Nato in una famiglia della buona borghesia rurale, Lorenzo Calogero seguì un corso di studi abbastanza regolare, movimentato da due ripensamenti – il passaggio al liceo scientifico, dopo l’iniziale iscrizione all’istituto tecnico e quello a medicina, dopo essersi iscritto a ingegneria. Proprio per far studiare i fratelli Calogero all’università, i genitori decisero di trasferirsi a Napoli. Qui, oltre a conseguire la laurea nel 1937 e l’abilitazione l’anno successivo, Lorenzo Calogero iniziò a dedicarsi con costanza alla poesia, pubblicando a sue spese la raccolta Poco suono nel 1936. Iniziò ad inviare le sue poesie ad editori, critici e poeti, senza ottenere alcuna considerazione. Nel 1942, la nevrosi lo portò a un primo tentativo di suicidio, con un colpo di pistola, e venne ricoverato nella clinica psichiatrica di Villa Nuccia, nei pressi di Catanzaro. Dopo un fidanzamento naufragato e un lungo periodo di inattività poetica, nel 1954 ottenne un posto di medico condotto nel senese, ma venne ricusato dai suoi pazienti per la scarsa perizia e la giunta comunale lo fece decadere. In quegli stessi anni, riprese a scrivere e pubblicò le raccolte Ma questo… nel 1955 e Parole del tempo e il già citato Come in dittici nel 1956, sempre a sue spese, dopo averle inviate inutilmente al giro degli addetti ai lavori, tra i quali Einaudi. In quello stesso anno, la morte della madre, con la quale ebbe sempre rapporti intensi, lo gettò nello sconforto, tanto da spingerlo al tentativo di suicidio per svenamento. Seguì un nuovo ricovero a Villa Nuccia, eternato nei cosiddetti Quaderni di Villa Nuccia. In quegli stessi anni scrisse anche la raccolta Sogno più non ricordo. Gli ultimi tempi li passò in solitudine nella casa di Melicuccà, fino al tragico epilogo. Il suo cadavere venne scoperto tre giorni dopo il suicidio.
Stilisticamente, la poesia di Calogero è un distillato di diverse esperienze, dalla tradizione italiana da Leopardi a Campana e all’ermetismo, ai grande romantici tedeschi e inglesi, ai maledetti e ai simbolisti francesi. La parola rimane costantemente in bilico tra velamento e disvelamento, sorretta nel suo flusso da un istintivo e metronomico senso del ritmo e da un raffinato gusto musicale e lessicale. Emergono i fantasmi del poeta: l’amore evanescente, la perdita irrimediabile dell’autentico, lo svuotamento di senso, il presagio tragico. Una poesia, quella di Calogero, della resa, della presa di coscienza della propria irrimediabile inappartenenza al mondo.
POESIE di Lorenzo Calogero