Come mai questo silenzio
dopo i ruggiti e i traffici notturni
il tempo cosi carico fermato
alla periferia del giomo
Sarò io a immergere per primo
il cucchiaio nel vuoto e deglutire
E' il momento instabile nel quale
filano zucchero nelle miniere
in cielo esplodono fasce di raso
Una rete di lampi intanto
si sta annodando attomo
ognuno isola muta
la parola trattenuta da una fionda
come aereo di carta 0 tuono
La stuoia di granturco stesa
senza ostacoli fino all’orizzonte
Corre l’estate d’ombre
uniformi sull’unica pianura
Vietati miraggi le illusioni
eppure non cancellano speranza
di avvistare finalmente dalle rogge
scintillante improvviso un parabrezza
Implorano un motore
scagliato nella quiete
prevalere su oche e cicale
Da un margine invisibile
per la luce assoluta di giugno
si sgretola l’attesa in abbandono
Resterà vigile di guardia nella gola
il grido di saluto alla catena
pronto allo scatto ad altri azrivi
Anche contando foglia a foglia
ogni filare sull’aia ad essiccare
ciò che si attende invano
non matura interessi e non si estingue
Te lo lascio vicino uno spicchio
alla volta diceva uscendo
carica di sporte e dispiacere
Voci custodi di orchestre
e notiziari alla radio
mentre la sveglia segna
spicchi di tempo e li racconta
Fuori pare notte fonda
trapunta da clacson e finte stelle
finché precipita il ritardo
accumulato i fiori si rovesciano
dalle pareti al cuscino
A fronte calda allaga
sicura solitudine
Niente paura passeranno
porzioni di male e mandarino
oltre lo stipite della sera
nuovo agrodolce altro abbandono
la scansione delle convalescenze
L’ora che s’inabissa ruota gli occhi
dal provvisorio dormiveglia
al giro di lancette di domani
Tutti i cortili annunciano la sera
le porte aperte alle ringhiere
Vortica misto a voci
e stoviglie il flschio
del padre fiato tra gradini
musica della lontananza
Sopravvive la canzone alla fatica
l'usignolo reduce senza festa
né batticuore al saluto
Se il figlio non ammette somiglianza
o si sottrae alla competizione
l'eredità si scosta in un angolo blindata
Ho scolpito da solo le mie pieghe e curve
tramando nostra patemita negata
Così quell’aria il fischio che la modula
si avvicina a scomparire come un treno
lampeggiante in transito
una missione altrove
Si dilegua il popolo invisibile
l’andirivieni il regno degli oggetti
cancellate la fruttiera e il cherosene
Un turbine dal ballatoio
li ha trascinati in altro vento
con il quartiere e la pianura, tutto
trasfigurato in una nebulosa
simmetrica al terrestre
Sono cosi vulnerabili gli eventi
rispetto alla parola che li avvolge
e sfida risalendo la corrente
Il luogo resta nudo a contenere
ogni fenomeno, in ogni tempo
la camera chiara dove scorriamo
le pareti o messi agli angoli
rincorsi e morsi dall’ossessione
E la parola che rianima lo spazio
fa la ronda tra la scatola bianca
e le stelle parallele inchioda
l’agosto del sessanta, l’eternità
Onde d’azzurro e riverberi
accolgono come in paradiso
il fiato spezzato dalle scale
voci e muscoli dall’acqua
Spiarti scomparire riaffiorare
il velo alzato di umido e sudore
spinge il respiro in pieno corpo
La prima volta nudo e senza colpa
ogni bracciata intreccia il ritmo
dei tuoi fianchi all’estasi che monta
Tuffandomi cadrei
sgraziato come un sasso al fondo
l’amplesso segreto annegato
Ecco la fonte dell’iniziazione
bagnarti con lo sguardo e battezzarti
issa l'orgoglio su ogni impurità
Sai che ci sono, dilago
dalle tribune al fondale
ogni vasca compiuta
ti fa mio piu di qualsiasi anello
E' il mare e noi ci nuoteremo
S’insabbiano anche le più sofferte
statue dell’amore
compressa l’estasi
memoria di pochi nomi e gesti
Eppure resta sacra
la pietra lavica tutti fermati
nel salto della fuga ancora
sognami colti in rapimento
palmi che respingono o chi ci adora
Da fossili ritomano
mercanti e benefattori
perfino chi si era perduto
circola nel minerale
il sangue della grazia i fallimenti
Palpitano braci e fumo
su nottumo mare
la prima meraviglia a illudere,
quella potenza breve
Scrisse ti amo al vetro appannato
mentre la pioggia fuori
ci scolpiva in pietra
di puro fiato e baci
Si raccontava ancora la storia
E il cibo perduto, una fuga, un’ideale
prima delle battaglie in miniatura
la replica delle monete e degli oggetti
Noi dalla strada o dalle antenne
la cronaca ribelle, il divenire
Benedetti settanta
La tua utopia prendeva il largo
bandito gentile, la sfida
che sulla regola vinca l’eccezione
una nuova specie in convivenza
Possiamo conservare la memoria
il parco e la fontana nella neve
Venezia che protegge i baci
ma il ritratto grida la distanza
resta avvitato al tempo
Ogni evento cede al suo presente
lo splendore negli occhi, l’euforia
sfrecciano luci nella nebbia
Restano sogni domestici, nulla
da narrare, e il tarlo nella mente
Tu perduto e chiamato mille volte
da un archivio, l’utopia ormeggiata
Quando di silenzio si accumula
un granaio comincia ad animarsi
la materia tacituma in nuove forme
creste e dune scolpite
da un corpo che si gira in sonno
Ma la voce nega ancora
suono ai segreti
Nuovo silenzio
in righe e colonne a diramarsi
muove ostinato la sua elica,
spinge la porta girevole
Il magazzino chiuso aperto,
i quaderni sfogliati dal vento
Molto meglio di una giostra
di una trottola i juke-box
esplodono nei bar fino ai biliardi
l’eco a rotolare nelle buche
ripetere canzoni come favole
Felicità gettone rivelata
replica al flipper io ti batterò
ti ballerò davanti e accenderai per me
tutte le tue luci e i campanelli
Brilla una giungla una tigre sul vetro
s’iIlumina la notte americana
a spalancare gli occhi dei ragazzi
Non basta più spiare carte
ronzando attomo al tavolo da gioco
la stessa scala risplenderà reale
al nostro tocco e squilla dagli specchi
In cerchio s’inseguono le musiche
e i sandali danzanti, la favola
tutta in luce e suono liberata
L’origine invisibile dell’ombra
risiede altrove
oltre il telo dietro cui le mani
disegnano nell’aria l’universo
L’ombra mutante
pietriflca in asfalto, si sgrana
in sabbia o si scolora
ma la causa persiste ostinata
Come carovana buia
attraversa il paese delle luci
Appena scocca il segno e appare
se non il colpo il livido fantasma
rientra il carro rapido alla sede
Mentre tu incantato ammiri
le ali che attraversano la stanza
Slittano nuvole luce riflessa
pellicola su mare e costa
Scorrono lunghe le tue ombre
arretrano veli sipari di cielo
in cielo più oscuro e silenzio
L’eco risponde divergente
rallenta il suono che si posa
orma alle nuvole in viaggio
Come sono lunghe le ombre
che ti annunciano, frenano loro
se acceleri fra nostalgia d’infanz1a
e corpo che si schiude al mondo
Ti seguono leggeri ormeggi
se ti avvicini non le guidi
ti risospingono lontano
Luigi Cannillo - Cielo privato - Ed. Joker 2005
In questo libro dunque la vita si svela essere un impasto di memoria, sogni e desiderio poiché Cielo privato interroga l’enigma del tempo, il suo appartenerci e sfuggirci: la paradossale “presenza dell’assente” che segna il vivere. E' infatti il presente in questi versi sola confluenza di ogni altro tempo e, per questo, cio che é stato assume senso proprio nell’essere rivissuto e “battezzato” dalla poesia che ne ridisegna i contomi: "E' la parola che richiama Io spazio /fa la ronda tra la scatola bianca / e le stelle parallele inchioda / l’agosto del sessanta, l’eternità" (...) Il paradosso che segna la nostra vicenda vissuta è espresso dal titolo stesso del libro che é un ossimoro. Il "cielo" per il poeta è infatti "privato": privato in quanto ha in sé i segni della vita singola - è nelle stelle, si dice, che é inscritto il nostro destino - ma allo stesso tempo il cielo é di tutti. In esso vi è sia la traccia del passaggio del singolo sia il disegno complessivo del passato, che ci appare però estraneo e inspiegabile, Il cielo è privato per il poeta anche nel senso di “mancante”: sono assenti in esso i segni, poiche l’orizzonte di senso si realizza solo nella presenza dentro di noi del tempo vissuto ed é, dunque, solo nella “piega del reale”, riflesso concavo del cielo stesso, che la parola di poesia può tentare di sfiorame l’enigma. (...) La visione in Cielo privato non à mai un ripiegarsi interiore, né un guardare per rappresentare, ma è un penetrate il mondo per scorgervi la legge interna che lo disegna e ci disegna pur sfuggendoci sempre: "La natura ha un disegno evidente / fingendosi fragile affondare la spina / offrendosi armata all ’aggressore", scrive il poeta. (...) l’autore scorge una sorta di “contromovimento” che c’è nelle cose e afferra un moto invisibile dentro il visibile, come in [certe] scene d’infanzia. (...) In Cielo privato vi é una grande mobilità emotiva dell’Io: Cannillo si concede slanci di tenerezza, pause di respiro pacificato e tensioni vibranti nel desiderio e nella gioia, per cui troviamo, a volte anche nello stesso testo, sia versi di lucida consapevolezza che si fanno epigrammatici, asciutti, sia altri lirici, e la parola si fa allora affettuosa adesione al vissuto nella tenerezza per l’attimo di gioia o per la debolezza nell’errore.
(dalla prefazione di Gabriela Fantato)
Luigi Cannillo è nato e vive a Milano. Lavora come insegnante di lingua e letteratura tedesca. Ha pubblicato le raccolte di poesia Transistor (TS, Novara 1986), Volo simulato (Campanotto, Udine 1993) Sesto senso, (Campanotto, Udine 1999) e Cielo Privato (Ed. Joker, 2005); inoltre le plaquettes di Cieli di Roma, LietoColle, Faloppio (Co), 2006 e L’ordine della madre, Amici del Libro d’Artista, Seregno, 2008. Singole poesie sono state pubblicate su numerose riviste, fra cui Millepiani, Manocomete, Il segnale, La mosca di Milano, Il Monte Analogo. È presente, antologizzato come poeta o con interventi critici, in antologie e raccolte di saggi. Ha collaborato alla redazione dell’Annuario Crocetti 2000 e di Sotto la Superficie – Letture di poeti italiani contemporanei, Bocca Ed., Milano, 2004 e ha curato con Gabriela Fantato La biblioteca delle voci – Interviste a 25 poeti italiani (Joker Ed, Novi Ligure, 2006) e inoltre le antologie di poesia e prosa giovanile della Rassegna “M. Incerti: ”Battiti d’alfabeto (Ed. dell’Ambrosino, Milano, 1999) e Il Cerchio e la Conchiglia, Le Voci della Luna, Sasso Marconi (Bo), 2008. Ha curato inoltre l’Antologia Il corpo segreto – Corpo ed Eros nella poesia maschile, LietoColle, Faloppio(Co), 2008.