Ma lasciamo parlare Giovanni Petrolini, professore associato di dialettologia italiana presso l'Università di Parma.
Nel suo libro "Nel nocciolo delle parole" (ed. Zara, 1993) Petrolini sostiene che la "erre" caratteristica della Valle dello Stirone sia una tendenza fonetica molto antica, preesistente all'avvento del latino, così come la stragrande maggioranza delle parlate settentrionali gallo italiche (dialetti piemontesi, lombardi, liguri e emiliano romagnoli), anche la lingua francese dipende da una affinità etnolinguistica preesistente all'avvento del latino (cioè un comune sostrato celtico) che in alcune realtà territoriali, a Fidenza e nella valle dello Stirone come in gran parte della Francia o nella Valtellina del nord, hanno mantenuto la stessa tendenza fonetica celtica.
Detto questo, a prescindere dalle tendenze fonetiche, fu prima con i Farnese poi durante il regno dei primi due Borboni, e in particolare quello di Don Filippo (figlio di Elisabetta Farnese e di Filippo V diventato duca di Parma grazie al trattato di pace di Aquisgrana, Don Filippo prese possesso del Ducato il 9 marzo 1749 dove lo raggiunse la moglie, Luigia Elisabetta di Borbone figlia di Luigi XV re di Francia) che la presenza francese a Parma in quegli anni (1749- 1765 Filippo; 1765-1802 Ferdinando; 1802-1814 dominio francese) dilagò (si pensi che a Parma con Luigia Elisabetta su 40.000 abitanti un quarto era francese!) nella cultura e nelle arti proprio grazie all'amministrazione, alla diplomazia, alle istituzioni di natura culturale, alle iniziative letterarie e artistiche. Parma, in quel periodo, godette non solo del titolo di "Atene d'Italia", ma aggiunse al dialetto locale, parlato soprattutto dal popolino, quelle parole tipicamente francesi che ben conosciamo ma che con l'austriaca Maria Luigia c'entrano come i cavoli a merenda.
Scheda:
Luigia Elisabetta di Francia (Marie Louise Élisabeth; 14 agosto 1727 – 6 dicembre 1759) era la figlia primogenita di Luigi XV di Francia. Sposò l'Infante Filippo, figlio minore di Filippo V di Spagna, ed in seguito divenne Duchessa di Parma. Abile e ambiziosa, mantenendo dalla Spagna stretti contatti con la Francia, facilitò l'assegnazione al marito del ducato di Parma e Piacenza col trattato di Aquisgrana (1748).
Mal rassegnandosi al piccolo stato, si adoperò ancora, durante la guerra dei Sette anni, perché fosse assicurato a Filippo un ampliamento territoriale con la Lombardia o gli fosse dato il trono di un costituendo dominio nei Paesi Bassi.
Fallite queste sue speranze, la sua influenza nella politica del ducato fu comunque determinante nell'orientamento sempre più deciso verso la Francia a scapito dell'iniziale pesante tutela spagnola. Negli anni in cui fu a Parma, favorì in ogni modo la diffusione, a corte e nello stato, della cultura, del gusto, delle abitudini francesi, appoggiando l'afflusso, oltre che di uomini di governo, di artisti, letterati e artigiani francesi.
Curò che francese fosse l'educazione dell'infante Ferdinando sotto la guida di E. de Condillac e di altri, e protesse G.-L. Du Tillot, che riuscì a far nominare ministro delle Finanze e poi, alla morte di Ferdinando VI di Spagna (1759), ministro segretario di stato.
A rafforzare l'orientamento filofrancese, avvicinando Parma all'Austria e rinsaldando l'alleanza borbonico-asburgica durante la guerra dei Sette anni, mirò con l'inizio di una complessa politica matrimoniale, che portò la figlia Maria Elisabetta (Isabella) alle nozze con l'arciduca Giuseppe (poi Giuseppe II, 1760) e in seguito il figlio Ferdinando alle nozze con Maria Amalia d'Asburgo-Lorena.
L'altra figlia Maria Luisa sposò Carlo (poi Carlo IV), e divenne regina di Spagna.
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