Luisa Casati Stampa: la Donna che Volle Farsi Opera d’Arte

Creato il 18 dicembre 2014 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Una mostra da non perdere quella dedicata a Luisa Casati Stampa. La Divina Marchesa, come la chiamava Gabriele d'Annunzio, ritrova nella prestigiosa sede del veneziano Palazzo Fortuny, a più di cinquantasette anni dalla morte, la luce dei riflettori.

La sua storia è presto detta e illustra alla perfezione, se vogliamo, un caso di brand image da manuale: da orfana ricca, ma senza affetti, ad ammaliatrice di levatura internazionale, tutto grazie alla sua immagine.

Alta e magra, forse un po' troppo per gli standard del tempo, la Casati Stampa che fa? Enfatizza questo aspetto vestendosi di scuro, pittandosi la faccia di biacca, sottolineando gli occhi magnetici e mantenendo una figura slanciata. Ecco la femme noir peccatrice e maliarda a cui nessuno può resistere, perché resisterle è prima di tutto un danno per la reputazione di qualsiasi uomo.

E così, cadono ai suoi piedi, nobili e meno nobili, industriali e artisti vari tra cui il Vate, Gabriele d'Annunzio. E anche nella scelta degli "accompagnatori" non sbaglia un solo colpo: non le si conoscono sbandate per poveri diavoli fisicati ma senza arte né parte, né per anime tormentate di giovani studentelli da coccolare. Il percorso dei suoi affetti è immenso: da Tommaso Filippo Marinetti a Giovanni Boldini, passando per Man Ray e altri, molti altri tra cui appunto Gabriele d'Annunzio.

Le lettere di lui a lei sono piccoli racconti onirici in cui Luisa diviene Corè, da Kore, il nome della Regina degli Inferi. Anche i regali sono tutti "studiati", niente di scontato: se sono libri sono l'edizione originale di un romanzo francese che Gabriele cercava ab illo tempore e che non trovava. La Divina è maliarda sì, ma, come le cortigiane d'altri tempi, sa conversare ampiamente di qualsiasi argomento, dal più triviale al più elevato, conosce chicche artististiche di un certo pregio e, da misteriosa maga Circe, sa anche come procurarsele. E se regala un animale da compagnia non regala un cucciolo di cane né un felino... lei regala una tartaruga. Presente bizzarro, no? Una tartaruga che è ghiotta di tuberose tanto che ne muore.

Il picco della costruzione della sua immagine sono poi le feste, tutte a tema, tutte nei suoi palazzi come il Palais Rose alle porte di Parigi appartenuto a Robert de Montesquiou oppure Palazzo Venier dei Leoni a Venezia, che poi sarebbe appartenuto a un'altra donna che sapeva far parlare di sé, Peggy Guggenheim.

Feste in maschera, in costume d'epoca, mai un "déjà vu" sempre una novità: lei e i suoi ghepardi al guinzaglio, lei e il suo boa, lei con rapace al braccio come se fosse un falconiere di Federico Barbarossa.

Come costruire la propria immagine senza sito web? Beh, al tempo della Marchesa Casati Stampa non c'erano i social (e neanche i computer, ovviamente), ma c'era la stampa e c'era l'arte. L'arte c'è sempre stata, l'arte faceva parte del suo DNA, le piaceva e lei piaceva all'arte.

Così non si contano i ritratti della Marchesa e, onde evitare di restare priva di immagini o di un suo repertorio, perché non avere "il suo pittore"? In un solo colpo la Marchesa rinvigorisce la sua identità di irresistibile vanesia, bizzarra creatura femminile e, come usano i reali, si assicura il suo "pittore di corte" ed allo stesso tempo una serie di opere "comme il faut", che corrispondano esattamente all'icona che lei stessa ha creato.


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