Luca di Tolve diffama (ancora?)…

Da Alby87

Oggi, invece delle solite discussioni sui massimi sistemi, scendiamo all’estremo opposto; invece di discutere degli aspetti grandi e profondi dell’animo umano, ci caleremo nelle sue manifestazioni più basse ed insignificanti, ne osserveremo la profonda decadenza. Perché purtroppo l’uomo può giungere a estremi di grandezza, ma anche rivelarsi estremamente meschino.

E la meschinità è stata scelta come stile di vita da Luca di Tolve. Che si presenta in questo articolo:

http://www.ilgiornale.it/interni/ero_gay_ora_ho_moglie_il_professor_veronesi_non_sa_che_sta_parlando/24-07-2011/articolo-id=536542-page=0-comments=1

Ovviamente, dal Giornale. Ragazzi, la disinformazione non si improvvisa, richiede anni di studio.

Ora, in realtà di Luca di Tolve come persona ci interessa poco. Egli nelle sue parole era, prima della conversione, un essere di quelli che io guardo con espressione disgustata, oppure che guardo con aria desiderosa che si trasforma in disgusto però subito dopo che aprono bocca. Dopo la conversione, è riuscito a peggiorare, scendendo nella mia visione del mondo ad abissi di disistima che non conoscono in effetti alcun autentico paragone. In questo senso, il Di Tolve è l’emblema della persona di cui non perderei neanche tempo a parlare, tale ne è il disprezzo. E in effetti, se so della sua esistenza, è solo perché sono omosessuale; non mi risulta che egli sia famoso al di là del fatto di essere un autoproclamato “gay guarito”, e direi che dovrebbe ringraziare le contestazioni di Arcigay, che a parte le strimpellate di Povia sono l’unica cosa che gli ha permesso di avere il suo nome sulla bocca di qualche semplice.

No, del Di Tolve non mi interessa, e credo non interessi a nessuno se non a qualche omofobo represso. Dunque possiamo anche prendere per buona la sua storia di una vita patetica diventata in seguito ancora più patetica. Dopotutto lo studio di Spitzer sembra indicare che la cosiddetta conversione da gay ad etero potrebbe essere possibile in circa un caso su diecimila, e se sono presenti sin dall’inizio pulsioni di tipo bisessuale, come sembra indicare la passione del Di Tolve per le transessuali. La sua storia personale non ci tocca minimamente, anche se vi è sicuramente un numero di ragioni per dubitare della sua veridicità (dopotutto Di Tolve mente sull’omosessualità in generale, questo è ampiamente dimostrato da studi scientifici oggettivi come da testimonianze di vita soggettive; quindi chi gli proibisce di mentire anche sulla propria omosessualità, avvezzo com’è a mentire su quella degli altri?).

Foucault diceva ne “La volontà di sapere” che i discorsi sono “blocchi tattici”, che vanno letti principalmente in virtù dei rapporti di potere che essi esprimono, rafforzano, indeboliscono. Malgrado egli stesso si sia espresso in talune circostanze in termini diversi, possiamo ritenere che l’analisi di un discorso possa essere condotta senz’altro in virtù dei suoi scopi, delle sue cause, delle sue conseguenze, prima ancora che del suo valore di verità. Ovviamente, il valore di verità ci può interessare in quanto rivelatore degli scopi del discorso. Alcune bugie del Di Tolve rivelano gli scopi sottesi al suo discorso, ad esempio. Ma quella che si farà ora è un’analisi del discorso fatta in virtù delle sue funzioni, e il valore di verità sarà tenuto in conto solo in quest’ottica.

Tanto per cominciare, il target. L’articolo è rivolto a persone eterosessuali o omosessuali, conservatrici, presumibilmente cristiane. I requisiti fondamentali che chi ha scritto si aspetta di trovare nel lettore sono due:

- Ignoranza scientifica dell’argomento.

- Assenza di qualsiasi vita sociale gay.

Se qualcuno dovesse studiare seriamente la letteratura scientifica si accorgerebbe rapidamente di come tutte quelle interpretazione pseudopsicologiche dell’omosessualità che il Di Tolve fa siano pura fantasia. E basta rifletterci un attimo per capire che se anche davvero su cento che hanno intrapreso la terapia essa avesse funzionato su dieci, questo vorrebbe dire un tasso di fallimento del 90%. Considerando poi che a rivolgersi a lui sono stati in 2000, la percentuale scende allo 0.5%. Non è un successo, è un fallimento totale.

Oltre a questo, se d’altro canto conoscesse un numero sufficiente di persone omosessuali, si accorgerebbe immediatamente che la descrizione che lui fa della vita di un omosessuale è del tutto inconsistente con la realtà. L’articolo è dunque rivolto a persone che non hanno la minima idea dell’argomento, e serve a generare o rafforzare in loro un pregiudizio antiomosessuale.

Dati dunque questi presupposti, l’intervista-articolo sopra può essere suddiviso approssimativamente in tre parti, tre filoni di argomentazione. Nell’ordine di comparsa:

1) Autocommiserazione e commiserazione del personaggio costruito

2) Analisi del “cambiamento” e del suo valore positivo

3) Generalizzazione

I tre filoni discorsivi compaiono in quest’ordine solo approssimativamente, in realtà si sovrappongono e contaminano e disordinano a vicenda. Il lettore alla fine avrà l’impressione di trovarsi di fronte ad un quadro unitario, senza accorgersi in effetti che si tratta di una struttura deliberatamente costruita per dare quell’impressione, in cui tutti i passaggi fra una parte e l’altra sono solo sottesi.

Nella fase di autocommiserazione, si cerca di far apparire il personaggio come un “perseguitato” da omosessuali cattivi che gli vanno contro senza motivo. Questa fase è posta all’inizio per una ben precisa ragione retorica, e cioè che se fosse posta alla fine, egli non apparirebbe affatto come un perseguitato. Luca Di Tolve ha fatto di tutto per diventare un personaggio pubblico. Nella misura in cui c’è riuscito, come tutti i personaggi pubblici, è oggetto di contestazioni, in alcuni casi molto pesanti. Fin quando non vi sia violenza, la contestazione è un fatto del tutto fisiologico. Inoltre, ci si accorge facilmente che le contestazioni ricevute d questo tipo sono assolutamente nulla in confronto a quello che lui dice degli omosessuali. Ci descrive tutti come dei nevrotici malati di mente sessuomani ossessivo compulsivi. Dargli del furbastro a libro paga del Vaticano è NIENTE al confronto. Ovviamente lui è una persona solida, reale, mentre il gay rischia di sembrare una categoria evanescente, dunque la risposta del movimento gay al Tolve appare come un attacco personale, magari “ingiustificato”. Ma in realtà le parole del nostro ex-gay sono un violento attacco personale ad ogni singolo omosessuale del pianeta, e la risposta delle associazioni è fin troppo moderata. Luca Di Tolve non è perseguitato da nessuno. E’ sicuramente pesantemente contestato da tutti coloro che lui insulta pesantemente. E se lui non vuole contestazioni pubbliche, farebbe bene a smetterla di cercare di apparire su tutti i quotidiani del paese per sparare a zero contro il movimento gay. Ma a chi importerebbe di lui, se non lo facesse?

La seconda fase consiste nel presentare il personaggio in modo maggiormente approfondito, sempre con le sue testimonianze. L’immagine che emerge è fortemente patetica, e uso questo termine nel senso peggiore. Ho già specificato i motivi per cui ai miei occhi Luca Di Tolve è caduto nel tempo tanto in basso da perdere la stessa dignità umana, e sì che non partiva da molto in alto.

personalmente, ritengo un fallito chiunque fondi tutta la propria esistenza sul denaro e sul sesso occasionale. Ritengo che il Di Tolve di un tempo fosse personalmente un fallito, e lui stesso ammette di essersi sempre sentito tale. Ma non certo perché era gay, questo dovrebbe essere chiaro… Ci sono molte donne che si guadagnano da vivere facendo le prostitute d’alto bordo (una certa Rubacuori dovrebbe risultarci familiare). Nessuno pensa che se fossero lesbiche sarebbe peggio. Una prostituta è sempre una prostituta. Una ninfomane o un sessuomane sono sempre ninfomani e sessuomani, indipendentemente dall’orientamento sessuale. Ancora, perché dovrebbe interessarci questa particolare testimonianza di un prostituto redento? Perché la redenzione è avvenuta tramite la gazzetta dello sport e l’interesse per il calcio? (Fra parentesi, se per ottenere un qualsiasi miglioramento della mia vita la condizione dovesse essere farmi piacere il calcio, piuttosto rimarrei per sempre imbottito di antidepressivi. Meglio essere infelici come se stessi, che felici come qualcun altro).

Il che ci porta alla parte più importante: la generalizzazione. Di Tolve non sta solo raccontando la propria storia, altrimenti lo ignoreremmo bellamente. Lui pretende che la sua personale storia di fallimenti, nevrosi, malattia e, diciamolo, comportamenti piuttosto ridicoli, sia applicabile a tutti gli omosessuali. Se uno di voi conosce degli omosessuali a parte me, si rende immediatamente conto di quanto ciò sia ridicolo. Posso fare l’esempio personale? Ma sì… in sei anni ho avuto in totale forse otto partner sessuali. Un solo rapporto completo. Con uno di questi due partner ho avuto una relazione, gli altri sono stati incontri occasionali. Potremmo dire che ho in media un rapporto sessuale a trimestre. Frequento locali, ma sarò strambo io, nei locali dove vado non ho mai visto dark room. in uno di essi so per certo che non ci sono dark room. Negli altri esistono luoghi in cui convenzionalmente si ritrovano quelli che sono in cerca di sesso facile, ma personalmente non ci sono mai entrato e quelli che conosco che ci sono stati in effetti alla fine non ci hanno fatto niente. Ah, non sculetto sul cubo, e non mi prostituisco. Se consideriamo tutte le mie conoscenze gay arriviamo senz’altro alla cinquantina, e non conosco nessuno di essi che si prostituisca. Di Tolve dice che nel “mondo gay” (questo fantomatico universo parallelo dove le leggi della fisica si sovvertono) la prostituzione è cosa comune. Comune quanto? Parrebbe di sicuro meno del due percento. Sarebbe interessante vedere quanto è diffusa la prostituzione fra le donne etero per un confronto, ma resta il fatto che l’1% è una percentuale bassissima, uno su cento non è “comune”. Se incontro un omosessuale, non posso certo aspettarmi che solo per questo abbia maggiori possibilità di essere un escort.

Non c’è dubbio, direi, che l’esperienza personale del Di Tolve sia quella di un fallimento su tutta la linea. Pensa di essere in salvo adesso che grazie al miracolo (o forse agli antiretrovirali) la carica virale di HIV si è abbassata (ma questo non annulla certo i rischi di contagio), ma la sua vita è sempre e comunque un fallimento. Personalmente mi ucciderei piuttosto che ridurmi in quel modo. Ma tentare di applicarla all’omosessuale in quanto tale è semplicemente folle. Il punto è capire le strategie che vengono messe in atto dagli strumenti di propaganda come lui per comunicare, perché la comunicazione è tutto.

Chi legge la sua storia ed è a digiuno dei fatti concluderà questo:

gli omosessuali sono malati, hanno in media due partner sessuali a settimana, hanno l’HIV, partecipano a naked party, orge, festini, sono ricchi ed eleganti, soprattutto grazie al fatto che si prostituiscono, sculettano sui cubi, e in più perseguitano senza alcun motivo un innocente per pura malvagità personale. Ma se solo lo volessero potrebbero diventare felicissimi etero miracolati leggendo la gazzetta dello sport è facendo un lavoro virile.

Se uno mi racconta che la sua vita è stata questa, a me fa tanto pena, ma di sicuro non mi salta in mente di imitarlo né di trarne una regola generale. Luca Di Tolve si presenta come una specie di rappresentante universale dei gay, ma è la stessa cosa che se si presentasse Cicciolina come rappresentante universale delle donne. Chiunque abbia un minimo di esperienza della realtà delle cose non può che ridacchiare di fronte ad una simile pretesa. Ma la maggior parte della popolazione purtroppo non ce l’ha…

Ma attenzione, vorrei fare notare un altro punto importante: le conseguenze di aver instillato le convinzioni di cui sopra in un eterosessuale sono molto gravi. Ma ancora più gravi sono le conseguenze dell’averle instillate in un omosessuale. Se convinci qualcuno che, per quello che è, può sperare soltanto di essere un prostituto drogato con l’HIV, crei in lui un senso di disperazione e di disprezzo per se stesso che ha conseguenze psicologiche devastanti. Tali conseguenze, per un bel po’, me le sono portate dietro anche io, che per un bel periodo fui effettivamente convinto di buona parte delle assurdità di cui sopra (ovviamente finché non ho conosciuto PER DAVVERO delle persone gay. Nemmeno io sono perfetto, ho fatto i miei errori…). Dunque so perfettamente quanto male possono fare personaggi come il Di Tolve. Direi, personalmente, che si meriterebbero un po’ di persecuzione… Ma che gli puoi augurare di peggio rispetto a quello che già hanno scelto per sé stessi?

Direi che si tratta dei danni del benessere… Non possiamo allenare la nostra dignità e il nostro orgoglio senza un avversario. Forse, semplicemente, certa gente da piccola non ha sofferto abbastanza.

“… la tua individualità ed il tuo attuale bisogno trascineranno via il cambiamento, e ciò che tu ora desideri ardentemente si trasformerà un giorno nell’oggetto del tuo terrore.”

(F. Schiller)



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