Lo Spettro in Cina: terminologia

Da Orienta_menti

Versione arcaica del carattere gui 鬼

Articolo di Isabella Mazzanti

Per potersi avvicinare al complesso e stratificato universo delle credenze sulle entità sovrannaturali (e spettrali) in Cina, un buon punto di partenza può essere analizzare la terminologia con cui tradizionalmente ci si riferisce a queste “manifestazioni extracorporee”.  Rivolgendosi innanzitutto al campo semantico che queste parole vogliono circoscrivere, infatti, ci si può agilmente fare un’idea di cosa esse vogliano rappresentare, per poi procedere ad un’analisi più approfondita delle implicazioni culturali ad esse sottese.

Il termine utilizzato più comunemente per indicare lo spettro è identificato dal carattere gui 鬼 che sta per fantasma e che si ritrova già nel primo glossario cinese, lo Erya Jinzhu尔雅今注[1] (3 secolo a.C.): nella logica dei testi antichi i caratteri si definiscono in coppie di omofoni, e al carattere Gui è associato Gui歸, che sta generalmente per  “ritornare”  (gui zhi wei yan gui ye鬼之为言归也), ma che è in realtà un termine complesso ed ambiguo, che significa anche fare affidamento su, stabilire alleanze con, sposare (per una donna) e morire[2]. Nell’accezione più comune significa tornare a casa, o tornare alle proprie radici originarie.   Ma quando si parla di spettri, dove è esattamente “casa”? Dove si trova questo fantomatico luogo a cui fare ritorno?  Non può essere certamente il mondo dei vivi, da cui i defunti sono banditi,  ed è per questo  che i testi antichi tendono sempre a specificare chiaramente la direzione del ritorno dei morti, che deve essere necessariamente lontano dai vivi. Nel Liji, infatti viene detto:  “tutte le cose devono morire, e una volta decedute devono tornare alla terra: questo è ciò che si intende essere un fantasma”[3]. Il Liezi afferma: “quando spirito e corpo sono separati (dalla morte) ognuno ritorna al suo “vero” (luogo o natura). Questo è quindi ciò che si intende essere un fantasma.  Fantasma significa ritornare, ed è ritornare alla propria vera dimora”[4]. Che non è la falsa dimora occupata in vita, ma quella vera da cui si ha avuto origine al principio di tutte le cose.

Fantasma poi è qualcosa che diparte e non torna indietro, e questo bisogno da parte dei vivi di assicurarsi che esso sia in pace e abbia un posto appropriato in cui recarsi è stato espresso anticamente nella tradizione Zuo degli Annali delle Primavere e Autunni (Chunqiu Zuozhuan春秋左转) “se uno spettro ha un luogo a cui far ritorno, esso non diverrà uno spirito maligno”[5].

Dettaglio tratto da Luo Pin羅聘, “il passatempo dello Spettro”(鬼趣图Guiqu Tu). Rotolo composto di otto dipinti, inchiostro e colore su carta, 35.5 x 1500 cm

Come sostantivo, Gui può denotare ogni manifestazione del mondo invisibile, inclusi gli antenati, gli dei, i demoni ed i mostri: nello Shuowen jiezi 说文解字, un dizionario Han del 1 sec d.C. è scritto: “Gui è ciò a cui una persona ritorna. La parte superiore (tian田) raffigura la testa di un gui, la parte inferiore continene due radicali, il radicale per persona (ren 人) e il radicale per “non appropriato al bene pubblico” (si 厶). Questo perché lo yin qi 阴气 di un gui è pericoloso e quindi contrario al bene pubblico”[6]. Come aggettivo gui inizialmente si riferisce a tutto ciò che è straniero e/o distante,  ma successivamente acquisisce anche il significato di “astuto”, “nascosto”, “furtivo”, “insondabile”, “misterioso” e “insensato”, anche se il suo senso primario resta sempre legato alle manifestazioni spettrali.

Nel pensiero cinese, collegato strettamente al concetto di fantasma c’è il termine Hun魂 (anima o spirito): l’anima sarebbe composta di due entità, una yin 阴e l’altra yang阳, che al momento della morte si dividono, recandosi la parte hun (yang) in cielo e la parte po魄 (yin) nella terra. Ken Brashier[7] ha però mostrato che in realtà non sia sostenibile l’idea delle “anime multiple”, ma che si tratta a tutti gli effetti di un “composto”, ossia della divisione fra le due entità duali di anima e corpo al momento della morte. Nei racconti 志怪zhiguai[8] questo è particolarmente evidente, infatti parlando di spettri non si parla mai di un’anima po separata, ma sempre di hun disincarnato. Questa separazione dal corpo, nella tradizione letteraria cinese, non avviene soltanto con la morte, ma anche in particolari momenti, come durante il sogno o nello stato di coma; spesso infatti l’anima disincarnata, raffigurata come un’ombra o come il riflesso di una forma assente, è associata al sogno, all’immagine, all’illusione; ciò che però la differenzia dal concetto occidentale di fantasma o spettro è che quest’anima può ancora avere un certo grado di corporeità, arrivando ad interagire fisicamente con la dimensione materiale, riuscendo addirittura a poter avere dei bambini[9].

Il termine hun si ritrova in molti dei vocaboli composti riferiti ai fantasmi: youhun幽魂 (spettro degli Inferi) youhun游魂 (anima sperduta) yuanhun冤魂 (fantasma  di chi è stato accusato ingiustamente), gu hun 孤魂 (anima solitaria), e huanhun还魂, letteralmente “anima che ritorna”.  In contrasto col verbo gui, dove la direzione del ritorno è ambigua, huan significa inequivocabilmente “tornare indietro” chiarendo che le anime dei morti ritornano qui ed ora a perseguitare il mondo dei vivi.

Il significato che si cela dietro la rappresentazione dello spettro, sia esso letterario o figurativo,  è estremamente complesso ed interessante; per esplorarlo in tutte le sue differenti sfaccettature occorre porsi una serie di quesiti: innanzitutto, quali sono le convenzioni letterarie nella rappresentazione del fantasma? Come e perché queste cambiano, non solo nel tempo ma anche in generi e in contesti differenti? Tutto ciò tenendo conto del fatto che lo spettro è, per sua stessa natura invisibile e  intangibile, e quindi difficilmente definibile. Ma benché si tratti di una manifestazione incorporea, ad esso può sempre e comunque essere associata un’immagine, culturalmente e storicamente costruita. Ed è di fondamentale importanza chiedersi quali significati questa immagine voglia rappresentare.

seconda parte


[1] Lo Erya è il più antico dizionario cinese esistente. Si tratta di una compilazione di glosse in cui i termini sono organizzati in base a 19 categorie semantiche. Secondo Bernhard Karlgren ha più l’aspetto di un’enciclopedia o di un thesaurus, ed egli ritiene che la maggior parte delle sue glosse siano databili dal 3 secolo a.C.  Vedi Bernhard Karlgren, The Early History of the Chou Li and Tso Chuan Texts, Bulletin of the Museum of Far Eastern Antiquities, 1931, p.49; vedi anche Erya Jinzhu尔雅今注, con annotazioni di  Xu Chaohua 徐朝华. Tianjin, Nankai daxue Chubanshe南开大学出版社, 1987.

[2] Vedi Judith Zeitlin, The Phantom Heroine, introduzione.

[3] Citazione tratta dal Zhengzi Tong 正字通  di Zhang Zilie 張自烈, sotto Gui, huaiji, parte 1 epoca Ming, 1627, p. 52a. Tradotta dall’inglese da Judith Zeitlin. La studiosa propone anche una versione alternativa della traduzione: “Se un fantasma ha qualcosa su cui contare, egli non diventerà uno spirito vendicativo” (vedi Judith Zeitlin, The Phantom Heroine, p. 203, n12)

[4] Citazione tratta dal Kangxi Cidian康熙词典, sotto Gui, vol 14, juan 85 p. 3309 (tradotta da me in base alla versione telematica del testo presente sul sito del Chinese Text Project).

[5] Zhengzi Tong, cit. sotto Gui, huaiji, parte 1 p. 52a. Trad. dall’inglese da Judith Zeitlin, ibid.  p.7

[6] Xu Shen许慎, Shuowen Jiezi说文解字, p. 434

[7] Brashier, Han Thanatology and the Division of Souls, pp.125-158.

[8] letteralmente “resoconti di fatti strani”. La tradizione Zhiguai ha origine nel periodo degli Stati Combattenti 战国 (475-221 a.C.) e si tratta della prima forma di narrativa sovrannaturale cinese.

[9] Vedi Judith Zeitlin, ibid, p. 243 n17.

Per appronfondimenti:

Brashier, Kenneth, Han Thanatology and the Division of Souls, Early China 21, 1996.

Campany, Robert F. Ghosts Matter: the culture of Ghosts in Six Dynasties zhiguai, CLEAR 13,  Dicembre 1991.

Chan, Leo Tak-hung. The Discourse on Foxes and Ghost, Ji Yun and the Eighteenth Century Literati Storytelling, University of Hawai’i Press, Honolulu (first published in Hong Kong by the Chinese University Press, 1998)

Chang, Chun-shu e Chang, Shelley Hsueh-lun. Redefining History: ghosts, spirits and human society in P’u Sung-ling World, 1640-1715, Ann Arbor, the University of Michigan Press, 2001.

Dadò, Patrizia e Casacchia, Giorgio. Spettri e Fantasmi Cinesi, Theoria Editore, Roma-Napoli, 1991.

Dorè Henri. Researches into Chinese Superstitions. Trans M.Kennelly. Taibei: Cheng Wen Publishing Company, 1966.

Zeitlin, Judith T. the Phantom Heroine. Ghosts and Gender in Seventeenth Century Chinese Literature, University of Hawai’I Press, Honolulu, 2007.