Luigi Orsino è un imprenditore coraggio. Uno tosto, che ha rischiato tante volte la vita con la sua famiglia.
Mi ha mandato una sintesi della sua storia, che è diventata un libro, pubblicato di recente dalle Edizioni A&A, dal titolo: “La carezza del male”.
Ve la propongo qui di seguito
“La nostra attività imprenditoriale - mia e di mia moglie Giuseppina Esposito – inizia nel 1979. All’epoca eravamo studenti e decidemmo di aprire un piccolo negozio di mobili a Portici (Na).
Nel tempo la nostra attività si ingrandì e arrivammo a possedere due aziende, una ditta individuale ed una S.r.l. Eravamo proprietari di tre negozi di abbigliamento a Portici, di un grosso negozio di arredamenti sempre a Portici e di un negozio molto più grande di arredamenti a Sant’Anastasia. Ovviamente avevamo molti dipendenti ed eravamo divenuti benestanti.
Ad un certo punto entrammo nelle mire del clan Vollaro, che pretese cifre sempre più consistenti per farci lavorare in pace. Ad ogni nostra resistenza corrispondevano minacce, atti intimidatori e attentati.
L’esosità degli estorsori ci costrinse a ricorrere all’aiuto finanziario di una persona, che credevamo essere nostra amica e con cui effettivamente intrattenevamo rapporti di amicizia. Tale individuo si offrì di prestarci il denaro per poter tacitare le richieste estorsive dei camorristi. In seguito questa persona, noto professionista napoletano, si rivelò un avido usuraio, complice di altri.
In seguito capimmo che si trattava di un personaggio molto pericoloso ed aggressivo, che arrivò a minacciarci con una pistola ed a vantarsi di avere stretti legami con il feroce clan camorristico dei Vollaro.
Quest’individuo iniziò a pretendere interessi che, fatti i dovuti calcoli e grazie ad un perverso meccanismo, arrivavano al 400%.
Quando non riuscii ad onorare i prestiti, sempre questo viscido personaggio si appropriò con minacce ed atti violenti delle mie proprietà di Ercolano e Roccaraso. Una vera e propria estorsione. Usò violenza per vincere la mia riottosità.
L’eccessiva avidità dei camorristi e del loro affiliato, e forse una sopravvalutazione delle mie disponibilità finanziarie, causarono il tracollo economico delle mie aziende ed il conseguente fallimento.
Ovviamente tutti i miei beni furono pignorati a favore dei creditori, tra i quali si erano infilati anche gli usurai.
Il Giudice delle esecuzioni immobiliari del Tribunale di Nola si rifiutò di voler considerare il caso nel suo insieme e ritenne che non era sua competenza valutare i risvolti penali della faccenda. Intanto avevo denunciato il tutto alla Procura della Repubblica. Il giudice equiparava il mio caso ad un fallimento doloso. Eppure era sempre stato considerato un fallimento semplice non fraudolento.
E’ pur vero che il giudice è tenuto a salvaguardare i diritti dei creditori, ma è altrettanto vero che egli è tenuto a verificare la validità dei crediti vantati. Tra i miei creditori vi sono usurai e banche, che si sono comportate come strozzini e continuano a farlo oggi. Le banche hanno commesso atti illegali, dimostrati, ma su cui il Giudice civile non ha mai indagato. Il Giudice dell’esecuzione si è limitato a dichiararsi incompetente a ripartire tra i creditori il ricavato delle vendita all’asta dei miei beni, tra i quali c’era la casa in cui abitavo con la famiglia.
Veniamo al risvolto penale della vicenda. Nel 2004 io e mia moglie presentammo denuncia alla Procura della Repubblica contro usurai ed estorsori. Tale denuncia, su consiglio di un giovane legale, tracciava per grandi linee la vicenda. Ci aspettavamo di essere convocati da un magistrato per poter scendere nei particolari, ma la denuncia fu presentata alla Procura e non alle locali forze dell’ordine, perché negli anni precedenti si erano verificati episodi di collusione fra tali organismi e la malavita organizzata. Ascoltati dai Carabinieri di San Sebastiano rendemmo una deposizione dettagliata dei fatti riguardanti l’usura, ma fummo più vaghi sugli estorsori.
Dal 2004 al 2010 ci hanno ascoltato solo due volte i carabinieri. Mai un giudice. La procedura è stata divisa in due tronconi: uno per l’usura ed uno per l’estorsione, nonostante noi avessimo dimostrato che i reati erano contigui e perpetrati da personaggi in complicità tra loro.
A giugno del 2010 il Giudice, che si occupava delle indagini sull’usura, ha archiviato la procedura senza neanche avvertirci, privandoci del nostro diritto di fare opposizione. Non abbiamo potuto accedere ai fondi di solidarietà destinati alle vittime di camorra. Il Giudice in cinque anni non ha fatto indagini, ma ha tenuto la pratica a raccogliere polvere. Abbiamo dovuto sopportare anche la strana motivazione dell’archiviazione. A sentire loro non eravamo credibili in quanto esistevano rapporti antecedenti con gli usurai. Una grande beffa. Tali rapporti li avevamo già riferiti noi nella nostra denuncia, specificandone la natura e furono proprio tali rapporti a far conoscere agli usurai la nostra florida situazione finanziaria.
Ancora maggiormente inspiegabile è l’archiviazione della procedura contro gli usurai, se si considera il fatto che abbiamo prodotto prove non solo testimoniali, ma anche documentali incisive e verificabili.
Anche per la procedura contro gli estorsori è stata proposta l’archiviazione, con motivazioni assolutamente pretestuose. Contro entrambe le archiviazioni abbiamo presentato richiesta di revisione e opposizione.
Nel frattempo tutti i miei beni sono stati venduti forzosamente dal Tribunale. La casa in cui abitavamo è stata venduta il 13 novembre 2009. L’Ufficiale giudiziario, con l’appoggio della forza pubblica, mi voleva gettare per strada. Solo le mie precarie condizioni di salute e l’intervento del Sindaco del mio comune di residenza (San Sebastiano al Vesuvio, Napoli) lo hanno costretto a rinviare.
Nessuno mi ha mai spiegato come possiamo sopravvivere senza più una casa, un lavoro, nell’indigenza più assoluta. Io, poi, gravemente cardiopatico, con tre by-pass, e mia moglie malata.
Tutti gli sforzi fatti in questi anni per rientrare nel tessuto produttivo sono stati vanificati dall’aggressività dei criminali, che mi hanno perseguitato e continuano a farlo ancor oggi.
Nel tempo abbiamo subito minacce, intimidazioni ed attentati di ogni genere: spari contro i nostri esercizi, furti di automezzi carichi di merce, spari conto la mia casa e la mia vettura, furti negli esercizi, rapimento di mio figlio – durato pochi minuti per fortuna. Mia moglie è stata spinta con la sua auto fuoristrada. Siamo stati percossi tante volte Hanno ucciso il nostro cane a colpi d’arma da fuoco. E ultimi in ordine di tempo atti vandalici contro la mia vettura (settembre 2010), un ordigno incendiario gettato nel cortile di casa (07/12/2010), che ha causato un principio d’incendio da me domato con un estintore. Dopo sono intervenuti i Carabinieri. Il 3 gennaio 2011 un messaggio anonimo contenente una minaccia, scritto su un biglietto d’auguri, è stato lasciato nella buca delle lettere. Il 17 gennaio 2011 un individuo introdottosi nel giardino di casa ha aggredito mia moglie,verso le 19, picchiandola e poi spingendola per le scale interne al giardino. Evidentemente i malavitosi vogliono mantenere costante la pressione su di noi e rincarano la dose.
Il 21 marzo 2011 qualcuno ha tentato di strangolare mia moglie.
Lo stato economico attuale è disastroso.
Siamo sottoposti a protezione di tipo 4, cioè i Carabinieri della locale caserma passano più volte al giorno a controllare che non vi siano pericoli incombenti.
Il 23 novembre 2011 l’ufficiale giudiziario accompagnato da un buon numero di poliziotti, con l’ambulanza pronta in caso di mio infarto, era pronto a buttarmi per strada con la famiglia.
Se fossi stato il boss Provenzano forse mi avrebbero trattato meglio. E’ molto facile fare i forti con i deboli.
In extremis arriva una delibera del Comune di San Sebastiano che, integrando un piccolo contributo provinciale con un altro piccolo obolo, ha messo a nostra disposizione una modesta cifra. Tale cifra è servita per fittare una casa, effettuare il trasloco, allacciare le utenze e quanto altro è stato necessario per abbandonare la casa il 10 gennaio 2012.
Non è certo una vittoria. Sono stato costretto a lasciare la casa che mi era costata tanti sacrifici e tanti anni di duro di lavoro. Una immensa umiliazione anche per la mia famiglia. Mia moglie lavorava con me e mio figlio è cresciuto nell’azienda, fin dai primi mesi di vita. Tutto perso, tutto finito. Se solo avessero considerato che con le nostre denunce abbiamo indicato personaggi occulti che agivano all’ombra della camorra forse non ci avrebbero umiliato come hanno fatto. L’elemosina che ci è stata fatta, e di cui siamo grati, è anch’essa un’umiliazione, perché in quanto vittime avremmo avuto diritto ad accedere ai fondi di solidarietà come stabilisce la legge 44/99. Almeno avremmo sentito la vicinanza dello Stato e non il dolore di dover chiedere la carità. Avremmo anche potuto ritornare a produrre reddito, rientrando nel tessuto produttivo. Ora, senza un lavoro come potrò pagare la pigione della casa in cui mi sono dovuto trasferire?
Il 6 febbraio 2012 sono stato buttato fuori di casa dall’Ufficiale Giudiziario, con l’ausilio della forza pubblica. La mia casa è stata consegnata a coloro che l’avevano acquistata all’asta, persone, che ho scoperto, essere solo i prestanome dei delinquenti che hanno inquinato la mia vita e quella della mia famiglia. Lo Stato, dispensatore di giustizia, toglie alle vittime per dare ai carnefici.
Anche in questa piccola e umilissima abitazione in cui attualmente viviamo, in un paesino dell’Alta Irpinia, io e la mia famiglia, siamo stati raggiunti dalle minacce e dalle intimidazioni dei camorristi. Ben cinque intimidazioni, regolarmente denunciate alle forze dell’ordine, ci hanno fatto ben comprendere, se mai ce ne fosse stato bisogno, che i malavitosi non si sono dimenticati di noi e che non intendono farlo.
A questo punto dico: ci hanno tolto tanto, ma non la dignità. E il coraggio. Evidentemente”.
Luigi Orsino