Queste vetture quando transitavano di sotto ai terrazzi «buoni» erano messe sotto un fuoco di coccole di ginepri e confetti gessati, e quando passavano di sotto alle finestre delle case così così erano mitragliate di raffiche di granturco sgranato.
Le autorità, il sindaco, i consiglieri, la giunta, e le rispettive famiglie, con quelle del cursore, del camarlingo, dello speziale e del cerusico si raccoglievano nella loggia del palazzo della sovrana (anch’oggi ariosa sede del Comune) una loggia sfogata, altissima, tutta sostenuta da colonne di blocco, fiorite di capitelli coi riccioli all’imperiale, poggiate su dei dadi di marmo collegati da una balaustrata che pare d’avorio.
Tutta quella gente altolocata gesticolava con la discrezione dei piccioni in gabbia. Su certi cappelli tanto lustrenti che parevano di lamiera verniciata a fuoco, le granturcate ci tamburellavano sopra come la grandine su di un vetro. Tutta quella gente altolocata non poteva rispondere alla granguola aureata con i faglioli bianchi e rossi che servivano per le votazioni consiliari e dovevano controbattere il mitragliamento con delle caramelle saccarinate che richiamavano sotto il verone municipale una turba di ragazzi scavezzati che, per i bozzati della facciata, salivano fino sulla terrazza per chiappare al volo i dolciumi.
Sull’imbrunire gli animali utili all’uomo, i bovi aggiogati al carro, i cavalli attaccati alle carrozze, gli asini col basto, portavano al loro docimicilio i bifolchi, gli automedonti, e i cavalcatori, senza chiamate di briglia o di sperone, ché, automedonti, bifolchi e cavalieri erano come nel pallone dal tanto vino tracannato.
Rincasavano anche quegli uomini che avevano preso a nolo i testoni di cartone, ed era curioso ascoltare il dialogo tra un ciuco e un orso o tra un coccodrillo e un cane.
Diceva l’orso al ciuco:
«Silenzio che siamo vicini a casa».
E s’udiva la voce della moglie di quello immascherato a orso che urlava, angosciata quasi, ai casigliani:
«L’ha veduto nessuno oggi il mio marito?»
«Era sul corso immascherato a orso».
«A orso? Appena che viene a casa gli attacco la pelle a un gancio».
( Lorenzo Viani, brano tratto da “Dov’è nato il Carnevale”, articolo pubblicato dalla tivista “Nuova Viareggio Ieri”, N.1 febbraio 1992 )