LocarnoFestival2014, recensione: il russo DURAK (THE FOOL) si candida alla vittoria

Creato il 09 agosto 2014 da Luigilocatelli

Durak (The Fool), un film di Yuri Bikov. Con Artyom Bystrov, Natalia Surkova, Dmitry Kulichkov, Ilya Isaev, Maxim Pinsker. Russia. Concorso internazionale.
Finora il più applaudito del concorso. Russia: un uomo buono e solo contro la corruzione che divora una città. Spaventoso ritratto del degrado morale di una nazione. La parabola di un eroe, anzi di un martire, che a noi scettici euroccidentali potrà sembra inattuale e moralistica. Invece questo Durak, nonostante certi eccessi di verbosità, è ottimo cinema. Possibile Pardo. Voto tra il 7 e l’8
Per la prima volta a un press sceening si son sentiti ieri degli applausi assai convinti. The Fool è uno di quei film non qualsiasi, non trascurabili, per quello che ci mostrano e per come lo fanno. Uno di quei foschi, allarmanti racconti che ci arrivano dalla Russia putiniana d’oggidì, arricchitasi con il petrolio, il gas e varie altre commodities fino ad aver alimentato un’oligarchia diffusa di ricchi, semiricchi e amministratori corrotti, e un popolo vasto che, se non è più alla fame come ai tempi di Eltsin, spesso non raggiunge la soglia di un minmo benessere. Mentre l’eterno lenitivo russo, l’alcol, la vodka, continua a scorrere e bruciare stomaci, fegati e cellule ceebrali. Molto simile, questo Durak, all’altrettabto sconvolgente e allarmante Leviathan visto all’ultimo Cannes dove si è portato via il premio per la sceneggiatura. Anche qui, come in quel film, c’è un uomo, un uomo solo, che cerca di resistere alla marea montante dei corrotti e dei violenti (e le due categorie quasi sempre coincidono). Il buon Dima Nitikin, idraulico aspirante ingegnere (studia di notte mentra moglie e bambino dormono), ancora coabitante con mamma e papà, viene chiamato a riparare un guasto in uno stabile di quelli tirati su al risparmio e con pessimi materiali un quarant’anni prima nel quartere più miserabile della piccola città, affollato di un’umanità alla deriva, senza risorse, senza futuro, senza sogni, senza possibile riscatto. Gli ultimi. Gli umiliati e offesi. Dima si rende conto di come quel guasto sia il risutato e il sintomo di un degrado strutturale dell’intero edificio, che un crollo potrebbe succedere da un momento all’altro coinvolgendo e seppellendo le 820 persone che ci abitano. Bisogna lanciare l’allarme. Si oppongono la madre e la moglie, che non vogliono guai, lo appoggia il vecchio padre. Naturalmente si scoprirà subito che controlli e manutenzioni non sono mai stati fatti, che il soldi son stati deviati verso le tasche dei signori della città. Dima riesca a fasri ricevere dalla sindachessa durante la sua festa di compleanno la quale, appurato l’effettivo pericolo di crollo, deve prendersi una decisione difficile. Evacuare? E dove allogguare gli evacuati? Intorno la sua corte di affaristi, di cui lei è inseme complice e vittima, burattinaia e burattino. Un viluppo losco da cui Dima resterà stritolato. Non rivelo il resto della storia, che ha almeno un paio di agghiaccianti colpi di scena, e l’ultimo che davvero non ti immagini. Il ritno è costantemente alto, il racconto tesissimo, la rappresentazione di quell’ignobile oligarchia di provincia senza pietà. Durak è un film profondamente morale, e ci tiene a esserlo. Sì, ha l’ardire di ricordare come e quanto siano ancora necessari i Giusti, coloro che nel trionfo del Male sanno ricordare l’esitenza del Bene e lo praticano. Certo, a noi euroccidentali disincantati e scettici un film che sui valori e sull’etica costruisce la prpria narrazione sembra un filo cheap e poco autoriale. Ma se lo si guarda senza pregiudizi e snobismi ci si renderà conto di come quella di Dima sia una parabola esemplare di dedizione, di offerta di sé e, ebbene sì, di martirio totalmente inscritta nella grabde tradizione cristiana russo-popolare e anche di certa letteratura, Dostoevsky e Tolstoj. Se la visualità di The Fool è potente, con quei notturni minacciosi, con quelle defomazioni grottesche dei riti dell’oligarchia, è la scrittura, sono i dialoghi a suscitare qualche perplessità. Una parola che satura ogni intersitizio, che non lascia zone d’ombra, che non lascio il minimo spazio al non detto, all’allusione, all’ellissi. Il che (anche confrontandolo con Leviathan) ci dà l’impressione di un cinema convenzionale e datato nei suoi modi. Meglio vedere The Fool come una narrazione tradizionale nel senso migliore, inscritta nella storia delle grandi narrazioni russe, e allra ci renderemo conto di come anche quella minuziosità, quel bisogno di saturare con la parola, appartiene alla forma del racconto popolare. Quelo che deve andare dritto al cuore e alle viscere. Io spero che Durak vinca qui a Locarno un premio importante.


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