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Locarno Festival 2015. Recensione: BRAT DEJAN. Un film serbo bello e controverso

Creato il 08 agosto 2015 da Luigilocatelli

get-15Brat Dejan (Brother Dejan), un film di Baku Bakuradze. Con Marko Nikolic e Misa Tirinda. Concorso internazionale.
get-16Un vecchio depresso e solo nascosto nei boschi della Serbia. Solo dopo un bel po’ scopriamo che si tratta di un generale che l’Aja vorrebbe processare per i suoi crimini nelle guerre bacaniche, e che intorno a lui c’è una rete che lo protegge e vule farlo fuggire. Ma chi si aspetta un film che faccia i conti con il passato per niente remoto dei Balcani si sbaglia. Brat Dejan è un film avalutativo, di pura osservzione, che segue il suo protagonista fenomenologicamente e ne registra la progressiva deriva. Con grandi momenti di minaccia e sospensione. Voto 7 e mezzo
get-17E se fosse questo film di produzione serbo-russa e con un georgiano alla regia il migliore a oggi del concorso? Almeno, dei quattro film che ho visto finora tra quelli in corsa per il pardo. Film divisivo, Brat Dejan, che è piaciuto ai juenes critiques e molto meno ai consolidati, e accusato dai più ideologici e contenutistici di troppa reticenza per non dire collusione e complicità vrso il suo ambiguo protagonista, un generale serbo ricercato dalla magistratura del suo paese oltre che dal tribunale dell’Aja per crimini commessi nelle famigerate faide balcaniche degli anni Novanta. Brat Dejan sceglie il tono oggettivo, la fattualità, l’osservazione (imparziale?) di un uomo braccato, praticando un approccio e adottando uno sguardo davvero da entomologo scrutatore. Cinema del silenzio, dell’ellisse, dell’omissione (in ogni senso), della sospensione, narrativa e di giudizio. Per almeno tre quarto d’ora niente sappiamo e pochissimo capiamo di quanto ci scorre davanti agli occhi. Siamo in una qualche parte dei Balcani, in una zona montuosa probabilmente serba. Un vecchio dall’aria desolata e come assente, catatonico, vive animalescamente in un container vicino a una vecchia stazione televisiva diroccata, o forse bombardata. Alcuni uomini si occupano di lui, lo aiutano, lo proteggono, gli sono solidali. Si intuisce che son tutti reduci invecchiati delle guerre condotte nel nome della egemonia serba, una specie di povera ma non inefficiente organizzazone Odessa, quella che salvò e permise la fuga con appoggi internazionali di parecchi alto gerarchi nazisti. Solo che stavolta da mettere in salvo è gente come Dejan Savic, ritenuto un eroe che va sottratto con ogni mezzo all’ignominia di un processo e di una condana. Il film pedina il suo personaggio-preda, nel suo silenzioso errare da un rifugio all’altro sotto scorta, nella sua rassegnazione e forse depressione, o forse rabbia. Sono quindici anni che si nasconde, undici che sua mogli non sa niente di lui. Adesso l’organizzazione vuole farlo espatriare clandestinamente, portarlo lontano. Ogni tanto appaiono immagini di footage (e con voci qualche volta russe) di rastrellamenti, esecuzioni. Ma Brat Dejan non è un film sui crimini delle guerre jugoslave, non è nemmeno lo studio clinico di un mostro massacratore seriale e su larga scala. Non è un film sul senso di colpa e sui demoni 9interiori. Non c’è un minimo di psicologizzazione, mai, di Savic non si spiegano le ragioni, quanto l’abbia spinto ad agire. Per quelli che lo aiutano era, è un patriota, semplicemente. Interessa al regista, agli autori tutti del film (già, ci sono anche gli sceneggiatori), solo l’eterno gioco della caccia e della preda. Lunghi silenzi, e un clima di minaccia e attesa. Ambienti dove senti ancora l’odore della guerra e, ebbene sì, del sangue. Una sorpresa, un film da premio, anche se per avere qualcosa Brat Dejan dovrà farsi largo tra coloro che lo accusano se non proprio di giustificazionismo, certo di indulgenza (si potrebbe trovare la mediazione dando un riconoscimento all’attore protagonista). Si gioca sui primi piani, sulle facce, tutte straordinarie e in grado da sole, e nella scarsità di parole, di raccontare storie, di dirci quello che gli autori esplicitamente non ci dicono. Si pensa a come sarebbe potuto essere un film simile, di pura osservazione, su un Eichmann in fuga o su un altro nazigerarca. E dico Eichmann non a caso, visto che la sua cattura è al centro di un altro film visto a Locarno in press screening ieri sera e stasera in Piazza Grande, Der Staat gegen Fritz Bauer. (Nota: quando ho sentito Baku Bakuradze., il regista di Brat Dejan, dire in conferenza stampa che il suo è un film sul destino, mi sono alzato e sono uscito. Io capisco la cautela su punti assai sensibili come quelli toccati dal suo film, ma avrei gradito risposte meno prudenti).


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