Lunetta Savino ed Emilio Solfrizzi: Matrimoni e Disastri

Creato il 11 febbraio 2014 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Giuseppe Floriano Bonanno 11 febbraio 2014 teatro, vedere Nessun commento

Due di noi, lo spettacolo recentemente andato in scena al Teatro Duse di Bologna, protagonisti Lunetta Savino ed Emilio Solfrizzi, è la classica pièce che fa certo sorridere, magari in alcuni passaggi con un retrogusto amaro, ma che fa, soprattutto, riflettere. Il matrimonio, condizione cui tutti aspirano quando sono single e da cui poi molti vogliono fuggire, quando, dietro la facciata accattivante, se ne intuisce quella oscura, è da sempre uno dei temi più rappresentati e sviscerati sul palcoscenico, nei libri e ovunque si disquisisca delle dinamiche relazionali. In questo solco si inserisce questa commedia che, rivisitata ed adattata per l’Italia da Leo Muscato, è stata rappresentata per la prima volta a Londra nel 1970 e scritta dall’allora esordiente Michael Frayn, divenuto poi celebre, un decennio dopo, grazie all’applauditissimo Rumori fuori scena. I due bravissimi interpreti sono protagonisti di storie di matrimoni in crisi, per motivi diversi, in cui si evidenziano, con umorismo attuale e tagliente, le mancanze, le tensioni e l’inevitabile logorio che caratterizzano da sempre l’universo coniugale. Due di noi, in un continuum narrativo senza pause, si dipana su tre quadri autonomi, che possono, a loro volta, essere visti come atti unici, e, ideato per essere recitato da una sola coppia di interpreti, racconta tre emblematiche e paradossali storie di matrimoni dove quasi nulla funziona.

La prima parte, Black and Silver, porta agli estremi le conseguenze che la nascita di un figlio produce sulla routine di una coppia, soffermandosi sui guasti al sistema nervoso dei genitori che va letteralmente in pezzi sotto il sistematico attacco portato dai pianti e dai capricci del pargolo. L’incomprensione ed il fatalismo prendono inevitabilmente il sopravvento in un confronto impari tra passato e presente che non lascia spazio a speranze tratteggiando un quadretto comico, tenero, ma inevitabilmente amaro. La seconda situazione, Mr. Foot, è una spietata denuncia di come la routine, l’abitudine ed il tempo possano a tal punto incidere in una relazione, da finire per azzerare la comunicazione di coppia, portando a paradossali escamotage quali l’abbondante uso di alcolici, o, peggio ancora, al soliloquio della moglie che finisce per disquisire con il piede del marito, che pare essere ormai l’unica sua parte ancora in grado di tradire un qualche rigurgito emotivo, ferma rimanendo un ostentata e glaciale indifferenza. L’ultimo quadro, Chinamen, è forse il momento migliore di tutto lo spettacolo, visto che racchiude in sé quanto di meglio si possa ideare per indurre al divertimento, ma anche alla riflessione. Si tratta, infatti, di un vero e proprio virtuosismo drammaturgico ed attoriale, dove marito e moglie sono alle prese con la preparazione di una cena, in cui si ritrovano, per un errore negli inviti, a dover gestire una coppia di amici, da poco separati, ed il nuovo boyfriend di lei.

In questo contesto il meccanismo comico viene sospinto fin quasi al limite della farsa, grazie anche, e soprattutto, al fatto che i due attori, aiutati da un originale e sapiente (quasi diabolico) meccanismo di porte e di scale, di entrate e di uscite, e di travestimenti di “fregoliana” memoria, finiscono per trovarsi ad interpretare ben cinque ruoli e cinque caratteri, dando così vita ad un vorticoso crescendo di equivoci e malintesi fino al paradossale epilogo. Pur avendo ormai più di quarant’anni questa pièce continua a mantenere la sua freschezza ed attualità, un po’ per la sua tematica, fotografia perfetta delle difficoltà della vita matrimoniale, un po’, e forse soprattutto, per la bravura degli interpreti la cui recitazione, propria del “one man show”, si rivela accattivante e viva, divertente, pur nei suoi lati amari, ed incisiva. Gli scroscianti applausi finali sottolineano la performance della Savino e di Solfrizzi, davvero perfetti nei loro ruoli multiformi, capaci di tenere sempre desta l’attenzione, pur con alcune pause e qualche pesantezza qua e là.

Fotografie di Fabio Lovino


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