Staccare la circolazione dalla produzione può portare a non capire più l’ “economia reale”, quella impegnata nel soddisfacimento dei bisogni, che va distinta dalla finanza. La finanza ha un ruolo ineliminabile di sostegno all’economia reale. Le fornisce i capitali per avviare l’attività. Ma oggi spesso assume tendenze puramente speculative.[1]
La crisi finanziaria esplosa nel 2007-08, con i suoi effetti devastanti, è derivata dal fatto che il denaro dei cittadini non è stato utilizzato per promuovere un’economia migliore e il benessere sociale ma è stato messo a rischio nel “casinò finanziario”.
Ad esempio, il valore dei derivati nel 2008 era di circa 12,5 volte il PIL mondiale. Buona parte di questi titoli è stata trattata fuori del controllo delle borse (over the counter).[2] Inoltre il valore degli attivi finanziari globali (formati da azioni, obbligazioni pubbliche e private, attivi bancari) è aumentato di 9 volte tra il 1980 il 2007, passando da 27.000 a 241.000 miliardi di dollari (valori indicizzati al potere d’acquisto). Nello stesso periodo, in termini reali, il PIL mondiale è passato da 27.000 a 54.000 miliardi. Ciò significa che, se nel 1980 gli attivi finanziari valevano quanto il PIL, nel 2007 lo sopravanzavano di 4,4 volte.[3]
Lo squilibrio gravissimo nell’economia globale, l’assenza di controlli sui movimenti finanziari e la tendenza sfrenata alle scommesse finanziarie rischiose sono stati la miccia che ha innescato la crisi attuale. Per salvare il sistema economico dalla crisi, i governi di tutto il mondo hanno effettuato enormi salvataggi con i soldi dei cittadini, spesso ignari di queste vicende. Per sostenere la finanza, e in modo marginale l’economia reale, secondo il FMI si sono spesi a livello globale 11.000 miliardi di dollari, che si sono tradotti in maggiori deficit e debiti pubblici.
Molti governi europei rischiano oggi il default, con gravi conseguenze sociali. In Spagna, Francia, Germania e Gran Bretagna è esploso il deficit annuale e cresce il debito. I Paesi deboli, come l’Italia, hanno perso con l’ingresso dell’euro la leva della svalutazione. I più ricchi, come la Germania, che hanno di fatto svalutato al momento del cambio con l’euro, hanno incrementato le loro esportazioni verso la stessa area della moneta unica. Oggi, in mancanza di una regia comune, gli squilibri vengono al pettine.
Per contrastare questa tendenza, sono da condividere le proposte della Fiba CISL e dell’ONG Iscos Lombardia. Esse invocano una governance economica, politica e fiscale unica a livello europeo, che eviti il dumping fiscale tra paesi, imponga la completa tracciabilità dei movimenti finanziari e solleciti l’abolizione dei paradisi fiscali. Di primaria importanza sono anche: l’abbassamento del limite dell’utilizzo del contante a 1.000 euro; l’adozione di una tassa sulle transazioni finanziarie (proposta da Keynes e poi da Tobin), ad un tasso compreso tra lo 0,01% e le 0,1%, da applicare su ogni compravendita di titoli e strumenti finanziari; la separazione tra banche commerciali e banche di investimento, per evitare che un default finanziario possa pregiudicare la tutela del risparmio diffuso e l’accesso al credito; una fiscalità premiale per la finanza etica e per le imprese che adottano una responsabilità sociale partecipata.
Altre misure da intraprendere, in particolare in Italia, sono: l’agevolazione e il sostegno all’accesso al credito per le imprese, il rafforzamento delle pene sul falso in bilancio; un maggiore sostegno economico alle forze dell’ordine e alla magistratura antimafia e il supporto alle attività realizzate con i beni confiscati alla mafia.[4]
[1] Ringrazio il dr. Aldo Letizia, risk manager della Banca Popolare Pugliese, che mi ha fatto riflettere su questa materia.
[2] L’Over the Counter è il mercato di derivati e opzioni non regolamentato e non controllato. Nelle dark pools (accordi oscuri) si negoziano ingenti volumi di titoli azionari esterni alle Borse, mantenendo l’anonimato e senza possibilità di registrare il volume o il prezzo della transazione. Secondo la Bank for International Settlements (2011) l’ammontare dei titoli derivati trattati al di fuori del controllo delle Borse è salito tra il 1997 e il 2011 da 92.000 a 708.000 miliardi di dollari, una cifra pari a quasi 11 volte il PIL mondiale.
[3] Rielaborazione su dati di Luciano Gallino (2011), Finanzcapitalismo, Einaudi, Torino, e “Finanza: kit di sopravvivenza”, Iscos Lombardia (2012).
[4] Nei mercati finanziari si annidano gli enormi profitti degli evasori fiscali e della criminalità organizzata. Per la sola Italia il fatturato stimato annuo dell’evasione fiscale e del sommerso è di 250 miliardi di euro; quello della criminalità organizzata, di 150 miliardi, 20 derivanti dall’usura (cfr. “Finanza: kit di sopravvivenza”, Iscos Lombardia 2012).
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