L’ultima relazione dell’incontro “1946 – 2016 settant’anni di voto alla donna. Tutte parte di una storia”, tenuto presso il Municipio di Luino giovedì scorso, è quella dell’assessore Alessandra Miglio e si intitola Luino, intitolata “Una lunga storia”.Un percorso, quelle delle consigliere comunali e delle due assessore, molto interessante, che è stato analizzato pubblicando tutte le presentazioni effettuate proprio in occasione della “Festa della Donna”. Ecco l’ultimo intervento, quello dell’assessore Miglio.
Luino, l’ultima relazione è quella dell’assessore Miglio: “Una lunga storia”. “Il viaggio delle donne verso la conquista dei diritti politici inizia nella Parigi rivoluzionaria del ’700, esattamente nel 1791, quando Olympe de Gouge pubblica la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, che prevedeva anche il suffragio femminile. Vistasi rifiutare dalla Convenzione la sua Dichiarazione, ingaggia un duro scontro con Robespierre, e non riuscendo lui a farla tacere, la fa ghigliottinare.
L’idea di ottenere per le donne la possibilità di votare si diffonde contemporaneamente in Inghilterra, ma nell’Ottocento si tratta di un Paese in cui perfino la regina Vittoria, che governa con l’affezionato marito Alberto e sudditi di ogni colore, si dichiara contraria alla ‘follia dei diritti femminili’. Un cambiamento arriva nel 1903, quando Emmeline Pankhurst fonda il movimento delle ‘suffragette’ che, con scioperi e prese di posizioni anche dure, accende il dibattito nel Paese.
Allo scoppio della prima guerra mondiale però la Pankhurst invita le suffragette a sospendere le proteste e supportare il loro Paese nello sforzo bellico. L’impegno durante il conflitto venne riconosciuto dalle istituzioni inglesi, e nel 1918, con il Representation of People act, il diritto di voto fu esteso anche alle donne. La prima eletta alla Camera dei Comuni fu Lady Astor nel 1919.
In Italia, nell’Ottocento, si diffonde l’idea che si debba fare qualcosa per migliorare la condizione della donna, in particolare negli ambienti colti milanesi. Mi piace ricordare, tra le donne che si sono spese per la causa delle altre congeneri, Laura Solera Mantegazza, che visse a Cannero, dove possedeva la villa ‘La Sabbioncella’. Mazziniana, poi garibaldina, ma soprattutto geniale benefattrice: a lei dobbiamo l’invenzione degli asili nido per i bimbi delle lavoratrici delle fabbriche, che erano costrette ad abbandonarli alla ruota, non potendoli accudire. Nel regno Lombardo Veneto la scolarizzazione era obbligatoria sino ai 12 anni anche per le femmine, e le donne potevano disporre dei propri beni, e una sorta di voto amministrativo femminile era concesso al ceto più elevato.
Quando con l’Unità d’Italia le donne lombarde si videro private di queste libertà scrissero una richiesta al legislatore, la ’Petizione delle donne Lombarde’, in cui chiedevano l’estensione dei diritti di cui godevano sotto gli Austriaci a tutte le donne del regno. Questo contesto fu culla di figure importanti per l’evoluzione del dibattito sui diritti femminili, la pioniera del femminismo italiano arriva da Milano, Anna Maria Mozzoni. Questa nel 1877 pubblica una petizione in cui chiede per le donne garanzie fondamentali, tra cui non essere sottoposte alla tutela maritale (che impediva alla donna di comprare o vendere i suoi beni), e il diritto di voto. Bella e significativa la frase che motiva quest’ultima richiesta: ‘….voto politico, senza del quale i nostri interessi non sono tutelati, i nostri bisogni rimangono ignoti’.
Con l’arrivo del ’900 il tema dell’eguaglianza politica si impone, e nascono le associazioni femminili più importanti, l”Unione Donne Italiane’ esiste ancora oggi. Nel 1906 Papa Pio X interviene sull’argomento, manifestando la sua contrarietà. Lo stesso anno Anna Maria Montessori invita le donne a presentarsi comunque ai seggi, poichè lo statuto albertino, quando definisce ‘tutti i regnicoli’ il corpo elettorale, si esprime in termini assai generici. Ovviamente i tribunali, a cui poi si rivolgeranno le tante maestre che volevano votare, diedero loro torto: si considerò la prevalenza dell’uso sulla norma. La grande studiosa combatteva per i diritti femminili con forza, subì una cocente umiliazione quando volle iscriversi alla facoltà di medicina, e il ministro dell’istruzione Baccelli glielo negò; ci vollero le conoscenze massoniche del padre per annullare il veto, e comunque lei poté frequentare l’università ed andare in corsia solo accompagnata dal genitore.
In questi anni anche molti uomini si schierarono a fianco delle donne per il riconoscimento dei loro diritti, a volte sbeffeggiati pubblicamente, come accadde all’onorevole Morello, a volte cambiando idea, come nel caso di Turati. L’onorevole Turati nel 1910 dichiara che è ancora presto per far votare le donne, ma in seguito a questa sua uscita sulla stampa, la sua compagna Anna Kuliscioff gli risponde pubblicamente con una risentita polemica. Lui cambierà presto opinione, e motiverà questa sua decisione con una frase memorabile: ‘… la donna deve votare perché è un uomo’.
Nel giro di poco tempo l’entrata in guerra mobilitò le forze femminili in altre direzioni, le donne sostituirono gli uomini chiamati al fronte nel mondo produttivo. Il ruolo giocato in una fase così delicata portò, dopo il conflitto, all’importante legge Sacchi del 1919, che superò in un attimo decenni di discussioni, abolendo l’autorizzazione maritale ed ammettendo le donne all’esercizio delle professioni. Nel 1920 un disegno di legge che prevedeva il voto per le donne passò alla Camera, ma nello stesso anno Giolitti fu costretto a indire nuove elezioni, così la legge non ebbe effetti.
Con l’avvento del fascismo, Mussolini esaltò l’immagine materna della donna, posta al centro di un programma di sviluppo della natalità; non riuscì però a contrastare il diffondersi di una identità femminile più complessa, interpretata da grandi attrici come Greta Garbo, che sembra influenzare anche lo stile di sua figlia Edda. Al congresso dell”Alleanza per il suffragio’, nel 1923, Mussolini promise di considerare il voto alla donna, impegno che onorò nel 1925, con una legge molto restrittiva che comunque concedeva il voto amministrativo; poi, però, nel ’26, la riforma podestarile abolì il voto amministrativo per tutti. Contemporaneamente, durante la reggenza del Carnaro, nella città stato fondata a Fiume da D’Annunzio, la donna poteva votare ed essere eletta.
Negli anni che precedettero la seconda guerra mondiale la politica del fascismo nei confronti della donna si caratterizzò sempre più per lo sforzo di trasformare l’impegno familiare in un terreno di mobilitazione collettiva. Il trauma della guerra comportò un prezzo elevatissimo anche per le donne. Alle prese con la sopravvivenza quotidiana, dimostrarono doti di tenacia e contribuirono ad arginare il disastro bellico ponendo le basi per la ricostruzione. Molte furono le donne, anche giovanissime, che parteciparono alla resistenza, imbracciando in alcuni casi il fucile.
Nel 1944 era chiaro che non si sarebbe potuto negare alle donne i diritti politici, così i grandi partiti crearono organismi per promuovere la partecipazione attiva delle donne nel Paese. La risposta del PCI fu l”Unione donne italiane’, il ‘Centro italiano femminile’ era espressione dell’Azione cattolica. Si arriva così al decreto luogotenenziale del 1 febbraio, che all’articolo 2 prevede il voto femminile. Papa Pio XII nel 1945 richiama tutte le donne al voto, esortandole ad occuparsi della vita pubblica, a difesa dei valori della famiglia. La Consulta nazionale, di cui facevano parte 13 donne, preparando le elezioni, si accorse di una svista clamorosa: dal decreto luogotenenziale era esclusa l’eleggibilità delle donne, che venne riconosciuta solo il 10 marzo 1946, data che abbiamo voluto celebrare con questa presentazione.
Come andò a finire? I tre partiti di massa presentarono 113 donne, il 6,5% del totale dei candidati. Smentendo gli stereotipi le donne votarono più degli uomini al sud e meno degli uomini al nord, più nei paesi che nelle città, più alle elezioni politiche che a quelle amministrative. L’età liberale è la storia di una sconfitta, ma il dibattito è ben presente, sia in parlamento che sui giornali. Dopo la caduta del fascismo il voto è la storia di un successo, di cui però si parla poco, sia nelle fonti ufficiali, che sui giornali del tempo”.
Per approfondire sull’incontro nel Comune di Luino di giovedì scorso:
- Luino, Ronchi: “1946, la storia del diritto al voto alle donne”
- Luino, Frulli: “Settant’anni di mimose, Teresa Mattei ‘la ragazza di Montecitorio’”
- Luino, Ballinari: “Le ‘mie’ dieci donne nella storia della politica internazionale del Novecento”
- Luino, Nogara: “Le donne coraggiose nelle istituzioni italiane”
- Luino: tutte le donne legate all’amministrazione comunale dal dopoguerra ad oggi