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Inizia così:
Forti risuonarono i colpi sul portale, e i lamenti squarciarono il silenzio.
Il parroco si destò di soprassalto dal suo sonno. Si alzò in fretta e infilò la tonaca.
Era nel suo ruolo cercare di mantenere sempre un aspetto compito, è questo che si aspettavano
tutti da lui, doveva essere il massimo esempio di ordine, moralità e misericordia.
Anche la perpetua si svegliò. Spaventata, al contrario del parroco, non si curò del suo aspetto, - non che di solito se ne occupasse di più -, si avvolse in una vestaglietta di lana e accese il lume a olio. Prima di correre ad aprire a quella povera anima che urlava disperata fuori dalla Chiesa, passò dinanzi alla stanza del parroco e bussò per accertarsi che anche egli avesse sentito.
«Padre!», lo chiamò dopo un paio di rintocchi sul legno.
«Sì, vengo!». Aprì all’istante visibilmente affannato e timoroso.
Dietro il portale della Chiesa c’era una donna, questo era chiaro.
La perpetua fece luce con il lume, e il parroco spostò il pesante ferro messo a sicura dietro la porta.
«Cosa c’è, figliola?» domandò ancor prima di aver visto il viso della donna.
«Deve nascere mio figlio! Sono sola, aiutatemi!» disse la donna disperata.
A quella risposta, la perpetua e il parroco, quasi avrebbero voluto richiudere il portale.
Nessuno dei due aveva affinità con i bambini e men che meno con le partorienti. Ogni mercoledì, giorno di catechismo per i bambini del paese, era un incubo per entrambi. Il parroco non sopportava le loro domande impertinenti, e la perpetua detestava il disordine che solo quelle piccole pesti sapevano creare.
Ma il Signore insegna ad aprire la porta a chi ha bisogno, in qualche modo se la sarebbero sbrigata. Il parroco cercò di confortarsi pensando che se far nascere un bambino fosse stato così difficile, non sarebbe più nato nessuno. Alzò lo sguardo al Cielo, fece il segno della croce e aprì.
Il parroco, appena aperta la porta, tese il braccio per dare sostegno alla donna e la invitò a sedersi su una delle panche della Chiesa. Decisamente era troppo scomodo star lì seduta, uno spasmo più forte spinse la donna a chinarsi sull’inginocchiatoio, il volto sofferente, le mani incrociate sulla pancia, come se stesse per esprimere la più sentita delle preghiere.
La donna, in realtà, avrebbe voluto essere libera di imprecare, ma si trattenne in rispetto di quel luogo, che pur per lei non aveva mai significato molto.
La perpetua la guardò male, capì queste sue intenzioni, cosa aspettarsi da una donna di malaffare? I suoi vestiti, sola a quest’ora di notte, un’istintiva antipatia si innescò all’istante.
Il parroco la destò dai suoi cattivi pensieri, chiese alla perpetua di portare dei cuscini, delle coperte, tutto ciò che poteva occorrere alla donna e al nascituro. Dovevano improvvisare un giaciglio confortevole.
La perpetua ubbidì, corse a prendere l’occorrente, anche se non poté fare a meno di sbuffare seccata, sapeva che sarebbe toccato a lei sgobbare per tutta la notte e assumersi ogni responsabilità.
Svelta preparò ogni cosa, mentre il parroco si limitava a pregare accanto alla donna in travaglio. Sembravano l’esorcista e l’indemoniata. La perpetua, irritata dai farfugliamenti del parroco, gli disse di farla finita con le preghiere e rendersi utile andando a chiamare la levatrice.
Il parroco, più che per la compresa necessità, per paura di essere coinvolto oltre nella nascita del bambino, non se lo fece ripetere due volte.
Adatto ai ragazzi ma non ai bambini.