London calling, “E pensai sì, mi sento a casa”

Creato il 08 settembre 2013 da Maryandthebooks @MaryTraf

Barry Miles, autore di London Calling

Nel posto giusto al momento giusto. Chissà se e quando se ne è reso conto, Barry Miles, ma certo se lo sarà sentito ripetere un mucchio di volte. L’ultima proprio qui, in Italia, al Festivaletteratura di Mantova. Lui è l’autore di London Calling, volume pubblicato da EDT che racconta la controcultura a Londra dal ’45 ad oggi, ma è soprattutto l’uomo che ospitava a casa sua Allen Ginsberg, l’uomo che pagò 15 sterline i Pink Floyd e quello che assistette al primo incontro tra John Lennon e Yoko Ono.
Tutto in una città che all’epoca era forse tutto per tanti giovani artisti, musicisti, scrittori. Ed è lì che vi voglio portare oggi. Anzi, è lì dove ci ha portato lui, Barry Miles, scrittore ed animatore (si può dir così?) della Londra underground, intervistato da Enrico Franceschini, corrispondente dalla capitale inglese per La Repubblica.

Swingin’ London? La dobbiamo agli americani…

Lo senti parlare e ti passa davanti un’epopea, quella di una Londra mitica e mitizzata, swingin’ London appunto. A proposito, pare che dobbiamo questa definizione ad un titolista del Time. La rivista americana, nel “1966 or something”, voleva saperne di più di questa città che, forse, stava in fondo rubando la scena alle mille luci di New York, e vi mandò una giornalista. Inutile dire che “lei passò dei mesi molto divertenti lì”, sottolinea Miles. E scrisse.
Noi in platea invece ascoltiamo, rapiti, divertiti, quello a cui partecipiamo è un rito collettivo che per un attimo ci trasporta alla Royal Albert Hall di metà anni ’60, quando Enrico Franceschini chiede a Barry la domanda difficilissima e fatidica: quando ti sei accorto di quello che stavate vivendo, in pratica, quale fu il momento più bello?A Londra arrivarono per la prima volta i poeti della Beat Generation americana, e furono capaci di riunire qualcosa come settemila persone per un reading. “Immaginate la sala da concerti con i suoi palchi in un via vai di gente, bottiglie, erba, nuvole che noi cercavamo di mascherare con gli incensi che accendevamo in giro”. Ce la immaginiamo, eccome, e applaudiamo e ridiamo, un po’ colpevoli perchè a tanti piacerebbe sì, trovarsi anche loro nelle nuvole di quei giorni.

I Pink Floyd a 15 sterline

Ma non c’è ovviamente solo una Kensington (che è dove sorge l’Albert Hall) colonizzata dai giovani della contro-cultura (che poi è proprio Miles a farci crollare un mito: “Non immaginatevi i capelloni, i giovani in quegli anni a Londra portavano i capelli corti”!). Nella swingin’ London di Barry c’è un quartiere, Soho, per molti ombelico del mondo di allora, e c’è pure Notting Hill, dove Miles aveva contribuito a fondare la rivista della cultura hippie ed underground di quegli anni, International Times. Che per il lancio nel 1966 organizzò un concerto in un’area che oggi con il nostri linguaggio smart definiremmo di archeologia industriale. E che di fatto era un vecchio magazzino a nord di Londra.

Furono chiamate due band, i Soft Machine, ed i Pink Floyd Sound (sì, loro, che all’epoca – spiega Miles – si chiamavano ancora così). Un vecchio vagone per palco, le band si esibirono e i Pink Floyd ci diedero così dentro che fecero saltare il – si presume – fatiscente impianto elettrico. Ma per il loro show di luci furono pagati di più, 15 sterline, contro le 12 dei colleghi.

Paul McCartney is dead

Chissà se quel giorno lì c’era anche qualche Beatle intorno, Miles non ce lo racconta, ma erano amici, of course. E dunque come lasciarsi scappare lei, la leggenda metropolitana? “Ma insomma la storia che Paul McCartney sia morto nel 1966 e che allora al suo posto ci sia un sosia?” Chiede qualcuno del pubblico ad un Barry Miles più divertito che sorpreso perchè, spiega: “E’ la terza volta che me lo chiedono, oggi!” (curiosità italiana…). E racconta: “Ero nell’ufficio stampa dei Beatles quando ci giunse la voce. Vi posso assicurare, però, che chi c’era allora e chi ho incontrato appena pochi giorni fa sono la stessa persona. E se anche lo avessero sostituito, beh, questo tipo è proprio bravo!”.

Ps: a questo vi starete chiedendo se è ancora possibile respirare quest’aria, a Londra: “I giovani si sono spostati altrove, verso l’East End – ammette Barry Miles – ma a Soho, sì, ci sono ancora tracce di quella vita così intensa dei 60s.


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