Lucy, drogarsi fa bene, lo dice Besson.

Creato il 06 ottobre 2014 da Irene_snapi @irene_snapi

Il nuovo film di Besson è un brodolone metafisico-urban-fantasy come il suo stile ci ha abituati, rientra in effetti nella sua lista di super-donne, dopo Nikita e Liloo de Il Quinto Elemento, questa Lucy/Scarlett, studentessa rocker che per colpa di fidanzato con le mani un po’ troppo in pasta si ritrova suo malgrado con della droga nello stomaco che riesce a farle acquisire il dominio sul 100% della propria materia cerebrale.

Certamente il film visto con gli occhi della scienza ha delle forti inclinazioni sul versante trash, a partire dagli effetti speciali prima alla Matrix (la Johansson dopo la prima botta inizia a camminare sui muri) e poi alla Godzilla (emette raggi di luce dalla bocca, non riesco a pensare ad altro che al lucertolone); visto con gli occhi di chi guarda lo schermo e ci si incanta dentro, però, il film ha i suoi bei lati positivi. In primis, non ci si annoia. Non è cosa da poco: Besson fa bene il suo lavoro e anche se la sceneggiatura, già mezza scopiazzata da Limitless di Neil Burger con Mr. Bradley Cooper, prende qualche piega infelice di quando in quando, tra passaggi un po’ forzati e dinamiche un tantinello ripetitive, come l’alternarsi dello spettacolo-Lucy alle lezioni di anatomia cerebrale del Morgan Freeman Science Show (come non credergli dopo tutto quel lavoro a Discovery Channel – lo preferivo quasi quando si spacciava per Dio…).

Come al solito Besson mette quintali di carne al fuoco senza poi riuscire troppo a concludere, colpa anche di alcuni personaggi-fronzolo di troppo (il poliziotto: aiutatemi a capirne l’utilità) che non aiutano a focalizzare l’attenzione sulle scene-madri, tipo quella del computer organico che resta quasi un grande interrogativo a causa delle tamarre sparatorie franco-coreane (approposito, il cattivone è interpretato da Choi Min-sik, il fu l’Oldboy di Park Chan-wook) fuori dalle porte della Sorbonne, che l’hanno fatto tanto assomigliare alla roba stile Dan Brown, Codice Da Vinci e giù di lì.

Il fatto che il film sia un poutpourri ce lo fanno intuire anche le citazioni che ho già utilizzato: si va dalla fantascienza d’intrattenimento mostruoso, a quella più colta ma sempre popolare, fino a arrivare a strizzare un occhio al Kubrick di 2001 per la scena con la scimmiona Lucy e le allucinanti sequenze finali e il Malick del parimente metafisico Tree of Life per quella coi dinosauri e la creazione del Cosmo.

Questa pretenziosità lo rende almeno più antipatico del Quinto Elemento, che pure aveva molti più elementi positivi rispetto a questo, anche se gli gravavano addosso i limiti tecnologici della grafica computerizzata, e pure avendo pretese universalistiche non tendeva a fornire risposte assolute per domande assolute.

E’ per questo che mi voglio limitare a una lettura superficiale del film, la più superficiale che si possa fare: per capire il mondo, we need drugs. Lo dice Besson, ci sarà da fidarsi?


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