“Luinesi all’estero”: Fabio Sai nei Paesi Bassi si occupa di “gestione del rischio da inondazioni”

Creato il 28 febbraio 2016 da Stivalepensante @StivalePensante

“Luinesi all’estero” è una rubrica che periodicamente sta raccontando vite, esperienze e speranze di tutti quei luinesi che hanno deciso di abbandonare l’Italia per cercare un futuro migliore. Come tanti altri concittadini, infatti, sono decine e decine i luinesi che si sono trasferitI all’estero, alcuni anche in Usa o in Australia, con l’intenzione di lavorare oppure spinti dal seguire le proprie passioni. Oggi siamo andati a trovare Fabio Sai, che studia e lavora nei Paesi Bassi e si sta occupando di “gestione del rischio da inondazioni”.

Raccontaci di te… Quando sei andato via dall’Italia? Dove vivi?

Ho salutato l’Italia nel settembre del 2014 per trasferirmi a Dresda in quella che era la Germania Est, ma al momento sono nei Paesi Bassi. Precisamente vivo a Delft, Zuid Holland, che è una cittadina molto carina a metà strada fra Rotterdam e L’Aia.

Quali motivi ti hanno portato a lasciare l’Italia?

Un giorno la mia ragazza mi ha detto: “Hey, ti mando un link di una cosa che magari ti interessa”. Si trattava di un bando Erasmus Mundus per un MSc (laurea magistrale) in ambito scientifico/ingegneristico. Per gioco ho partecipato mandando la candidatura, senza speranza e nemmeno troppo interesse. Dopo 4 mesi mi hanno comunicato che avevo vinto la borsa di studio.

Di cosa ti occupi?

Il corso di studi si chiama Flood Risk Management (cliccare qui). In italiano sarebbe: “gestione del rischio da inondazioni” ed è un programma compartecipato da 4 differenti istituti universitari: TU Dresden (Germania), UNESCO-IHE (Paesi Bassi), UPC Barcelona (Spagna) e University of Ljubljana (Slovenia). Io e i miei colleghi studenti abbiamo viaggiato e condiviso insieme le lezioni in ognuna di queste quattro località, ora siamo all’inizio del quarto semestre e ci aspetta l’elaborazione della tesi. Il mio argomento si chiama “Impact based forecasts and warnings in Bangladesh”. In pratica dovrei definire e implementare un sistema di allerta alle inondazioni, che interpreti la previsione dei vari modelli idraulici non sulla base del superamento di livelli del fiume (soglie di allerta) definiti più o meno a caso, ma che si basi sugli impatti che un livello del fiume implica su elementi vulnerabili (attività, società, capitali, agricoltura, servizi,…). Come suggerisce il titolo la ricerca è su un caso studio in Bangladesh, dove dovrò andare per un breve periodo sul campo e realizzare una raccolta dati.

Come si svolge il tuo lavoro quotidianamente?

Ogni mattina mi sveglio e sono nei Paesi Bassi. Per cui, che ci sia sole vento o pioggia, pedalo in bicicletta i 6 km che mi separano da casa fino al lugo di lavoro che si svolge presso una delle migliori società di consulenza in ambito idraulico del mondo. Si chiama Deltares (https://www.deltares.nl/en/) e per sfortuna ci lavoro solo per una tesi, quindi si tratta di fare ricerca e sviluppare un lavoro che deve rispondere a delle richieste sia scientifiche che aziendali. Sono all’inizio, ma periodicamente mi incontro con la mia supervisor, che è più giovane di me, e chiacchieriamo su come sta progredendo lo studio fra un sorso di té e l’altro.

Hai avuto esperienze lavorative in Italia? Se sì, quali differenza hai riscontrato?

Dopo la mia magistrale in ingegneria ambientale ho cominciato a lavorare come collaboratore a progetto presso Regione Lombardia – Ambiente Energia e Reti. Mi occupavo di risorse idriche, nel senso amministrativo del termine. Fra un rinnovo di contratto e l’altro, ci sono stato per quasi 3 anni. Poi i soldi sono finiti e il progetto non è stato rinnovato. Fortunatamente ho partecipato ad altri mille concorsi e finalmente uno l’ho vinto esattamente dopo una settimana di disoccupazione. Sono così entrato fra le file di ARPA Lombardia come dipendente (a termine, ovviamente) trovando un ambiente di lavoro molto più stimolante e con colleghi che sono diventati amici. Per un anno mi sono divertito a fare l’ingegnere da campo, andando a misurare le portate in un sacco di fiumi della Lombardia e analizzando dati idrologici. Un paradiso idraulico. Esattamente due settimane prima che mi scadesse il primo anno di contratto, ho ricevuto la mail che dicevo prima. Mi sono trovato davanti al bivio: da una parte le sicurezze di un rinnovo, una vita da iniziare assieme alla mia ragazza, le amicizie, uno stile di vita che adoravo; dall’altra una strada completamente ignota all’estero e in un ambiente totalmente nuovo (quello internazionale) che mi avrebbe occupato i prossimi 2 anni per poi finire chissà dove.

Come ti trovi nel paese in cui vivi? Ti sei integrato nella società?

Nei Paesi Bassi non ho avuto un granché modo di relazionarmi con gli olandesi, ma questo è dovuto al fatto che ho sempre frequentato un ambiente internazionale, minimo comun denominatore per tutti i posti in cui ho vissuto. Le poche volte che ho avuto a che fare con olandesi non ho mai trovato scortesia o mancanza di rispetto. La cosa insopportabile è che la lingua che parlano è orribile da ascoltare. Ma la birra incredibilmente costa poco, anche se per ordinarla al bar devo ricorrere a suoni gutturali che poi si risolvono con carta e penna per fare un disegno.

Quali difficoltà hai riscontrato?

I traslochi. Li odio. Adesso sono qui con 7 magliette, 7 paia di mutande e di calze, 2 paia di pantaloni, 6 maglioni e due paia di scarpe. Non ho intenzione di mettere in valigia nient’altro se non la moka e la scorta di parmigiano.

In quali altri paesi hai vissuto? Come ti sei trovato lavorativamente parlando?

Nei paesi in cui ho vissuto ho avuto esperienze diverse. C’è da dire innanzitutto che in tutte le località in cui sono stato, mi sono trasferito con i miei compagni, quindi la forza del gruppo ha spesso prevalso sull’esterno. Tuttavia ho discretamente avuto modo di relazionarmi con i differenti contesti. In Germania ho stretto forti legami con i miei coinquilini (tedesca, inglese, iraniano e olandese) e la gente è molto ospitale, riservando sempre sorrisi per gli stranieri, nonostante le apparenze che il movimento xenofobo PEGIDA possa trasmettere a chi consulta i media. In Spagna ho trovato vecchie amicizie e fatte di nuove con persone meravigliose, dopotutto Barcellona stimola la socialità. In Slovenia la gente mi ha sorpreso, parlano un inglese eccellente pur senza essere mai stati all’estero per lunghi periodi. Nonostante ci sia stato solo due mesi, ho avuto un sacco di occasioni di scoprire la cultura balcanica e suonare in jam session casuali a lume di candela in capannoni abbandonati. Lavorativamente parlando in Germania tutto è preciso, ben definito e formale; in Spagna tutto è un casino ma ci si diverte anche con i professori; nei Paesi Bassi tutto è intenso e l’efficienza è alta; in Slovenia tutto e lento, ma poi ti ritrovi a fare mille cose all’ultimo minuto.

Ti manca qualcosa dell’Italia? Cosa?

Il cibo ovviamente. Ma a parte questo mi manca stare lontano dagli affetti e dai luoghi che amo.

E invece, che progetti hai per il futuro?

Lavorare per Deltares è un’idea stimolante, chissà! Ma al momento non ho ancora idea di cosa voglio fare da grande.

Pensi che un giorno tornerai in Italia?

Il mio futuro lo vedo in Italia, la qualità della mia vita e la serenità che avrei nel Belpaese hanno la potenzialità per essere migliori di qualsiasi altro Stato. La variabile dipendente è il lavoro. Beh se mi volete da settembre sarò ufficialmente sul mercato.

Dopo quelle a Marco ZanattaNicholas VecchiettiSilvia Camboni e Alice Gambato questa è la quarta testimonianza della rubrica “Luinese all’estero”. Nelle prossime settimane continueranno le interviste ad altri luinesi che vivono e lavorano tra Europa, America, Africa, Asia e Australia.


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