Sono immagini vuote, davvero, se non stai attento non ci vedi proprio niente. Nebbia, orizzonti, strade pronte a zoppicare verso un lontano infinito e nulla più. Qualche volta, sparute, si affacciano delle cose, subito pronte a dissolversi rapidamente.
Luigi Ghirri, fotografo italiano tra i più apprezzati all’estero - leggermente dimenticato in Italia e forse appena riscoperto - di tutto questo ne ha fatto invece fotografia. L’idea era quella di non descrivere un mondo attraverso stati di cose, ma di lasciare che questi, attraverso l’obiettivo, si impregnassero lentamente di esperienza.
Difficile a scriverlo, figuriamoci a metterci su una poetica fotografica.
Si potrebbe pensare a delle fotografie tristi. Tutt’altro. Quelle foto abitano tra il pensiero e l’azione, come una musica. Finisce allora che ne vuoi sempre più, perché ne hai capito lo sforzo, afferrato la tensione.
E allora ti ritrovi lì a sfogliare fotografie, come un bambino gioca con il profilo delle nuvole.
“LuigiGhirri. Pensare per immagini. Icone, paesaggi, architetture” in mostra al MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma dal 24 aprile al 27 ottobre 2013.
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