Inizio subito dichiarando che questo é un post piuttosto specialistico e potrebbe interessare in modo particolare alcuni psichiatri, forse qualche medico di altre specialità, dato che affronta il razionale dell’immissione e del ritiro di alcuni farmaci dal mercato, del loro destino commerciale e sulle conseguenze di tale destino sulla pratica clinica. Quello di cui vorrei parlarvi è lo “strano” caso della perfenazina. La perfenazina è, a mio parere, un grande farmaco per la cura della schizofrenia. Esiste sul mercato in due formulazioni: orale (in compresse) e in formato long-acting (enantato) per via intramuscolo. Il nome commerciale è Trilafon ed è stato immesso sul mercato dalla Schering-Plough, una azienda farmaceutica che si è fusa nel 2009 con la Merck dando origine al colosso farmaceutico Merck & Co., nome negli in USA, ovvero la Merck Sharp and Dohme (MSD), nel resto del mondo. Un’altra formulazione presente in Italia è il Mutabon (formulazione orale in associazione con un antidepressivo). La perfenazina è la protagonista dello studio CATIE, uno dei più autorevoli studi farmacologici al mondo disegnato con l’obiettivo di esaminare gli antipsicotici di seconda generazione (molto costosi), e la loro efficacia rispetto ad un antipsicotico di prima generazione come la Perfenazina (poco costoso). La Perfenazina in modo inaspettato ha mostrato livelli comparabili di efficacia e non ha prodotto una maggiore incidenza di effetti indesiderati extrapiramidali, rispetto ad altri farmaci. Lo studio CATIE è uno studio indipendente da aziende farmaceutiche condotto dal NIMH americano. Quindi la perfenazina costa poco ed è paragonabile per efficacia clinica e tollerabilità a farmaci molto costosi che sono pubblicizzati come molto migliori dalle aziende farmaceutiche che li producono. Come è stata trattata la perfenazina in Italia? Le formulazioni orali non sono mai state rimborsabili dal sistema sanitario nazionale, ovvero il paziente se le è sempre dovute pagare. Inoltre. ultimamente ed in sordina, il Trilafon Enantato (che era fortunatamente rimborsabile dal SSN) di fatto è nell’elenco dell’AIFA tra i farmaci non presenti “di fatto” sul territorio nazionale, seppur ancora in commercio. In sintesi il farmaco non è più disponibile, nessuno ha comunicato nulla sul suo destino e tutti i pazienti che erano trattati con tale farmaco hanno dovuto rivolgersi ad altre alternative, per lo più nuovi farmaci (costosi ed efficaci allo stesso modo, in ultima analisi). E gli psichiatri italiani? Cosa dicono? Negli ultimi anni, il coro generale dei medici è sempre stato “bisogna poter sempre utilizzare ogni opzione terapeutica possibile per il bene dei nostri pazienti”, ma questo sembra valere solo per i nuovi farmaci dove sono presenti grossi interessi economici mentre a nessuno interessa più nulla delle vecchie molecole alcune delle quali, come la perfenazina, sono molto economiche e molto efficaci. Certo nessuna azienda farmaceutica ti porta ad un convegno prestigioso se prescrivi la perfenazina, ed anche il paziente si arrabbia dato che deve pagarsela. Mi chiedo se in questo periodo di crisi economica possiamo ancora permetterci di perdere opzioni terapeutiche molto efficaci e poco costose. Per concludere rispondo in anticipo ad una domanda che potrebbe farmi una ipotetica azienda farmaceutica produttrice di antipsicotici di seconda generazione: Si, prescriverei senz’altro la perfenazina ad un mio famigliare o amico dato che è una molecola che presenta una mole di studi indipendenti che ne confermano l’efficacia e la sicurezza tanto quanto, se non addirittura di più, di farmaci più recenti e costosi.
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