Il calendario dei festivals del cinema più importanti arriva a conclusione con il London Film Festival che è cominciato il 12 Ottobre a Londra con tanto di tappeto rosso per l’ultimo film di Fernando Meirelles “360” con Anthony Hopkins, Jude Law e Rachel Weisz .
Abiti eleganti da pinguino, vesti da sera, tacchi alti e file di persone che attendono fuori le varie venues sparse un po’ ovunque, da South Bank a Piccadilly, nella speranza di vedere chiunque sia famoso, soprattutto se si tratta di una star americana.
Giovandosi della sua posizione di chiusura, il LFF riesce a raggruppare insieme il meglio dell’anno cinematografico, e non solo.
Infatti più che contare sulle prime visioni, punta ad essere uno dei festival più prolifici con più di due settimane di busy screenings, divisi per categorie: dai Gala che sono le serate più importanti e che aprono e chiudono il festival, al Cinema Europa, i British New Talent, World Cinema, New French Revolution e poi ancora documentari e tutta una sessione dedicata ai corti, animazione, film d’archivio che il BFI rispolvera dalla sua prestigiosa collezione in versione speciale. Quest’ anno, in collaborazione con il laboratorio “L’immagine ritrovata” di Bologna, tra i vari titoli in programma c’e’ anche “La macchina ammazza cattivi” un raro film di Rossellini in versione digitale restaurata . Altre sessione interessante è invece Experimenta dedicata ai film e video sperimentali e d’avanguardia artistica, dove si possono ammirare lavori particolarmente belli come “Two Years at Sea” dell’artista inglese Ben Rivers, gia’ nominato per il premio Jarman, documentario avant-garde girato in 16mm che segue l’esistenza di un uomo che va a vivere in mezzo alla foresta.
Un aspetto importante da non tralasciare e che al LFF non avviene la consueta competizione tra i films ma solo l’assegnazione di Special Awards, per una shortlist di lavori annunciata pubblicamente una settimana prima del festival, e del BFI Fellowship che, quest’anno, va a David Cronenberg e Ralph Fiennes, con rispettivamente “A Dangerous Method” e “Coriolanus”.
Quello londinese è molto più un festival del pubblico dove si mira a celebrare l’esperienza cinematografica collettiva e a mettere insieme registi e audience. Chiunque, senza dover per forza essere un accanito cinefilo, può sfogliare il programma e trovare un film di suo gradimento, oltre che accedere anche alle proiezioni più esclusive e ai Masterclass (gettonatissimi workshops con alcuni dei registi presenti al festival). C’è infatti un’atmosfera eccitante nella città che da sempre registra una grande affluenza al festival, c’è voglia di vivere attraverso il cinema un’esperienza collettiva che possa in qualche modo contrapporsi alla cultura individualista della grande metropoli.
Il programma è pieno di films provenienti da ogni dove, molti di questi non verranno neanche distribuiti in UK e questa può essere l’unica vera occasione per vedere lavori sconosciuti ma interessanti che sarebbe difficile trovare altrove. È stato proprio qui che nel 2009 ho potuto vedere films come “Trash Humpers” di Harmony Korine e il magnifico “Tony Manero” di Pablo Larrain che poi non sono mai arrivati nelle sale britanniche.
Accanto a grandi attesissimi films come “Shame” di Steve McQueen, “Wuthering Heights” di Andrea Arnold e “We Need To Talk About Kevin” di Lynne Ramsey, che stanno facendo vivere un momento d’oro al cinema inglese, meritano una menzione speciale anche il bellissimo film turco “Once Upon A Time in Anatolia” di Nuri Bilge Ceylan, (Distant, 2002, Climates, 2006 e Three Monkeys, 2008), un poliziesco interminabile dai risvolti esistenziali e tragici dove si mischiano insieme la superstizione e le coincidenze, i film francesi “The Kid With a Bike” dei fratelli Dardenne, “Almayer’s Folly” di Chantal Akerman e, soprattutto, “Into The Abyss: Tale of Death, a Tale of Life” di Werner Herzog.
Altrettanto belli e inusuali anche “The Black Power Mixtape 1967-1975”di Goran Hugo Olsson (Svezia), e il progetto “Dreileben 1, 2, 3 ” dove tre diversi registi tedeschi lavorano a delle storie unite tra di loro da un singolo evento.
Tra gli italiani arriva, raccogliendo un tiepida accoglienza, l’inedito “Habemus Papam” di Nanni Moretti, mentre riscuotono interesse il bel “Terraferma” di Crialese, “Corpo Celeste”, lavoro visivamente interessante della debuttante , candidato al premio Sutherland per i registi esordienti, “This Must Be the Place” di Sorrentino che dopo la proiezione de “Il Divo” nel 2008 è tra i nostri registi più attesi, e “Quando la notte” di Cristina Comencini.
L’ultima serata di Gala è assegnata, come sempre negli ultimi anni, ad un lavoro di regia inglese.
“Deep Blue Sea” di Terence Davis, con l’altrettanto inglese Rachel Weiz, è una tragica storia d’amore ambientata nella Londra degli anni ‘50 che, a due settimane dalla proiezione, da già il tutto esaurito, forse perché è l’evento finale o forse perché le storie d’amore, si sa, emozionano sempre il pubblico.
Dopo quest ultima proiezione si chiuderà il sipario e il tappeto rosso ( che tutto sommato, camminandoci su, non è poi tutto sto glamour ) tornerà in soffitta.
Carla “Castadiva” Cuomo