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Lo stress riduce l’efficacia delle terapie per il cancro alla prostata

Creato il 07 febbraio 2013 da Laprostata @espriweb

stress bicalutamide Un nuovo studio suggerisce che lo stress riduce l’efficacia delle terapie per il cancro alla prostata, già solo la diagnosi di un cancro produce una forte condizione di stress nel paziente. Coloro che sviluppano un carcinoma alla prostata presentano livelli più elevati di stress rispetto agli altri malati di cancro. I ricercatori della Wake Forest Baptist Medical Center affermano che lo stress è in grado di ridurre l’efficacia dei farmaci contro il cancro alla prostata e di accelerare lo sviluppo della malattia. Il team ha condotto due studi diversi. Il primo ha utilizzato come cavie dei topi nei quali erano state impiantate delle cellule umane di cancro alla prostata; trattati con un farmaco attualmente ancora in sperimentazione, solo nei topi non sottoposti a stress le cellule tumorali sono state distrutte ed è stata inibita la crescita tumorale; i topi stressati, invece, non hanno ottenuto gli stessi risultati. Nel secondo studio sono stati utilizzati dei topi geneticamente modificati per sviluppare il cancro alla prostata. Anche in questo caso, solo gli animali non stressati hanno ottenuto risultati con il bicalutamide, un farmaco attualmente usato per trattare il cancro alla prostata. Dopo aver analizzato i dati, i ricercatori hanno scoperto che l’adrenalina innesca una reazione a catena che controlla la morte cellulare. Considerando che la diagnosi del cancro alla prostata aumenta i livelli di stress e di ansia, questo processo di morte cellulare può portare ad un circolo vizioso di stress e progressione del cancro. Tuttavia, nei topi trattati con beta-bloccanti, lo stress non ha promosso la crescita tumorale. Questi farmaci, quindi, potrebbero migliorare l’efficacia delle terapie anti-cancro. I ricercatori ora vogliono capire se si innescano gli stessi meccanismi nei tumori alla prostata sviluppati dall’uomo, per poter così comprendere se questi risultati possono favorire lo sviluppo di nuovi biomarcatori tumorali con cui prevedere le reazioni dei pazienti alle terapie.


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