Luino, Nogara: “Le donne coraggiose nelle istituzioni italiane”

Creato il 12 marzo 2016 da Stivalepensante @StivalePensante

Dopo aver pubblicato l’intervento dell’assessore ai Servizi Sociali, Caterina Franzetti, su L’universo femminile nell’amministrazione luinese, ecco la relazione presentata dalla consigliera comunale Enrica Nogara sulle ”Donne coraggiose nelle istituzioni italiane”. Nei prossimi giorni pubblicheremo le relazioni restanti: Giovanna Ballinari con “Figure femminili nella politica internazionale”, Laura Frulli con “Settant’anni di mimose”, Alessandra Miglio che ha presentato “Una lunga storia” e Simona Ronchi “1946 Diritto di voto alle donne”.

Nilde Iotti (ariannacensi.it)

Luino, Nogara: “Le donne coraggiose nelle istituzioni italiane”. “Purtroppo l’Italia non è ancora un Paese per donne – ha spiegato la consigliera Enrica Nogara durante l’incontro del 10 marzo -. Lo dicono i dati sulla partecipazione alla vita politica istituzionale: 23esimo posto sui 27 Stati dell’Ue, 69esimo su 142 a livello mondiale. Pur essendo l’Italia un fanalino di coda, si nota nel Parlamento Europeo una crescita significativa: con le ultime elezioni a Bruxelles sono sbarcate 29 eurodeputate italiane su un totale di 73 eletti. Si è passati così dal 15% di presenza femminile delle prime cinque legislature al 39,7% dell’attuale. A fare da contraltare c’è però il fatto che, fino ad ora, nessuna donna è mai stata eletta alla Presidenza della Repubblica, nominata a Capo del governo o alla guida del Senato. Anche a Montecitorio la prima donna a ricoprire la carica di Presidente della Camera è stata Nilde Iotti nel 1979, seguita poi da Irene Pivetti e Laura Boldrini.

Nilde Iotti è nata a Reggio Emilia il 10 aprile 1920, ed è deceduta a Roma il 3 dicembre 1999. E’ stata insegnante e dirigente comunista, prima di svolgere il suo lungo percorso nelle istituzioni. Il padre – un sindacalista socialista che durante la dittatura era stato perseguitato dai fascisti – aveva voluto che la figlia Leonilde studiasse. La ragazza si era così laureata (in Lettere e Filosofia, all’Università Cattolica di Milano) e aveva insegnato in un istituto industriale di Reggio Emilia. Dopo l’8 settembre 1943, per Nilde Iotti arriva l’impegno che l’avrebbe accompagnata tutta la vita: la giovane insegnante era, infatti, entrata nelle file della Resistenza operando nei ‘Gruppi di difesa della donna’ che, anche nella provincia di Reggio, hanno dato un grande contributo alla lotta contro i nazifascisti. Dopo la Liberazione, il 2 giugno del 1946 è eletta all’Assemblea costituente. Nel 1948, è eletta per la prima volta alla Camera dei deputati. È riconfermata per le successive legislature e il 29 giugno 1979 è eletta (al primo scrutinio e prima donna nella storia parlamentare italiana), Presidente della Camera. Per tredici anni Nilde Iotti ha ricoperto con grande prestigio il terzo incarico più importante della nostra Repubblica. Ha lasciato la Camera dei deputati il 18 novembre del 1999, dimettendosi per motivi di salute, nell’applauso di tutti i gruppi parlamentari.

Sin dalla Resistenza, la Iotti è stata protagonista delle battaglie in difesa delle donne, lo ha ricordato anche l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel discorso del suo primo insediamento. Nel 1955 era stata la prima firmataria di una proposta di legge per istituire una pensione e un’assicurazione per le casalinghe. Nel 1974 aveva partecipato attivamente alla battaglia referendaria in difesa del divorzio. L’anno dopo promosse la legge sul diritto di famiglia. Al nome di Nilde Iotti sono intitolati, in molte parti d’Italia, asili e organizzazioni giovanili per aver rappresentato un esempio altissimo di rigore morale, di forte passione civile, di intelligente e totale impegno al servizio delle istituzioni del paese. Nella sua vicenda umana e politica si riflette la storia stessa dell’Italia repubblicana, che l’ha accompagnato nel cammino di ricostruzione e di sviluppo dai banchi della Camera dei Deputati, di cui per lungo tempo fu presidente unanimemente apprezzata, garanzia di libero confronto per tutti i gruppi politici. La lezione politica di Nilde Iotti, anche nella costante affermazione del principio costituzionale dell’uguaglianza della donna nella società, nel lavoro e nelle professioni, mantiene oggi intatta tutta la sua forza e attualità, e la manifestazione di oggi costituisce un giusto riconoscimento ad una eredità che è patrimonio dell’intero paese.

Organi da sempre ‘ostili’ alle donne sono invece la Corte Costituzionale e le Regioni. Nella storia della Consulta sono state solo cinque quelle che ne hanno fatto parte: nominate fra il 2011 e il 2014. Al momento solo due donne ricoprono la carica di Presidente della Regione: in Umbria e Friuli Venezia Giulia. E anche le donne sindaco sono solo il 13,4%: 1.058 su 7.823.

Tra queste mi preme ricordare due sindache: Laura Prati e Giusi Nicolini. Laura Prati è stata sindaca di Cardano al Campo fino al 2013 quando una mano assassina le ha tolto la vita. Nel suo ruolo di amministratrice ha sempre espresso qualità umane non sempre riscontrabili in chi fa politica, nel suo impegno da assessore di Cardano così come di consigliere provinciale. Ha promosso la costituzione di un centro antiviolenza su donne e minori, ha avviato corsi di formazione per il lavoro e istituì un fondo di solidarietà per chi invece il lavoro l’aveva perso. Fu molto umano, benché rigoroso nel reciproco rispetto di diritti e doveri, il suo approccio al mondo degli stranieri, con sportello ai servizi e corsi di lingua italiana. Ma in particolare la sua attenzione andava ai loro figli, cui garantiva pari opportunità all’interno del percorso scolastico e a cui aveva deciso di dare la cittadinanza onoraria, in attesa di una legge che possa riconoscere come cittadini italiani i bambini nati in Italia e che renda più civile questo nostro Paese. Il suo impegno nel prodigarsi per il bene comune ha migliorato la vita e il cuore di tante persone.

Giusi Nicolini è una sindaca di frontiera a servizio dell’umanità. L’elezione della storica esponente di Legambiente alla poltrona di primo cittadino di Lampedusa e Linosa è stata accolta con sommo piacere da tutti coloro che credono nelle ragioni dell’ambiente, della legalità e della solidarietà. Lampedusana e ambientalista doc, per anni Giusi Nicolini ha guidato e difeso la Riserva regionale, riuscendo nella difficile impresa di far coesistere situazioni di estrema naturalità come la schiusa delle uova di tartarughe con una delle mete più ambite dai bagnanti. Si deve alla sua determinazione e alla sua bravura la battaglia contro l’abusivismo edilizio sull’isola e per la tutela della spiaggia dei Conigli, il luogo simbolo dell’isola, il più importante sito di nidificazione di tartarughe marine del nostro Paese. Il suo forte impegno solidale a 360°, a gennaio 2016, le ha portato il prestigioso riconoscimento internazionale ‘Prix Simone de Beauvoir’ per la libertà delle donne. Queste le motivazioni del premio alla sindaca di Lampedusa: ‘Militante responsabile e infaticabile, Giusi Nicolini è stata la prima voce ad elevarsi per sostenere i diritti dei rifugiati presso gli abitanti dell’isola, il governo italiano e l’Unione europea, lavorando in stretta collaborazione con la Guardia Costiera che salva i naufragi in mare’.

Dalla primavera del 2015, la situazione dei rifugiati è peggiorata, provocando l’apertura di nuove rotte. Giusi Nicolini ha tracciato la via. Nonostante i suoi avversari, continua la sua azione per far prendere coscienza all’Europa e al mondo intero della necessità di cambiare le inumane politiche di asilo e rafforzare la solidarietà. A Lampedusa, negli ultimi 20 anni, sono sbarcati 270 mila migranti. Il centro di accoglienza, in questi anni si è trovato spesso in grande difficoltà per gli arrivi massicci, sfiorando in alcuni casi il collasso. Quasi tutti i giorni vengono soccorse persone al largo della Libia e portate a Lampedusa. Si tratta di donne, uomini e minori provenienti da Senegal, Gambia, Guinea, Camerun, Mali e Nigeria, persone costrette a fuggire, a rischiare la propria vita per venire in Europa. I pescatori e la gente di Lampedusa credono fermamente che alle barriere innalzate da alcuni Stati europei esista ancora un’alternativa: il soccorso.

Anche Papa Francesco in occasione della sua visita a Lampedusa nel luglio 2013 ha espresso parole forti: ‘Abbiamo perso il senso della responsabilità fraterna; siamo caduti nell’atteggiamento ipocrita del sacerdote e del servitore dell’altare, di cui parlava Gesù nella parabola del Buon Samaritano: guardiamo il fratello mezzo morto sul ciglio della strada, forse pensiamo ‘poverino’, e continuiamo per la nostra strada, non è compito nostro; e con questo ci tranquillizziamo, ci sentiamo a posto. La cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza. In questo mondo della globalizzazione siamo caduti nella globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!’.

Chi non può condividere anche le parole di Giusi Nicolini? ’L’Europa deve darsi una politica dell’immigrazione comune, che preveda un ingresso regolato, con diritti e doveri per i migranti. Penso anche a campi profughi sotto il controllo di organismi internazionali che andrebbero attivati lungo le coste nordafricane. Perché sappiamo che queste persone già prima di salire su barconi sono oggetto di stupri, di torture, di sequestri. Quindi o ci pensiamo noi, o comunque loro arriveranno, vivi, morti, annegati, morti di freddo, morti di fame. Occupiamoci di loro prima che accadano le tragedie. E poi i diritti o sono di tutti o non sono di nessuno’.

E per terminare vorrei ribadire quanto espresso già in sede di Consiglio Comunale: sarebbe opportuno che le prossime strade o piazze di Luino riportassero nomi di donne, dando così un giusto riconoscimento alle protagoniste di processi politici, culturali e sociali a livello locale, nazionale e internazionale. Sarebbe una bella prova di innovazione culturale dare attenzione alle donne che hanno vissuto e operato per il bene comune della cittadinanza o che hanno lottato per i diritti e la dignità delle donne”.


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