io non li comprendo e si son guadagnati il mio disprezzo.
In concomitanza col dolore della famiglia Cucchi e col processo che deve ancora finire è stato imbandito un osceno banchetto ricolmo di foto troculente e di mezze verità spacciate per assolute, e i giornalisti politicamente corretti e anche un po' chic ci si sono avventati con la solita voracità che li contraddistingue in situazioni simili, ovvero quando si presenta l'occasione di indignarsi, di fare un po' di giustizia sommaria ma soprattutto di conquistarsi degli applausi.
Degli avvoltoi avrebbero avuto più rispetto per il corpo del giovane morto e per la sua memoria, avrebbero osato meno, non lo avrebbero sfruttato come invece questi aguzzini hanno fatto, perché c'è una netta differenza tra pretendere giustizia ed imporre la propria di giustizia, il proprio verdetto, e se quello emesso dal giudice non piace allora lui è un mascalzone che sta dalla parte del delinquente.
Dobbiamo parlare senza mezzi termini del Califfato islamico e pubblicare le foto delle nefandezze compiute dai porci che vi aderiscono perché chi ancora è incerto deve convincersi della loro avanzata inesorabile, e chi è già convinto deve inorridirsi ancor di più al fine di esternare il tutto. E' invece inutile pubblicare la foto del volto tumefatto del povero Cucchi perché nessuno sta avanzando contro noi altri, non esiste un complotto delle forze dell'ordine e dei medici e dei giudici al fine di stroncare vite umane rimanendo impuniti, e chi la vede diversamente è bene che parli chiaro e dica che non si sente tutelato dalle forze dell'ordine italiane.
Se però così non è, se nessuno parla chiaro e dice ciò, allora dobbiamo rispettare i morti, dobbiamo rispettare chi viene assolto, ma soprattutto non dobbiamo sfruttare l'agonia di una famiglia ancora in lutto solo per passare dalla parte degli scolaretti sempre bravi e corretti.

Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :