Inizialmente l’anime viene affidato a Masaaki Osumi (genio incomreso), che viene silurato perché si rifiuta di edulcorare la serie e renderla accessibile ai ragazzi. Subentrano così i giovani Miyazaki e Takahata, che passano a toni più leggeri e avventurosi, mantenendo però una classe mai raggiunta nelle successive, quanto inutili produzioni.
Finalmente quest’anno i produttori decidono di realizzare un prequel, più simile al manga e alla prima serie. La protagonista è Fujiko, che ci viene mostrata in tutta la sua conturbante sensualità in molte scene di nudo.
Finalmente ci vengono restituiti: un Lupin di classe (giacchetta verde), un jigen ruvido e spigoloso e un Goemon calmo e risoluto.
Punto di forza, ma allo stesso tempo di debolezza di questa produzione è la sceneggiatura: Gli script diretti da Dai Sato sono molto raffinati, ma dal ritmo eccessivamente lento, tanto che, alcuni episodi sembrano trascinarsi per inerzia.
Notevole il lato tecnico, con un design azzeccato e un montaggio che valorizza le scelte cromatiche, in particolare il contrasto tra bianco e nero.
Finalmente dopo 41 anni ci viene restituito il Lupin che tutti ricordiamo.