Lorenzo Viani, Lucca – Il “Volto Santo”

Da Paolorossi

Lucca – Duomo

Anticamente in questo giorno di «Santa Croce» turbe di poveri e di pellegrini confluivano a Lucca anche dalle più lontane regioni, cantastorie e poeti improvvisatori si mischiavano alla folla, e cammin facendo cantavano la miracolosa comparsa nel territorio della Lucchesia dell’effigie del «Santo Volto». Venditori d’ogni genere, mendicanti, infermi, accattoni esponevano alle turbe processionanti verso il tempio di San Martino, ove si venera il gran Simulacro, le loro piaghe e le loro tristezze. Il popolino, tutt’oggi, nomina quella via «Via dei Poveri», benchè sui cantonali sia scritto «Via della Croce».

Lucca – Duomo

La sera della Santa Croce, Lucca e i paesi finitimi, Nozzano, Minucciano, Segromigno, insieme ai quindici castelli delle Vicarie, ardevano di fantastiche illuminazioni. Sulla piazza di San Martino, dirimpetto al duomo, si costruivano sotto delle trabacche, specie di padiglioni di guerra, dei «castelli fioriti» sulle cui sagome taglienti erano disposte delle migliaia di candele in modo da formare il disegno luminoso di un poderoso maniero. Tali macchine luminose erano varie e molteplici, ogni anno nuove nel disegno fantastico, e sempre così irte di ceri che la spesa di ognuna saliva a cifre altissime come le loro moli che talvolta raggiungevano i tetti delle costruzioni più elevate.

Fra gli spari delle artiglierie, di cui eran munite le incrollabili mura, e le salve dei moschetti della torre del Palazzo sfilava il lungo processionante corteo, striscia di fuoco. Arrigo Heine, che trascorse la «Santa Croce» del 1828 in Lucca, abbacinato da tanta luce scrisse: «Le case alte e fosche avevano le facce illuminate da numerosi lampioncini. Drappi e tappeti d’ogni colore scendevano dalle finestre e dai balconi nascondendo le smattonature e i crepacci dei muri; e al di sopra di questi tappeti sporgevano bei visetti di donna, ma tanto freschi e fiorenti ch’io intesi subito che doveva essere la vita a celebrare le sue nozze con la morte, invitando alla festa la giovinezza e la beltà».

Ordini monastici e Compagnie ecclesiastiche, autorità civili e militari di Lucca e del territorio, secondo l’ordine gerarchico imposto dai cerimoniali e recando ciascuno il peso del suo cero, la Corte dei Mercanti con la Corporazione delle Arti tutti in livrea, le contrade, i pivieri, le Vicarie seguivano gli stendardi sonanti come vele latine al palpito dei venti.

Il tempio si lasciava aperto tutta la notte sorvegliato dalle guardie di Palazzo, non solo per evitare disordini, ma anche per custodire gli inestimabili tesori della cattedrale e i preziosi ex-voto. I cantastorie, accordati dalle strepitose chitarre, narravano la miracolosa comparsa del Volto Santo nel territorio della Lucchesia: San Nicodemo, unitosi a Giovanni da Arimatea, dimandò il divino corpo di Gesù Cristo, ed essendogli stato concesso lo deposero dalla Croce. Il Volto Santo è stato scolpito nel bosco di Ramoth Galaad sul monte Cedron. Lo scolpì San Nicodemo in sogno e si venerò prima in Berito, città della Siria. Per le persecuzioni degli infedeli i cristiani imbarcarono le loro immagini e i simulacri su barchette disalberate e senza timone e le vararono di notte tempo in mare. Quella in cui fu caricato il Volto Santo fu straccata sulla spiaggia di Luni. I rivieraschi se ne contendevano il possedimento. Il vescovo di Sarzana e quel di Lucca, per la buona pace, decisero di caricare la statua sopra un carro trascinato da due indomiti giovenchi e dove i due mansueti si fossero fermati quegli abitanti sarebbero stati i fortunati.

O Lucca fra cento
te scelse il Signore
qual pegno d’amore!…

(Lorenzo Viani , “Il nano pellegrino” da Il nano e la statua nera)
Lucca, Il Volto Santo