Pellicola commemorativa, Lone Survivor (2013) porta lo spettatore nella foresta afghana, ma non riesce a emozionare. Difatti districandosi tra feriti, caduti e volti, sui quali è dipinto l’orrore della guerra, Berg si limita a stilare l’elogio dei Navy Seals.
Afghanistan, giugno 2005. Nella base aerea di Bagram l’ufficiale Kristensen informa i suoi uomini di un’imminente missione: catturare e uccidere il talebano Ahmad Shah. Marcus, Mike, Axe e Danny vengono mandati in ricognizione e, dopo aver avvistato il terrorista, si appostano in attesa di nuovi ordini. Ma il sopraggiungere improvviso di un gruppo di pastori (e l’impossibilità di utilizzare la radio) manda a monte la missione.
Il film è basato su una storia vera e Berg ci tiene a sottolinearlo in continuazione. Lo esplicita in apertura di pellicola e in chiusura. Ma tutto ciò non basta a emozionare e a coinvolgere lo spettatore nella fallimentare operazione Red Wing. Perché il regista esibisce cliché, differenzia gli afghani cattivi da quelli buoni e ostenta spudoratamente l’eroismo dei Navy Seals. Il risultato è una pellicola che maschera un viscerale patriottismo e che va alla ricerca dell’inquadratura sporca, autoriale, capace di emozionare. Tuttavia è risaputo che Berg non sia un funambolo della macchina da presa e il suo costante inseguimento della “scena madre” produce esclusivamente un’esecuzione in slow motion (che ricorda Platoon) e qualche folle caduta sui massi (con annesso fracasso celebrale).
Survival movie nel quale si spara a raffica e si cerca (non affannosamente) la morale, Lone Survivor non riesce ad appassionare, fatica costantemente a star dietro agli attori (i sufficientemente calati nella parte Mark Wahlberg, Taylor Kitsch, Emile Hirsh e Ben Foster), tentando di approfondirli caratterialmente (tutti con famiglia a casa e alle prese con problemi ordinari), ma non riesce ad arrivare al cuore della vicenda. Difatti la pellicola rimane in superficie e si limita a disegnare i Navy Seals come eroi (immancabili le fotografie dei defunti a film concluso) e i talebani come i nemici, che uccidono (e decapitano) urlando a squarciagola Allah Akbar. E tutta questa superficialità non aiuta Lone Survivor, che si inserisce compiutamente all’interno del filone celebrativo del genere war movie, evitando di denunciare o interrogarsi sull’insensatezza della guerra. Difatti non si è ancora giunti al momento in cui si può parlare del conflitto in Afghanistan (e Iraq) in modo sincero, pesandone difetti e strascichi personali. Le truppe sono ancora lì a “portare” la democrazia. E allora si dia inizio alla propaganda su larga scala. Berg dirige!
Uscita al cinema: 20 febbraio 2014
Voto: **