Lunfardo e poesia

Creato il 30 luglio 2011 da Aledelu

Anche se è giusto precisare che il tango 
non nasce nelle case chiuse, ma vi si trasferisce 
per precise motivazioni sociali, possiamo, 
d’altro canto, affermare che i primi ritornelli associati a 
questa nuova musica svelano, senza ombra di dubbio, che il 
circuito in cui venivano improvvisati o eseguiti era quello postribolare. 
Questa provenienza è dichiarata già dai titoli, ambiguamente o esplicitamente 
pornografici: La franela, Con qué trompieza que non dentra e simili. 
In questo senso Mi noche triste crea una spaccatura in due direzioni, 
da una parte abbandona per sempre l’ambito triviale che fino ad allora era 
appartenuto alle canzoni scritte per il tango, dall’altra pone le distanze con il 
linguaggio colto, considerato l’unica soluzione applicabile ad un componimento poetico. 
Ciò avviene perché, fin da principio, i versi sono scritti in lunfardo, comunemente 
ritenuto il gergo dei delinquenti di Buenos Aires; quest’ultima convinzione è vera solo in 
parte, come puntualizza  l’accurato chiarimento di Ana Sebastián: il lunfardo nasce nei 
conventillos assieme al tango ma non è soltanto, come generalmente si pensa, una lingua 
argotica, un linguaggio in codice dei malviventi, bensì si divide in lunfardo abierto, 
o per meglio dire porteño standard, cioè il criterio di espressione quotidiana degli 
abitanti della capitale, e lunfardo cerrado, ossia un vero e proprio gergo, che non 
appartiene soltanto ai malviventi ma anche ad altri settori marginali ed isolati della società.
Il primo tipo di lunfardo è il linguaggio proprio del tango di Pascual Contursi  
e di quelli a venire, e proprio grazie alla sua popolarità conquista istantaneamente 
la platea, che finalmente si vede rappresentata da questa nuova componente espressiva, 
la stessa che appartiene al suo quotidiano, di cui, d’ora in poi non è costretta a 
vergognarsi. Attraverso il lunfardo, la nuova classe di poeti racconta, tra le 
altre cose, generalmente in prima persona, le vicende di uomini che vivono 
l’abbandono da parte della propria compagna, descrivendo situazioni e stati 
d’animo che ne conseguono ma anche ripercorrendo le tappe di questa rottura, 
dovuta spesso ad un tradimento, non sempre consumato con un altro uomo, ma più 
ampiamente una diserzione nei confronti del sistema di valori del narratore ingannato. 
Così ascoltiamo rimproveri verso la costurerita che si è lasciata ingannare dalle luci 
del Cabaret al centro della città:

Ya no quieren conventillo,
ni ser pobres costureras
ni tampoco andar fuleras,
quieren solo aparentar.
Ser queridas de un fulano
y que tenga mucho vento
les alquile apartamento
y que las lleve al Pigalle.
(,Champagne tango,1913/14, testo Pascual Contursi
musica Manuel Arroztegui)

oppure verso l’umile ed ingenua ragazza cresciuta nel conventillo ormai trasformatasi 
in prostituta, che non torna più a trovare la vecchia madre:

Cuantas veces tu viejita,
al caer la tardecita,
creyo ver, temblando de emocion,
que daba vuelta la esquina,
la mimosa chiquilina,
que regresaba a pedir perdon...
(De Tardecita*, 1927, testo Carlos Alvarez Pintos, musica Nicolas Messutti)

 Ma non c’è soltanto il rammarico di chi soffre per amore; il tango riedifica 
attraverso il ricordo una città in continua trasformazione, traccia la geografia 
di quartieri che sopravvivono solo nella memoria; è il trionfo della nostalgia 
in tutte le sue forme, un misto di rassegnazione ed inquietudine nei 
confronti dell’implacabile scorrere del tempo e del sopraggiungere della morte:

Barrio de tango, luna y misterio,
calles lejanas, como estaran!
Viejos amigos que hoy ni recuerdo
que se habran hecho, que es lo que haran!
Barrio de tango, que fue de aquella
Juana, la rubia que tanto ame,
Sabra que sufro, pensando en ella,
desde la tarde en que la deje...
(Barrio de tango, 1942, testo Homero Manzi, musica Anibal Troilo) 

I testi di queste canzoni ripropongono dunque delle tematiche peculiari, 
descrivendo un mondo periferico e marginale disprezzato perché considerato 
eccessivamente volgare. Le descrizioni che emergono dai testi iniziano ad 
alimentare la costruzione di nuovi valori, di miti e convenzioni che diventeranno 
poi proprie del fenomeno tango. Le composizioni presentano una serie di impostazioni: 
lirica, narrativa, autoritratto. Questo corpus non attira l’attenzione per la sua 
originalità o complessità; trattandosi di un canzoniere popolare ripropone motivi 
utilizzati frequentemente in tante altre letterature, amalgamandoli con temi 
particolari ispirati dal  contesto sociale e geografico in cui nasce e si sviluppa. 
Eppure le descrizioni, le espressioni felicemente azzeccate, le melodie che le 
accompagnano rafforzando il messaggio le rendono imprescindibili  per l'identità 
e l'immaginario di qualsiasi argentino.  Non è mai stato intrapreso uno studio 
filologico di questi componimenti, perciò non ci si basa su versioni unanimemente 
accettate cui fare riferimento; tanto meno è possibile conoscere completamente lo 
sterminato repertorio di testi composti per il tango. Nonostante la ricchezza di incisioni sonore, 
la trasmissione orale resta dunque particolarmente importante: una rincorsa di varianti, parodie, 
citazioni intertestuali, semplici errori di memoria la rendono un rito collettivo argentino.


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