Luigi Zingales a Biennale Democrazia.

Creato il 17 aprile 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online

“Gli economisti dovrebbero avere una missione civile all’interno della società.” Così  Luigi Zingales apre la conferenza il futuro del capitalismo nell’ambito della Biennale Democrazia.

L’economista italiano descrive i nostri tempi attraverso i problemi del capitalismo attuale che si riflettono nei problemi della società in un perverso intreccio.

Il suo ragionamento parte dalla constatazione del fatto che non è più possibile per le democrazie sostenere una spesa pubblica eccessiva, con la quale in passato si usava “comprare” il consenso. Ciò avviene per alcune ragioni oggettive, prima tra tutte l’invecchiamento della popolazione. In passato infatti si guardava al futuro immaginando le successive generazioni più numerose e più ricche ed era naturale pensare che sarebbero state in grado di portare sulle loro spalle un debito sempre maggiore. Con il mutamento di questa prospettiva però la politica ha perso uno strumento con il quale si assicurava il consenso e se a questo si aggiunge il fatto che un mix di tecnologia e globalizzazione hanno aumentato le disuguaglianze in tutto il mondo  non è c’è da stupirsi della nascita di molti movimenti di popolo di critica verso il sistema.

Luigi Zingales vede in questi movimenti i fallimenti e le imperfezioni del capitalismo e ne traccia una critica costruttiva. Non volendo fare riferimenti diretti all’Italia l’economista accenna ai movimenti americani  “Tea party “  e “Occupy Wall Street” che sebbene si riconoscano elementi più di destra nell’uno e più di sinistra nell’altro, protestano entrambi  contro un sistema corrotto e clientelare anche se il bersaglio del Tea Party è lo stato invadente e quello di “Occupy Wall Street” il sistema finanziario anch’esso visto come colpevole e impunito.

Il populismo, secondo Zingales,  può spingere a politiche punitive che scoraggiano gli investimenti che per essere fatti necessiterebbero delle sovvenzioni e ciò significa il fallimento del mercato.

Con uno sguardo oltreoceano il professore cita un esempio di populismo virtuoso cioè quello del Partito del Popolo le cui pressioni portarono dei notevoli miglioramenti al sistema legislativo allora in vigore negli Stati Uniti, con l’introduzione di una potente autorità antitrust i cui effetti furono la distruzione del monopolio di Rockefeller sul petrolio. La democrazia  aveva temperato e migliorato il capitalismo. Così come allora le giuste rivendicazioni popolari diedero una scossa affinchè il sistema migliorasse anche oggi è possibile immaginare un capitalismo ideale, un po’ utopico, per rimanere nel tema di quest’anno della Biennale e cercare di tendere ad esso.

Nonostante gli stati non possano più permettersi di fare debiti, spesso  le maggiori resistenza alla diminuzione della spesa pubblica sono arrivate, nei fatti, dalle lobby, grandi e piccole, dalle case farmaceutiche al problema di una università, quella italiana, disegnata più per i professori che per gli studenti, in cui : “si continua insegnare nelle università ciò che è politicamente più potente per via delle ingerenze  dei baroni, e non si insegna ciò che serve al mercato”.

La linea di pensiero di Zingales sembra essere riassumibile in poche tasse e pochi sprechi, ma molta trasparenza ed efficienza,   per un mercato migliore se se ne potesse fare uno slogan.

Si è parlato anche dell’importanza di un welfare diffuso, ma efficiente che è un sostegno al mercato si è parlato ancora di costo dell’inquinamento, di rapporti con la Cina e di tantissimi altri problemi che affliggono la nostra economia rendendo il nostro capitalismo assai lontano da quello ideale a cui si dovrebbe tendere.  Siamo riusciti a filmare uno spezzone in cui il professor Zingales, molto disponibile, discute con alcuni studenti e appassionati di economia.

Articolo di Francesco Boccardo.

Foto USV, licenza CC BY


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