Mi ricordo un bellissimo racconto di Stephen King in cui si descriveva l'Inferno come ripetitività. Ripetere la stessa azione più e più volte, rivivere gli stessi momenti ad libitum. Ricordo poi che anche nel grandissimo In the mouth of madness vivevamo una scena simile. In effetti compiere azioni già compiute, saper in anticipo quello che sta per accaderci è davvero orribile, infernale, come un deja vu (quasi sempre fulmineo) prolungato e ripetuto. Nell'ottimo Cronocrimenes tutto ciò è abbinato mirabilmente a concetti scientifici e ai famiferati viaggi temporali e per un devoto lostiano come me tutto ciò è assolutamente fantastico. Lo spunto geniale del film, forse dovuto a budget o semplicemente deciso a tavolino, è limitare il viaggio nel tempo a sole 2 ore e lo spazio a pochi km quadrati. Non ci sono altre epoche, nessun altro luogo, Hector piomba in un inferno di ripetitività concentrato in pochissime ore di cui è allo stesso momento artefice e vittima. C'è un senso di ineluttabile, di immodificabile. Ogni azione atta a cambiare quello che è successo non è altro che l'azione che, al contrario, ha portato proprio a quello,come nel capolavoro di Abrams. E' l'esatto opposto di film tipo "The butterfly effect" nel quale ogni piccola modifica nel passato portava ad un diverso futuro. Qui non ci sono vati scenari, non c'è una nozione di tempo definita, qui vari piani temporali, varie coincidenze, vari comportamenti portano un unico accadimento. C'è una specie di orrore kafkiano in tutto ciò, un orrore cerebrale, quell'orrore personale e non condiviso che vaga sui binari del grottesco, del surreale. Come nei capolavori dello scrittore ceco, Hector vive un inferno intimo che non ha contorni definiti, al tempo stesso mentale ed oggettivo, che mette disagio, che fa impazzire, di cui non si vede la fine. Straordinaria la figura dello scienziato (interpretato dal regista) perchè più va avanti il film più capiamo che da burattinaio (quale noi pensavamo), è al contrario un burattino, OGNI SUA SINGOLA AZIONE era stata imposta da un diverso Hector. Questa è l'assurdità: Hector, malgrado tutta la struttura faccia propendere al contrario, è del tutto artefice del proprio destino, seppur in modo non propriamente consapevole. E nell'ottimo finale rimane il dubbio se il processo si sia fermato (calcoli e schemini di John Locke- mio fratello, non il mitico- dimostrano di sì, ma anch'io in modo molto più immediato propendo per questa ipotesi, vedi risposte alla recensione) oppure al tutto non ci sarà mai una fine. Los Cronocrimenes mi ricorda molto i contadini toscani, grezzi ma dispensatori di cultura. La fotografia è scadente, la regia anni 60 (addirittura zoom indietro...) tanto da sembrare di trovarci, luoghi compresi, in una puntata de Il Prigioniero. Ma come i contadini toscani che sanno a memoria La Commedia, il film possiede la stessa umiltà nel dispensare cultura, non è affatto pretenzioso ma molto genuino, semplice, quasi dolce nel suo proporsi. Los Cronocrimenes è un mix perfetto tra il rivivere il passato e il conoscere il futuro. Io preferisco semplicemente esser qui adesso. Hic et nunc.
Mi ricordo un bellissimo racconto di Stephen King in cui si descriveva l'Inferno come ripetitività. Ripetere la stessa azione più e più volte, rivivere gli stessi momenti ad libitum. Ricordo poi che anche nel grandissimo In the mouth of madness vivevamo una scena simile. In effetti compiere azioni già compiute, saper in anticipo quello che sta per accaderci è davvero orribile, infernale, come un deja vu (quasi sempre fulmineo) prolungato e ripetuto. Nell'ottimo Cronocrimenes tutto ciò è abbinato mirabilmente a concetti scientifici e ai famiferati viaggi temporali e per un devoto lostiano come me tutto ciò è assolutamente fantastico. Lo spunto geniale del film, forse dovuto a budget o semplicemente deciso a tavolino, è limitare il viaggio nel tempo a sole 2 ore e lo spazio a pochi km quadrati. Non ci sono altre epoche, nessun altro luogo, Hector piomba in un inferno di ripetitività concentrato in pochissime ore di cui è allo stesso momento artefice e vittima. C'è un senso di ineluttabile, di immodificabile. Ogni azione atta a cambiare quello che è successo non è altro che l'azione che, al contrario, ha portato proprio a quello,come nel capolavoro di Abrams. E' l'esatto opposto di film tipo "The butterfly effect" nel quale ogni piccola modifica nel passato portava ad un diverso futuro. Qui non ci sono vati scenari, non c'è una nozione di tempo definita, qui vari piani temporali, varie coincidenze, vari comportamenti portano un unico accadimento. C'è una specie di orrore kafkiano in tutto ciò, un orrore cerebrale, quell'orrore personale e non condiviso che vaga sui binari del grottesco, del surreale. Come nei capolavori dello scrittore ceco, Hector vive un inferno intimo che non ha contorni definiti, al tempo stesso mentale ed oggettivo, che mette disagio, che fa impazzire, di cui non si vede la fine. Straordinaria la figura dello scienziato (interpretato dal regista) perchè più va avanti il film più capiamo che da burattinaio (quale noi pensavamo), è al contrario un burattino, OGNI SUA SINGOLA AZIONE era stata imposta da un diverso Hector. Questa è l'assurdità: Hector, malgrado tutta la struttura faccia propendere al contrario, è del tutto artefice del proprio destino, seppur in modo non propriamente consapevole. E nell'ottimo finale rimane il dubbio se il processo si sia fermato (calcoli e schemini di John Locke- mio fratello, non il mitico- dimostrano di sì, ma anch'io in modo molto più immediato propendo per questa ipotesi, vedi risposte alla recensione) oppure al tutto non ci sarà mai una fine. Los Cronocrimenes mi ricorda molto i contadini toscani, grezzi ma dispensatori di cultura. La fotografia è scadente, la regia anni 60 (addirittura zoom indietro...) tanto da sembrare di trovarci, luoghi compresi, in una puntata de Il Prigioniero. Ma come i contadini toscani che sanno a memoria La Commedia, il film possiede la stessa umiltà nel dispensare cultura, non è affatto pretenzioso ma molto genuino, semplice, quasi dolce nel suo proporsi. Los Cronocrimenes è un mix perfetto tra il rivivere il passato e il conoscere il futuro. Io preferisco semplicemente esser qui adesso. Hic et nunc.
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