Lusso #1. Oltre il CRM: la customer experience nell’era digitale.

Creato il 15 maggio 2011 da Stezizzi

Vivere un’esperienza è qualcosa del tutto soggettivo. L’esperienza può essere legata alla realtà o ad emozioni interiori, non necessariamente provocate dall’esterno. Nell’universo della moda e del lusso però, la maggior parte delle emozioni coinvolgono totalmente i nostri cinque sensi. Cosa ha portato di nuovo la diffusione delle tecnologie digitali?

“Non dimenticherò mai l’odore pungente dei cascami di seta in tessitura, il rombo sordo dei carrelli di stampa, il tratto sicuro delle disegnatrici” racconta Michela Ornati, ideatrice e coordinatrice del libro Oltre il CRM. La customer experience nell’era digitale. Se  il coinvolgimento dei nostri sensi è spesso parte integrante delle esperienze, com’ è possibile che le tecnologie digitali riescano ad interpretare, talvolta a sostituire questo tipo di esperienza?

E soprattutto, com’è cambiato il modo di vivere queste esperienze da parte del cliente? La tecnologia digitale ha mutato i processi di creazione e sviluppo prodotto, così il modo in cui vengono comunicati. Il cliente che ha colto questo cambiamento ha mutato a sua volta il modo di vivere l’esperienza d’acquisto che è diventata sempre più virtuale.

Ma la tecnologia non finisce nei limiti del virtuale. Per una marca, puntare sulla customer experience nell’era digitale significa anche costruire valore attraverso un nuovo tipo di relazione con le persone.

Il libro si apre con un capitolo  (redatto da Lily Hang Ta) dedicato alle nuove frontiere del digital design. Se esiste una relazione tra il concetto di trasmutazione divina e il mondo della moda, potremmo riassumerla in una parola: avatar.

Avatar è una parola sanscrita che descrive un concetto simile a quello di incarnazione divina in un corpo fisico. Nell’ambito della moda, come ormai anche al cinema, l’avatar rappresenta l’incarnazione fisica dell’uomo in un corpo virtuale. Un processo inverso a quello in relazione con l’origine del termine ma che per alcuni potrebbe avere del meraviglioso. Come consumatori, possiamo ormai disporre di tecnologie 3D talmente avanzate da riprodurre avatar identici al nostro fisico per visualizzare virtualmente capi su misura.

A questo proposito ci affacciamo su un’altra esigenza del mercato che in tempi recenti  si contrappone alla produzione in serie: quella della personalizzazione. Grazie all’uso delle nuove tecnologie, di internet, di strumenti social, il cliente è più fidelizzato quanto più gli si offrono servzi capaci di rispondere ai suoi bisogni individuali. Il cosiddetto fenomeno della mass customization (personalizzazione di massa) permette all’azienda di entrare in un rapporto più confidenziale col proprio cliente, al fine di coordinarsi con lui nella realizzazione di un prodotto. Questo tipo di relazione sfocia in una condivisione del processo produttivo che caratterizza proprio questo andare “oltre il CRM” (capitolo Personalizzazione di massa e Web nell’era 2.0, di Fred Voorhorst e Claudio R. Boër).

La “democratizzazione” della moda che avviene attraverso nuovi canali di comunicazione come i blog, ma anche i live streaming delle sfilate, è un altro tema che caratterizza la customer experience nell’era digitale. Come afferma anche Suzy Menkez “il mondo è cambiato quando la moda, invece che essere monologo, è diventata conversazione” (dal capitolo I blog di moda, di Caterina Lunghi). La moda è cambiata, il maketing è cambiato ed il concetto di mercato è stato sostituito da quello di cliente. Un cliente multiplo, che interpreta, interagisce con target diversi influenzando e talvolta modificando comportamenti d’acquisto altrui.

La conversazione del brand con il cliente può essere contemporanea al processo d’acquisto, mediante l’uso di installazioni interattive all’interno dei negozi collegate ai sistemi aziendali. Anche una carta fedeltà può permetterci di essere riconosciuti appena entriamo in un negozio con la conseguente personalizzazione della nostra customer experience (capitolo Touch and Shop. Superfici retail interattive, di Fabio Orlando Bernardini).

Nell’era digitale non è più fondamentale la selettività della distribuzione ed il rapporto diretto tra il consumatore e il prodotto che intende acquistare. Il cliente “digitale”, che prima di tutto è una persona, è molto più informato e non più disposto a pagare un prezzo premium ad una marca del lusso solo in virtù del proprio nome. Attraverso le cosiddette “vendite evento” di canali di private shopping on-line, come vente-privee.com, riconosciamo un consumatore preparato sulla fruizione delle nuove tecnologie e che ricava con attenzione informazioni relative al prodotto, anche con un approccio multicanale (capitolo Ogni lasciata è persa. I saldi VIP dell’e-commerce, di Stefania Maglia).

Il web 2.0 ha trasformato le relazioni tra brand e persone. La fiducia nel prodotto e la brand loyalty si costruiscono tramite nuovi mezzi di comunicazione come i social network, i quali non fanno altro che amplificare virtualmente e a livello globale il più antico strumento di marketing: il passaparola.

Ma il mondo di internet può essere una minaccia all’esclusività di cui si circonda normalmente il mondo del lusso. La conversazione, la condivisione, sono concetti base del nostro vivere quotidiano che il web può alterare. Dietro un brand sul web c’è sempre una persona e da questa dipende una grande responsabilità: mantenere inalterata l’escusività di marca pur aprendosi alla conversazione con target differenti.

È importante che anche i dipendenti di un’azienda siano connessi e partecipativi, consapevoli della brand reputation aziendale sui social media e coinvolti nella vita digitale del marchio. Un wiki, ad esempio, può essere utile per comunicare la politica e la cultura aziendale ai nuovi assunti, oltre che essere un importante strumento di produttività (capitolo Fashion Enterprise 2.0: la comuncazione con il cliente interno, di Lynda Tyler Cagni).

Si parla tanto di customer experience, ma perché la maggior parte delle esperienze che viviamo come clienti sono ancora così scarse? Molte aziende, spesso proprio quelle del lusso, convinte del loro status ormai affermato, smettono di “ascoltare” i bisogni del cliente. La qualità dell’esperienza è fatta di fattori emozionali non necessariamente legati al consumo di un bene non necessario, come può essere definito il bene di lusso, ma alla strategia implementata per affrontare gli ostacoli al suo consumo.

Jeff Bezos, fondatore dell’online retailer Amazon, afferma che il vantaggio competitivo su Internet è rappresentato dalla possibilità di creare esperienze “memorabili” capaci di generare word of mouth. Siano online oppure offline, queste esperienze aiutano ad  incrementare la fidelizzazione e a ridurre le lamentele del cliente. Le tecnologie digitali sono un valido sostegno al miglioramento di queste esperienze (capitolo Quo vadis, customer experience?, di Phil Klaus).

Ho affrontato solo alcuni argomenti che nel libro sono analizzati a fondo da ogni autore. Quello che sento di dire, anche in qualità di persona che ha contribuito a questo progetto, è che la tecnologia è solo uno strumento a nostro servizio, come qualsiasi macchina. Dal libro si evince quanto le persone e le loro emozioni siano centrali nell’esperienza di acquisto come nella creazione di un prodotto e del suo valore aggiunto.

L’intenzione del libro è quella di esplorare diversi scenari di applicazione della tecnologia digitale lungo tutta la catena di valore del  prodotto, “senza dimenticare che dietro ogni pixel c’è sempre un tratto di matita, un intreccio, un’impuntura, una nota di colore; il pensiero creativo e la mano dell’uomo” (Michela Ornati).

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