Lo sciacallo (Nightcrawler), un film di Dan Gilroy. Con Jake Gyllenhaal, Riz Ahmed, Rene Russo, Bill Paxton.
Quella di Lou è un’escalation, o una discesa all’inferno, che Gilroy sa montare e raccontare con sapienza narrativa, con un gran senso drammaturgico della progressione, delle svolte, dei climax, dei colpi di scena. Ma a rendere Nightcrawler più ricco, complesso, stratificato di un pur buono film di denuncia, o di un qualsiasi thriller, è il character di Lou Bloom. Il quale da una parte porta a livelli estremi e patologici l’impulso al successo, all’affermazione individuale che è un dato costitutivo (e di per sé sano) inscritto nel genoma americano, dall’altro si mostra a noi come il frutto marcio di quella sempre più vasta subcultura spacciata da montagne di manualistica sul come diventare famosi, rafforzare l’autostima, diventare boss di se stessi, pensare positivo, credere nelle proprie capacità e via egotizzando, che ci ammorba almeno a partire dagli anni Ottanta. E che più recentemente ha trovato in internet un ulteriore, inarrestabile canale di amplificazione e circolazione. “Non sai quante cose si imparano su Internet”, dice Lou in una battuta che rischia di essere epocale. Un poveretto che si riempie la bocca e la testa vuota di bufale web, che scambia il rumore informativo della rete per sapere e cultura autentici, e invece importa passivamente modelli preformati senza accorgeresene. Ce la farà, a diventare l’imprenditore che sognava di essere, a trasformarsi nel ras del nightcrawling in cerca di sangue. Spettro incarnato di quella visione del mondo che scambia il riuscire per la rinuncia a ogni fremito di coscienza. È da brividi la lingua semplificata, robotica, a una sola dimensione con cui Gilroy lo fa parlare. Un vero capolavoro di scrittura, un’operazione di mimesi perfettamente riuscita di quel cianciare dilagante e ossessivo, anche da questa parte dell’Atlantico mica solo di là, sull’affermazione di sè. La lingua dell’egolatria dissennata, del narcisismo ormai diventato patologia collettiva. Jake Gylkenhaal, paurosamente smagrito, mette a segno forse la sua migliore perfomance di sempre. René Russo (moglie di Dan Gilroy), naturalmente sensuale com’è, sa tirar fuori il massimo dalla sua torbida Nina. Ma la rivelazione è Riz Ahmed quale assistente di Lou. Era già bravo in Il fondamentalista riluttante di Mira Nair, qui come aiutante-carnefice e insieme vittima è strepitoso.
LO SCIACALLO: recensione. Tornano le jene del quarto (e quinto) potere
Creato il 18 novembre 2014 da LuigilocatelliPossono interessarti anche questi articoli :
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