Capisci che stai vivendo in un posto quando smetti di viverlo. Sembra una stronzata ma e’ vero.
Prendete il periodo precedente a Come sa di soja. Alcuni di voi se lo ricorderanno il vecchio blog, no, il mitico Bello onesto emigrato Australia, che racconta le mie avventure in quattro anni d’Australia.
Quando sono andato a vivere a Brisbane ho iniziato a scoprire il posto, a girare, a fare le cose che (pensavo) fanno tutti gli abitanti di Brisbane: andare al mare, una spiaggia diversa ogni weekend, farsi il giro dei pub e dei club, andare nei parchi a mangiare ai barbeque pubblici dove fai casino e conosci un fottio di gente. Fantastico. Il lunedi mattina arrivavo al lavoro un po’ arrossato dal sole, e mi stupivo nel vedere i miei colleghi tutti bianchi. Mi chiedevo come fosse possibile che la gente stesse in casa con un sole del genere, un oceano del genere. Mi dicevo: sara’ perche’ sono ingegneri.
Dopo quattro anni stavo in citta’, uscivo con i soliti amici, andavo nei soliti posti, solita routine. Il lunedi mattina arrivavo al lavoro, bianco tra i bianchi. E’ da li’ che ho capito che qualcosa mi era cambiato sotto i piedi senza che me ne fossi neppure reso conto. Perche’ la vera vita di Brisbane non e’ (sempre) farsi 90km per andare in spiaggia, e dopo un po’ di anni il barbeque ce l’hai in giardino, i festoni da cento persone non li fai piu’. I pub e i club ti vengono a noia quando realizzi che sono sempre un eterno cliché di tipe ubriache che camminano scalze, ventenni che urlano, stranieri in vacanza. Mentre tu sei gia’ over 30 e sei piu’ aussie di quanto vuoi ammettere. E non ti meravigli piu’ neanche per questo sole splendente, questo clima perfetto, queste splendide giornate una dietro l’altra (beautiful one day, perfect the next: il motto del Queensland, non per nulla), questo cielo perfetto di nuvolette primaverili trecento giorni l’anno (pioggia permettendo). Ormai sono cose che dai per scontate.
Forse e’ vero che uno smette di vivere un posto quando ci vive per troppo tempo. Quando vivi a Brisbane da un paio d’anni inizi a pensare che vabbe’, il barbeque e’ li’ nel parco, ci puoi andare anche la settimana prossima. E non ci vai piu’. E l’oceano e’ li’, non scappa mica, e poi domani hai da fare. E non ci vai piu’.
Sei tornato al tempo di quando eri un veneziano di terraferma, di quelli che a Venezia ci vanno tre volte l’anno (perche’ tanto e’ li’), alla regata storica hai smesso di andarci a otto anni, alla Biennale o al Guggheneim non c’hai mai messo piede, il carnevale lo fai perche’ bisogna, ma al sabato e non al martedi, e al festival del cinema non ci sei mai andato perche’ non hai mai avuto voglia di farti un’ora e mezza di vaporetto (mentre a quello di Brisbane (sic!) ci sei andato ogni anno).
Cari lettori, non ci crederete ma succede anche nella Metropoli Tentacolare. All’inizio fai le sei di mattina ogni weekend a Roppongi, vai alla ricerca di eventi importanti, giri, visiti la citta’, partecipi alla sua vita infinita, sei nell’occhio del ciclone. Poi passa il tempo, e ti accorgi che da Roppongi ci torni sempre con l’ultimo treno, non piu’ col primo della mattina, perche’ l’indomani hai sempre qualcosa di importante da fare. E smetti di girare, infatti vai a finire sempre negli stessi posti dove conosci la gente. Perche’ con gli amici si smette di andare a caso e ci si dà appuntamento “al solito posto”.
Ci pensavo adesso perche’ questo weekend e’ tempo di hanami. Milioni e milioni di persone si fionderanno sopra i teloni di plastica blu e sotto gli alberi di ciliegio in fiore a bere birra e mangiare takoyaki e altre prelibatezze.
Vi viene voglia di andarci, vorreste esserci anche voi? Io no, sinceramente. Troppa gente, troppo casino. E poi sono gia’ due anni che ci vado, e’ sempre la solita cosa. Conosci gente che non rivedrai mai piu’ (molto chiacchieroni quando sono ubriachi, ma una volta sobri i giappi tornano… giappi. E sayonara), passi un pomeriggio nella calca, seduto sul duro, tra file infinite ai bagni e birre introvabili. Solita cosa.
Ma alla fine: lo faro’ anche quest’anno? Si. Mi divertiro’? Certamente. Pero’ sara’ un “rifare” qualcosa di gia’ fatto, mentre ho mille cose da fare o vedere in questa citta’ che non ho fatto ne’ visto. Non sono mai salito sulle montagne russe a Korakuen(troppa coda, ogni volta che ci vado – ma tanto “sono la’, non scappano mica. Ci vado la prossima volta”. E non ci vado mai), non ho mai scalato il Fuji (troppo freddo – troppo caldo – troppo impegnato – troppo pigro. Ma tanto “e’ la’, non scappa mica”).
Non fraintendetemi: non sto dicendo che la cosa sia un male. Anzi. Sia a Venezia come a Brisbane, come qui a Tokyo me la sono passata e me la passo alla grande. E non importa se non ho fatto certe cose, in fondo ci sta, e’ la routine, e’ la vita. Ma la cosa che mi fa pensare e’ che uno tante volte si fa centinaia (se non migliaia) di chilometri per andare in vacanza in un posto, ci sta pochi giorni e ne approfitta per visitare il piu’ possibile. Mentre magari non ha mai visitato a fondo il posto in cui vive. Tipo me, che ho vissuto per quasi trent’anni a Venezia senza essere andato alla mostra del cinema, che ho vissuto 4 anni a Brisbane senza essere mai andato a Moreton Island, che vivo in Giappone da quasi 2 anni e non sono mai andato al mercato del pesce, o al Fuji.
Che sia perche’ in questa citta’ ci vivo? Per quello ho smesso di viverla?