I nostri sono tempi d’austerità, ma non tutti sono colpiti dalle difficoltà allo stesso modo. Per alcuni la crisi non esiste, anzi è un’opportunità per espandersi tra le macerie, per altri è un colpo mortale all’abituale tenore di vita. Vale per le persone e per le Nazioni. Quest’ultime convogliano le risorse in quegli ambiti strategici indispensabili al bellum omnium contra omnes dell’era multipolare, nonostante il vacuo frasario cooperativistico che si sente in giro. All’interno di ciascun contesto sovrano si divarica la forbice tra benessere e indigenza e la piramide sociale va allargandosi alla base per restringersi in punta. Significa che i cosiddetti ceti medi precipitano ai gradini sottostanti della scala del benessere mentre i ceti abbienti salgono più in alto, accumulando ricchezza e potere. Tutti i settori statali patiscono la gravità della situazione ma con intensità diversa. Per esempio, il comparto militare avverte meno di altri i disagi da decurtamento dei fondi pubblici che sono sicuramente più sensibili nei settori dell’assistenza e dei servizi alla collettività. Più armi e meno burro sembra essere il diktat dell’epoca nuova che assomiglia fin troppo ai periodi bui in cui le potenze si sfidavano per primeggiare fino all’ultimo colpo. Non ci siamo ancora a quel punto ma ci arriveremo presto.
Del resto, il pianeta sta diventando un posto sempre meno sicuro e non solo per via del terrorismo islamico. Questo indirizzo condiziona quasi tutti i paesi, compreso il nostro che chiede ai cittadini di rinunciare alle vecchie garanzie del welfare state perché i conti non tornano ma non abbandona molte spese inutili e meramente di “rappresentanza” con gli alleati occidentali, come l’acquisto degli F35, impostici dalla Nato con pretesti inenarrabili. Il rafforzamento militare è doveroso nel caos incipiente del XXI secolo, ma la strada di sudditanza intrapresa dal nostro governo è un suicidio annunciato.
Ad ogni modo, bisogna muoversi con cautela per non suscitare l’indignazione generale. A questo ragionamento si sarà rifatto anche il Colonnello Chad Stevenson quando la Lockheed Martin ha proposto alla U.S. Air force il progetto avveniristico di un aereo da combattimento con comfort eccessivi, dalla cucina, al microonde, al bagno signorile. Tutto sommato, si va alla guerra e non ad un pranzo di gala, si sarà detto. Qualcosa, pertanto, andava sacrificato in nome della sobrietà e della partecipazione al disagio popolare, per salvare almeno le apparenze. Pare così che l’angolo cottura da 300 mila dollari sia uscito definitivamente dal programma. Non il cesso da 600 dollari, prezzo che gli sarà sembrato abbastanza ragionevole per i preziosi culetti da combattimento dei piloti yankees. Questo vuol dire che non ci saranno barbecue a bordo ma sotto qualcosa cuocerà ugualmente: tutti quelli che si troveranno a tiro del bombardiere a lungo raggio, Long- Range Bomber Strike, che prenderà il posto dei vecchi B-52 e B-1, grazie ai quali gli Usa hanno fin qui dominato i cieli dell’orbe.
Con 55 mld di dollari l’operazione dovrebbe andare in porto, ma non verrà speso un centesimo di più perché, da qui al 2023, il budget del Pentagono dovrà scendere di qualche miliardo di dollari. Non è poco ma, data la base di partenza irraggiungibile per chiunque, nemmeno troppo. Gli Usa impegnano attualmente 682 mld per le loro spese militari, pari al 40% del totale mondiale.
Al momento non si sa nulla delle dotazioni del nuovo “diavolo volante” (dalla carica delle bombe agli altri elementi critici di gamma) poiché la maggior parte delle informazioni è top secret. Non ne sanno nulla nemmeno gli spiatissimi amici degli States che vengono coinvolti solo quando è necessario socializzare le perdite o compartecipare ai fallimenti.
L’unico fatto arcinoto è che il velivolo è stato studiato per intervenire negli scenari più lontani del mondo, in primis in Asia, dove la Cina sta rafforzando i suoi investimenti militari per emergere quale potenza regionale, minacciando da vicino i tradizionali alleati di Washington, ovvero Giappone e Corea del Sud. L’Impero di Mezzo è un pericolo concreto per gli Usa in quell’area così come la Russia lo è in quella Eurasiatica. Non a caso negli ex satelliti di Mosca, entrati a far parte dell’Ue (Polonia e Romania), prosegue il dispiegamento di missili balistici (il c.d. scudo spaziale) che sta facendo indispettire il Cremlino. Dalla Casa Bianca ripetono che si tratta di una misura difensiva per intercettare eventuali attacchi dall’Iran, ma a questa balla ormai non crede più nessuno. Men che meno i russi, i quali hanno minacciato di puntare gli Iskander dell’enclave di Kaliningrad direttamente su quelle popolazioni che, tramite i loro esecutivi, stanno sostenendo le provocazioni degli Usa. Gli ex fratelli dell’URSS temono di ripiombare nella sfera egemonica di Putin pur essendo organici all’Ue, della quale, evidentemente, non si fidano per niente. Tra l’areo da guerra anticinese e i missili antirussi gli Usa stanno dando il loro fattivo contributo ad un mondo migliore. Eppure sono guidati da Obama, l’uomo della concordia globale che fa di tutto per non meritarsi il primo premio nobel per la pace concesso alle intenzioni. Una prece. In tutto questo bailamme l’Europa che fa? Aderisce supinamente ad un ordine mondiale in disgregazione oppure, nei sui diversi membri, se la prende con la Germania che starebbe affossando l’Unione. Le varie capitali europee sbagliano volutamente mira per non sganciarsi dagli Usa e fare un favore ai grandi dominatori in relativo declino, infatti, come ha recentemente affermato una spia italiana: “ La Germania è da sempre il grande interlocutore economico e finanziario della Russia in Europa. Le “relazioni pericolose” per gli interessi americani passano attraverso la Germania. Attraverso Schroeder prima e la Merkel oggi Mosca investe in Europa e si contrappone agli Stati Uniti” ” .
Ed eccovi spiegato il perchè del vento antitedesco che soffia sul Vecchio Continente. Trattasi di odio per procura e per “locura”.