LO “STANCA NO VISTA” È UN COGLIONE CHE NON LEGGE MAI UN LIBRO? – Energumeno escrementizio versus “cazzeggiatori”: elementi di antropologia lacustre.

Creato il 10 marzo 2014 da Zioscriba

Facciamo che sia un racconto di fantasia. Che è meglio.Assaggio di rinascita primaverile, e ciclopedonabile del lago affolla-ta, fin troppo, per un giorno feriale d’inizio marzo. Bambini, cagnoli-ni, ragazze, mamme con passeggini, ciclisti, corridori, vecchietti simpatici (e qualche cane aggressivo senza museruola, ma siamo in italiA…)E sconcertanti coppiette di pischellame born demenzial (aiutateli!), le protesi digitali da monchi volontari sempre attive, per non rischiare di intravvedere un centimetro di panorama e diventare assurdamente romantici, cosa ormai persino più out del non tenere i pantaloni abbassati per ostentare la marca stampata sull’orlo delle mutande di merda.Due di loro (sui tredici, massimo quindici portati bene – bene si fa per dire), seduti per terra a sbocchinare un costosissimo telefo-nuzzo, offrono di passaggio al viandante il seguente spizzico di dialogo:LEI Cioè cazzo qui non si vede, minchia, ma ti giuro che ha i capelli minchia lunghissimi, cioèLUI Ma è il tipo che ti devi fare?LEI (serissima) Cioè sì minchiaMa non era questo il pezzo forte.Poco più avanti, un quadretto leggermente più pregno di neuroni. Un discendente di Robert Louis Stevenson (o forse la sua reincarnazione) è seduto su una panchina, di fronte al tronco di un albero che si biforca come a voler accogliere dentro sé tutta la vista lacustre, e osserva con simpatia due giovani cicloturisti del Nord Europa (uomo e donna) che danno da mangiare a un cigno maestoso e a due folaghe. A un tratto, da una proprietà privata che sta dietro di loro, separata dalla pista da una rete e una siepe, si ode un terribile schianto, che li fa sussultare. Devono aver abbattuto un albero o tagliato un grosso ramo. Sulla pista per fortuna non arriva niente. E nessuno si lamenta. Ma da dietro la siepe, esplode lo stesso una voce incattivita e arrogante, che si mette a sproloquiare (non si sa se rivolta alla propria coda di paglia, o a un collaboratore che gli ha suggerito di prestare maggiore attenzione, e magari avvertire) in questi termini:“Eh, cazzo, io sono qui a Lavorare, e mi devo anche preoccupare dei coglioni che cazzeggiano qua fuori?! Ma che stiano a casa, cazzo!... Non hanno niente da fare, e vengono qui a rompere il cazzo… Spero che se ne becchino una sulla capa, così poi se la portano a casa!”Per fortuna del discendente (o reincarnazione) di Robert Louis Stevenson (L’isola del tesoro, ma anche un piccolo, splendido Elogio dell’Ozio) la siepe è alta e fitta, così non è costretto a vedere in faccia quel primate inferiore. Intravvede solo la sagoma di un Suv da gradasso. Per fortuna del primate inferiore, il discendente o reincarnazione di R.L. Stevenson non è un homo telefonicus, altrimenti chiamerebbe i vigili, sicché a loro volta possano fare qualcosa di utile, invece di cagare il cazzo coi disonorevoli agguati autovelox alla gente che è in giro a lavor… ehm… a cazzeggiare. Lo Straniero maschio getta alle proprie spalle uno sguardo di stupita commiserazione, poi lui e la compagna si congedano dai pennuti e riprendono la gita in bicicletta.Poveri Stranieri: a casa loro ci sarebbe stato, in bella evidenza sulla pista, un segnale di pericolo. E la persona all’interno sarebbe stata attenta, corretta, rispettosa, preoccupata di non far male a nessuno. Perché più civile, ma anche per evitare di beccarsi qualche paio d’anni di meritata galera. Qui, invece, hanno sentito un asino grufolare, un macaco ragliare, insomma un umanoide che invece di scusarsi minacciava e insultava, il tutto reso più grottesco dal contrasto con quel panorama da sogno, che sembra essere lì solo per gli Stranieri e per il discendente-reincarnazione di Stevenson, e ignorato da pischelli mort digital (salvateli!), ciclisti prestazionali e laburoidi rabbiosi. Possibile che non si perda mai occasione per passare, nostro malgrado, da italiani di merda?Mi viene anche da chiedermi, per gioco, CHI sceglierebbe di essere, fra tutti ‘sti personaggi, l’eventuale paziente lettore di questo piccolo sfogo.Ma non sognatevi di poter rispondere “il cigno” o “una folaga”. Quei personaggi non sono disponibili, essendo con ogni evidenza le loro liquide e placide vite di rango TROPPO superiore alle nostre. 
Quanto a quel povero idiota (a dimostrazione che tutti nell’Uni-verso serviamo a qualcosa) esso ha comunque ispirato al discen-dente o reincarnazione del buon Robert Louis una battuta con cui mettere a frutto la giornata: “Lo stanca no vista è un coglione che non legge mai un libro”. [E che non guarda i panorami].
p.s.Non vorrei che questo sembrasse un pezzo scritto contro chi lavora. C’è differenza fra lavoratore e laburoide. Il lavoratore è uno come mio fratello, che fa il giardiniere e lo fa molto bene (ad esempio non mettendo mai in pericolo l’incolumità altrui) e con grande passione. Ma quando non lavora sa fare e apprezzare altre cose. E soprattutto, quando parla, non si considera esempio supremo di essere umano per il solo fatto di lavorare, o di essere sposato e avere due figlie. (Con questo non dico che arrivi ad approvare e capire totalmente ME: probabilmente sono troppo pazzo anche per lui). Il laburoide è uno che per tutta la vita pensa solo allo sgobbo e al denaro, uno che ogni volta che apre bocca è per VANTARSI del suo tanto lavorare, del suo poco riposare e del suo niente giocare: si considera migliore perché produce e si riproduce, e chiuderebbe in un lager Artisti, Pigri e Cazzeggiatori. Il lavoratore merita rispetto. Il laburoide è una povera, misera testa di cazzo autocondannata ai lavori forzati. E merita tutt’al più compassione. E ogni tanto una pedata nel culo.

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