Ho dovuto rileggere il pezzo un paio di volte. E ho affrontato Humbert. Tu, mostro. Tu, mostro ipocrita e con lingua di serpente. Non starai dicendo che sono le ragazzine, che tu chiami vischiosamente “ninfette”, le colpevoli evocatrici di TUOI sentimenti perversi, VERO? Sei TU che vedi torbido e ambiguo con quei tuoi occhi da fraintenditore, sei tu che ti scarichi di responsabilità affibbiando loro un termine così...strisciante, così apparentemente innocuo, ma sottilmente insultante. A chi dici demone, perverso oscurato?! Non si può dire che mi abbia lasciato indifferente. Per un paio di minuti, ho alzato gli occhi dal libro e ho cercato di capire se dovevo andare avanti o meno. Non è stata una lotta lunga; dovevo sapere, e l’irritazione ringhiante verso Humbert poteva ancora essere domata, o quantomeno zittita. Non mi piaceva affatto quello che stava dicendo, poiché grattava su una superficie ruvida mai del tutto dimenticata. Va bene, Humbert. Se voglio essere affrettata e rivestire il ruolo del giudice che sputa sentenze e trancia giudizi, ti considero un dannatissimo pedofilo corruttore, degno solo del ceppo del boia. Sì, ti ho già condannato, non- caro Humbert. Senza appello. Con la tua dolce lingua melliflua di serpente codardo, mi spieghi che sei “malato”. La tua fissazione per le ragazze giovani ha origini forse nella morte prematura del tuo primo amore adolescenziale, quando anche tu eri lontano dalla maggiore età. Ma chi non ha subito lutti, Humbert? E chi non ne è rimasto segnato, più o meno a fuoco? Non è una scusante che regge a lungo, questa. Può andar bene per un po’, ma poi...è necessario reagire. Finora, ti sei accontentato di “guardare”. Non hai voluto spingerti oltre con le ragazzine incontrate per strada, e con la stessa Dolly, che tu ti ostini a chiamare Lolita, la tua Lo (è la tua malattia che ti dà il permesso di appropriarti così di lei?), hai voluto essere più che corretto, anche quando il suo semplice contatto ti ha provocato un’esplosione finale, che hai voluto tenere per te. Ti ho quasi ammirato, pur contro la mia volontà, Humbert, in quell’occasione: ti sei esibito in una prodezza di contorcimenti, di disinvoltura davvero demoniaca. Ho deciso, comunque, che ti ascolterò fino alla fine. La tua lingua di serpente funziona, anche se a metà, dopotutto. Non proverò simpatia per te. Andrò oltre la mia sentenza senza appello su di te, ma non temere: è solo rinviata. Come il suddetto serpente riesce a fare così bene con le sue vittime, mi affascina il modo elevato in cui parli dei tuoi sentimenti e delle tue passioni irrefrenabili, ma non dimentico quello che sei: un predatore.
Ho dovuto rileggere il pezzo un paio di volte. E ho affrontato Humbert. Tu, mostro. Tu, mostro ipocrita e con lingua di serpente. Non starai dicendo che sono le ragazzine, che tu chiami vischiosamente “ninfette”, le colpevoli evocatrici di TUOI sentimenti perversi, VERO? Sei TU che vedi torbido e ambiguo con quei tuoi occhi da fraintenditore, sei tu che ti scarichi di responsabilità affibbiando loro un termine così...strisciante, così apparentemente innocuo, ma sottilmente insultante. A chi dici demone, perverso oscurato?! Non si può dire che mi abbia lasciato indifferente. Per un paio di minuti, ho alzato gli occhi dal libro e ho cercato di capire se dovevo andare avanti o meno. Non è stata una lotta lunga; dovevo sapere, e l’irritazione ringhiante verso Humbert poteva ancora essere domata, o quantomeno zittita. Non mi piaceva affatto quello che stava dicendo, poiché grattava su una superficie ruvida mai del tutto dimenticata. Va bene, Humbert. Se voglio essere affrettata e rivestire il ruolo del giudice che sputa sentenze e trancia giudizi, ti considero un dannatissimo pedofilo corruttore, degno solo del ceppo del boia. Sì, ti ho già condannato, non- caro Humbert. Senza appello. Con la tua dolce lingua melliflua di serpente codardo, mi spieghi che sei “malato”. La tua fissazione per le ragazze giovani ha origini forse nella morte prematura del tuo primo amore adolescenziale, quando anche tu eri lontano dalla maggiore età. Ma chi non ha subito lutti, Humbert? E chi non ne è rimasto segnato, più o meno a fuoco? Non è una scusante che regge a lungo, questa. Può andar bene per un po’, ma poi...è necessario reagire. Finora, ti sei accontentato di “guardare”. Non hai voluto spingerti oltre con le ragazzine incontrate per strada, e con la stessa Dolly, che tu ti ostini a chiamare Lolita, la tua Lo (è la tua malattia che ti dà il permesso di appropriarti così di lei?), hai voluto essere più che corretto, anche quando il suo semplice contatto ti ha provocato un’esplosione finale, che hai voluto tenere per te. Ti ho quasi ammirato, pur contro la mia volontà, Humbert, in quell’occasione: ti sei esibito in una prodezza di contorcimenti, di disinvoltura davvero demoniaca. Ho deciso, comunque, che ti ascolterò fino alla fine. La tua lingua di serpente funziona, anche se a metà, dopotutto. Non proverò simpatia per te. Andrò oltre la mia sentenza senza appello su di te, ma non temere: è solo rinviata. Come il suddetto serpente riesce a fare così bene con le sue vittime, mi affascina il modo elevato in cui parli dei tuoi sentimenti e delle tue passioni irrefrenabili, ma non dimentico quello che sei: un predatore.
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