Tratto dal romanzo omonimo di Ken Bruen, London Boulevard racconta il tentativo di ritorno alla vita normale dell'ex-galeotto Mitchell (Colin Farrell), appena uscito dal carcere e deciso a tagliare i conti col passato malavitoso. Cercherà di guadagnarsi da vivere facendosi assumere come bodyguard di una nevrotica star del cinema (Keira Knightley) letteralmente 'assediata' dai paparazzi e da tempo inattiva sul fronte lavorativo. E' fin troppo ovvio svelarvi che nessuna delle due cose sarà semplice da realizzare...
Monahan sceglie come film d'esordio un noir di stampo abbastanza classico, riversandovi il bagaglio stilistico acquisito con The Departed e orchestrando una trama ben oliata ma anche abbastanza prevedibile: le atmosfere sono infatti quelle 'canoniche' del genere, non prive di una buona dose di violenza e di personaggi tipicamente stereotipati (boss mafiosi, usurai, vittime inermi, ragazzini adolescenti già in procinto di diventare killer spietati). Tutti elementi che però non nuociono in una pellicola tutto sommato godibile e ben orchestrata.
Dove però il film delude è proprio nella parte che avrebbe dovuto essere il vero punto di forza, l'elemento di novità in un contesto tradizionale, vale a dire il rapporto creatosi tra la vulnerabile diva e il suo aspirante 'protettore', che avrebbe meritato un approfondimento ben diverso. Keira Knightley è bravissima nell'interpretare una celebrità ansiosa, insicura e tormentata, ormai fuori dal giro e dalla vita privata impossibile. Il suo profilo scavato, appuntito, l'aspetto quasi sciatto e dimesso la rendono magnificamente credibile. Peccato però che è proprio questa parte ad essere 'trascurata' dal regista, trattata con grande superficialità e ridotta quasi ad un 'cameo' nell'economia del film. Peccato davvero perchè c'erano tutti i presupposti (non solo nel titolo) per 'rendere omaggio' al capolavoro di Billy Wilder: i raffronti con Sunset Boulevard sono evidenti e chiaramente voluti, a cominciare dal ruolo del bravissimo David Thewlis, maggiordomo-aiutante-confidente della diva, che non può non ricordare l'Erich Von Stroheim del film appena citato.
Un debutto, insomma, con luci e ombre. E dove i riferimenti cinematografici fanno soprattutto aumentare il rimpianto per ciò che doveva essere e invece non è stato, lasciandoci in bocca una costante sensazione di 'già visto'. Almeno fino alla prossima occasione.