Lorenzo Viani, La festa delle frittelle e delle «padelle»

Da Paolorossi

Poco lontano da Torre del Lago c’è Castelvecchio Pascoli, di qui si scorge la vetta della Pania sotto cui s’acchioccia la casa del Poeta, giù, nel cuore della Maremma, di cui si scorgono i piani di Pisa che sono come l’antemurale di quella terra, c’è la stazione di Castagneto Carducci.
La proposta di mettere il nome del Maestro sulla facciata della piccola stazione di Torre non ebbe fortuna. Eppure qui tutto è di lui: il grande vialone che sfocia al lago è intitolato al suo nome, ogni pezzetto di terra ha contato i suoi passi, come tutti i folti di queste boscaglie. Torre del Lago è conosciuto nel mondo per lui.

Egli, lontano di qui, s’angosciava:
«Non vedo l’ora d’intorrelagarmi» scriveva ad un pittore, da Londra, una venticinquina d’anni fa. «Ho una torrelaghite acuta che mi tormenta», scriveva dall’America ad un altro pittore.
«Torre del Lago: Turris eburnea, vas spirituale. Eden empireo»; è sempre il Maestro che canta.

Sarebbe stato consolato il Maestro se, da vivo, avesse veduto il suo nome stampato tra la «Porta d’uscita» e la «Sala d’aspetto» della piccola stazione? Lo scrivente osa avanzare i suoi dubbi.

Non che il Maestro sgradisse gli omaggi al suo nome, ma il vederlo stampato qua e là lo seccava assai. Poi c’era la seccatura degli omonimi: proprio nel punto centrale della via Regia in Viareggio c’era un cartellone color altomare con su, stonate, delle parole bianchissime: Puccini, Parrucchiere Teatrale.

Tutte parole s’intende, ma il Maestro ogni volta che passava di lì diceva:
– Non solo Puccini, ma anche teatrale! Bisognerebbe sopprimerlo.

La cosa si aggravava quando il figaro scorgeva il Maestro, chè sventolando un asciugamano di bucato urlava in tono trionfale:
– Maestro, il ceppato è il medesimo.
– Bisognerebbe sopprimerlo.

Nel bel viale degli oleandri c’era, non meno vistoso, il cartello: Pensione Puccini. E verso la via Giacomo Puccini, – l’antichissima via del Fabbretto –, ribattezzata Lui vivo, c’era il magazzino della «Ditta muraria Puccini».
– Bisognerebbe sopprimerli.

Fu in una di queste fiere di San Giuseppe che il Maestro consentì, per beneficenza, che il pittore Ferruccio Pagni, mandolinista, e il pittore Francesco Fanelli, chitarrista, suonassero, all’Arena di Torre del Lago, i primi pezzi della Bohème, e s’ebbero dall’autore – «L’autore assisterà al concerto vocale e strumentale» un omaggio vegetale di stagione, come si è già detto.

I beneficati furono una comitiva di comici, portati nel paesetto lacustre da un capocomico allampanato come colui che vendeva a credito, il cui collo era abboccato da un colletto andata e ritorno, e le scarpe erano abboccate da un paio di ghette color nocciola americana; dalle falde piene di frittelle: quelle macchie d’unto che si allargano sulle vesti come piaghe maligne.

Torre del Lago Puccini – Chiesa di S.Giuseppe – Foto tratta da Nuova Viareggio Ieri N.11-marzo 1994

Qui, le frittelle con le quali si festeggia il giorno di San Giuseppe, protettore del luogo, sono di farina di castagne macinate: farina di legno, avrebbe detto Pascoli. Le castagne secche, monde della pecchia, sono le caramelle di questi ragazzi torrelaghesi.

I banchetti dei chicchettini, pinolate e di sapor di pineta, dei mangiaebevi, certi involtini di pasta fritta, ripieni di una bevanda lamponata, s’alzano sul piazzale della chiesa, che un tempo si chiamò piazza Cristoforo Colombo.

Un tempo molti restavano stupiti come un paese di cacciatori, – i soprannomi lo attestano: Foraboschi, Gambe di merlo, Becconero, Ghiro, La Faina, – avesse consacrato la sua piazza più bella allo scopritore del nuovo mondo. Ma più stupiti rimanevano coloro i quali, – tempi remoti, – nel centro della piazza avevano veduto la statua dell’intrepido genovese, e poi un giorno la videro adeguata al suolo in mille pezzetti. I lapidatori, tutti cacciatori fini, non avevano fatto nemmeno una «padella», colpi a vuoto.

Correvano i tempi delle lotte elettorali. Renato Fucini, che fu sovente, qui, ospite del Maestro, non avrebbe forse preso lo spunto per la sua celebre novella Il monumento? Viareggio e Pietrasanta, collegio di Versilia, stavano l’un contro l’altra, – e non metaforicamente, – armate. Il candidato di Viareggio, in un comizio della vigilia urlò, levando ambo le mani al cielo – Pugna pro patria; è traditor chi fugge! – E Torre del Lago, unica frazione del comune di Viareggio, non volle macchiarsi di codardia e stiè ferma in campo. In guiderdone ebbe la promessa, solenne, di un monumento.

Ma a chi farlo il monumento? Pensa e ripensa il deputato propose, tra le acclamazioni, di innalzarlo «al genovese nocchiere che, sfidando la rabbia degli elementi e degli uomini, aveva portato alla Spagna e all’Europa tutta la fausta novella della scoperta del nuovo mondo».

L’idea di farlo a cavallo fu subito scartata; qualcuno avanzò la proposta di una prua di gavitella su cui Colombo tenesse un piede e l’altro poggiasse in terra ferma, ma combinata la erezione di un busto anche la prua della gavitella fece naufragio.

Al di là della Gonfolina, famosa cava di pietre dure, sulla linea Pisa-Firenze, ci sono le famose fabbriche di boccali e di statuoni per i pilastri dei cancelli e di quei cani da pastore addormentati che, quando son per il cortile della fornace già cotti, se sono un po’ polverosi danno la temenza che debbano saltare, da un momento all’altro, agli occhi. Lì fu trattato il Colombo.

La bronzina fece il rimanente. Il giorno della inaugurazione del monumento, solenne come la promessa del deputato, lo statuone bronzato mandava lampi d’oro, pareva dovesse fondersi sotto i cocenti raggi del sole.

Ma il diavolo insegna a farle e a scoprirle. Un giorno due ragazzi si presero a sassate in piazza Cristoforo Colombo; tra i due litiganti stava, impassibile, lo scopritore del mondo nuovo, ed ebbe la peggio, chè una sassata gli portò via il naso di netto e la terra rossa sembrò sangue vivo. Il rimanente è intuitivo. Da quel giorno la frazione e il comune si guardarono in cagnesco.

Ma altra e più dura ragion di contesa vi fu tra quelli del comune e quelli della frazione. I marinari veneravano il loro protettore Sant’Antonio, luce di dottrina, fuoco di carità, gloria della Chiesa, ornamento del sacro Ordine dei Minori, vero figlio di San Francesco, uomo di Dio, seguace dell’umiltà di Cristo, arca del Testamento e zelante predicatore dell’Evangelio. Una grande statua di cimolo dipinta di vivaci colori raffigurava il Santo padovano ed era venerata nella chiesa parrocchiale di San Francesco. Di giorno e di notte la navata del Santo era illuminata da molte lampade d’argento e d’oro, testimonianze di segnalate grazie.

Entro una barchetta che viene felicemente al lido sopra i flutti indemoniati, tra i pescatori atterriti, è dipinto il Santo, giovine frate di San Francesco, alla barra del timone.

Come s’è detto, a Torre del Lago si venera il protettore San Giuseppe, eletto a sposo, e custode della Vergine Santissima, ed a padre putativo di Gesù. Ammirabile nella fede perfetta di riconoscere e confessare per Dio un bambino che vede nascere in una grotta nella povertà, e costretto a fuggire in Egitto per salvarsi dalle mani di un tiranno. Quel Gesù, che in questa terra l’amava e l’ubbidiva come figlio, è impossibile che non esaudisca le sue preghiere per noi. Era la fervida invocazione che facevano mattina e sera quei di Torre del Lago.

E il giorno 13 giugno, festa di Sant’Antonio, la gente di Torre del Lago andava tutta verso il comune e il giorno 19 di marzo, festa di San Giuseppe, quelli del comune andavano compatti alla frazione.

Per molti anni questa fraternità fu spezzata e quelli di Torre non capitavano più al comune, e quelli del comune non andavano più a Torre.

I malevoli avevano insinuato che si fosse fatto mercato della statua di Sant’Antonio, – i marinari ne avevano commessa un’altra a uno scultore chiavarese, – che acquistata da quei di Torre, – dai festaioli di Torre – di nascosto all’intero paese, l’avessero poi trasformata in quella di San Giuseppe. E per molti anni fu guerra dichiarata tra il lago e il mare.

Oggi la pace è conclusa.

Torre del Lago Puccini – Chiesa di S.Giuseppe oggi

Quelli erano i tempi in cui il Maestro orchestrava il flautar degli uccelli di passaggio. Ora, proprio dirimpetto alla sua tomba, è ammirato il gigante dei cieli, il «Maddalena», che ogni giorno si leva dal vortice delle acque, di solito stagnanti, e mette in tutto il cielo un tremito che, ad orchestrarlo, ci sarebbe da portare in teatro un cataclisma.
– Bello! – urla la gente a capo volto in su.

Un venditore di palloncini colorati ha fatto coro:
– Bello, – aprendo la bocca e le mani, e quella specie di grappolo fantastico di uva sospeso per una cordicella è volato verso la grande aquila d’alluminio pulsante con dodici cuori.

Vicino al gigante dei cieli il grappolo s’è ridotto alle proporzioni di un vero grappolo d’uva ed è stato schiacciato dalle eliche.

( Lorenzo Viani, La festa delle frittelle e delle «padelle», racconto tratto da “Il cipresso e la vite ” )


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