M’ama non m’ama: la scelta del partner non è proprio casuale

Da Silvestro

A cura della Dottoressa Anna Chiara Venturini, Psicologa Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale a Roma.

Chi di noi almeno una volta per curiosità o gioco non ha sfogliato la margherita ponendosi il famoso dilemma “M’ama o non m’ama?”. Vista così la scelta del partner sembrerebbe casuale, ma in realtà non è proprio così.

La letteratura sull’attaccamento romantico sostiene che la scelta del partner non è mai un fenomeno casuale. A tal riguardo, molti autori affermano che le esperienze che ciascuno fa nel corso della propria esistenza, specialmente negli anni dell’infanzia, formano nella nostra mente dei “modelli inconsci”, dei modelli operativi interni che il bambino elabora riguardo sé, i propri stati affettivi e quelli delle persone significative che lo circondano durante le sue esperienze precoci, diventando poi dei veri e propri script (ossia mappe cognitive, copioni sul comportamento e sulle aspettative proprie ed altrui) che determineranno in maniera significativa chi innescherà in noi l’attrazione, come vivremo l’innamoramento, gli aspetti della vita di coppia e come vivremo la fine delle storie. Questi modelli ci predispongono a comportarci in un dato modo quando ci relazioniamo con chi ci è affine. La relazione con le figure genitoriali, in particolar modo con il caregiver determinerà infatti il nostro stile di attaccamento e che tipo di partner sarà per noi “attraente” perchè noto, conosciuto. Nel momento in cui si verifica l’imprinting filiale nel bambino, le caratteristiche della sua figura di attaccamento e le sue modalità di cura e accudimento, saranno infatti riconosciute dal piccolo come proprie di chi è deputato a prendersi cura di lui e pertanto accettate (G.Attili, 2004). Da qui l’evidente nesso tra il modello relazionale memorizzato in quel momento, e la ricerca di relazioni future che lo ricalchino in quanto per noi “giusto e sano”.

Le prime relazioni, lasciano infatti in ognuno di noi un imprinting familiare e, proprio come sosteneva Maslow, essendo il bisogno di sicurezza, uno dei bisogni fondamentali per l’essere umano, ecco che si va alla ricerca di ciò che per noi è noto, conosciuto e quindi sicuro, proprio come siamo attratti in un paese straniero da persone che parlano la nostra stessa lingua: non è che siano più interessanti delle altre, semplicemente sono più familiari, in qualche modo ci fanno sentire a casa.

La ricerca del noto è quindi alla base delle ripetizioni amorose nella scelta del partner e nella modalità di conduzione della relazione. Tuttavia, anche se le prime relazioni affettive fungono da matrice, possono essere poi attuate e perpetuate con due modalità: di “contrasto”, ovvero rifiutando i modelli genitoriali e percorrendo strade diametralmente opposte per ipercompensare le mancanze subite, oppure di “complementarietà”, scegliendo un partner con cui creare una relazione simile a quella dei propri genitori. In ambo i casi l’esempio da cui si parte è lo stesso e che lo si rifiuti o lo si riproponga, è comunque alla base dell’agire, poichè l’attrazione è esercitata dal passato.

Mary Ainsworth e collaboratori (1978) con gli studi sulla Strange Situation sostenevano che, in funzione dei diversi tipi di attaccamento nell’infanzia è possibile prevedere quale tipo di scelta sul partner l’individuo farà in età adulta, quali saranno le caratteristiche della relazione e l’esito della stessa. L’individuo che da bambino ha potuto godere di un attaccamento sicuro con la principale figura di riferimento sceglierà come partner di coppia una persona con la quale potrà esprimere ciò che sente, con la quale instaurare una relazione stabile, duratura e per lo più monogama; chi da piccolo ha avuto una madre imprevedibile (attaccamento ambivalente/invischiato) presumibilmente avrà da adulto più storie d’amore ma resterà sempre legato alla sua famiglia di origine (“invischiamento”) , sceglierà proprio quel tipo di persona che più detesta, quella che mantiene le distanze e sarà presumibilmente geloso, possessivo, controllante e autoritario; chi da bambino ha fatto esperienza con una madre totalmente rifiutante (attaccamento evitante/distanziante) cercherà da adulto di non farsi coinvolgere troppo dalle relazioni, non mostrerà sentimenti ed emozioni e cercherà partner che ripropongano lo stesso trattamento avuto dalla madre; infine, se l’attaccamento è di tipo disorganizzato uno dei due partner potrà addirittura abusare dell’altro, maltrattarlo e diventare totalmente imprevedibile.

Il tutto avviene sulla base di un meccanismo circolare che mantiene in piedi anche, e soprattutto, le coppie disfunzionali.

I copioni inconsci ereditati dall’infanzia che determinano le nostre azioni sul piano amoroso sono quindi quasi paragonabili a delle sceneggiature di film ben determinate con dei temi ben precisi.

Vediamone alcune più ricorrenti.

L’infermiera: “io ti salverò”

Si tratta di relazioni in cui uno dei due partner nell’infanzia si è fatto carico di un genitore alcolizzato o depresso ed ha imparato a prendersene cura. La sua missione è stata quella di salvarlo dalla dipendenza e non ci sarà da stupirsi se un domani ricercherà partner bisognosi di aiuto: il modello relazionale messo in atto è quindi perverso e squilibrato perchè aiutando il partner più bisognoso a conquistare la propria indipendenza, questi non avrà poi più bisogno di aiuto, e l’altro perderà il suo ruolo. Questo tipo di rapporto si basa quindi sulla debolezza imprescindibile di uno dei due protagonisti e sulla fine della relazione quando quest’ultimo non sarà più dipendente.

Il re: “sono un individuo eccezionale ed ho diritto ad un trattamento speciale”

Di solito sono figli unici, abituati a non avere regole nè limiti e che nell’infanzia hanno preso il posto di uno dei due genitori ( in seguito a malattia o decesso) o ne sono stati i confidenti. Sin da bambino  impara così ad avere un trattamento speciale e da adulto ricercherà relazioni in cui gli saranno dovuti dei particolari riguardi, ricercando partner che gli conferiscano la stessa importanza di quando era piccolo.

La piccola fiammiferaia: “sono una nullità per fortuna ci sei tu”

Certi bambini sono stati trascurati e magari anche disprezzati dai loro genitori: ai loro occhi non si comportavano mai abbastanza bene, venivano paragonati ai fratelli o venivano trascurati perchè non c’era tempo di occuparsi di loro. Questi bambini possono così crescere maturando la convinzione di non essere degni di ricevere attenzione e interesse perchè gli altri sono più importanti. Ovviamente questo schema si riproporrà molto probabilmente scegliendo partner freddi, svalutanti, inaccessibili sia fisicamente che emotivamente, portando la persona a riperimentare la svalutazione subita nel passato. Oppure si potrà scegliere, per ipercompensazione, un partner affetto da gravi malattie o che ha subito un incidente: in questo modo infatti la persona ipercompensa la svalutazione subita, facendo dell’impegno e della cura del partner, la sua fonte di autostima e ragione di vita.

Il colpevole: è tutta colpa mia

Questo è il tema della colpevolizzazione per eccellenza: il bambino ha infatti interiorizzato il fatto di essere la causa del malessere dei genitori, si sente un peso, responsabile per le sofferenze altrui. Si tratta di genitori che possono aver esacerbato questo senso di colpa con frasi del tipo “Sono rimasta con tuo padre per te anche se non lo amavo”, oppure “Per te ho rinunciato alla mia carriera”. Ovviamente, questa frasi “sacrificali” come altre possono aver amplificato l’impressione che il suo comportamento determini l’infelicità altrui. Da qui potrà derivare un individuo che magari arriverà a rinunciare anche ai rapporti sentimentali perchè teme di rendere infelice l’altro, oppure condurrà una vita dedita al volontariato o un lavoro nell’ambito umanitario per espiare la sua colpa.

Il rinnovatore: non sarò mai come te

La madre era sottomessa al marito e la figlia giura che non le assomiglierà. Molto probabilmente non accetterà il dominio di un uomo o magari inconsciamente potrà cercare uomini che la dominino. Questo è il tema tipico di chi rinnega la figura genitoriale  di riferimento e si trova di fronte a due possibilità che rivelano lo stesso copione: l’identificazione positiva o negativa con quella figura.

Scegliere il partner seguendo questi copioni significa spesso oltrepassare i limiti della dignità e dell’autostima, mescolando un insieme di emozioni e comportamenti che poco hanno a che fare con una scelta consapevole e soprattutto rinnovata in modo sano.

Come possiamo quindi uscire dall’impasse ed amare liberamente l’altro per quello che è e non per quello che abbiamo bisogno lui sia?

Di certo si tratta di un percorso tortuoso, ma non per questo non percorribile.

1) Riconoscere anzitutto le ferite ricevute nell’infanzia ( deprivazione emotiva, abbandono, svalutazione, colpevolizazione etc,,) aiuta a comprendere quale bisogno stiamo proiettando sull’altro e quindi quale ruolo gli stiamo facendo mettere in scena.

2) Entrare in contatto con il lato bambino che ha subito quelle ferite e ascoltare quali sono i suoi bisogni più profondi e quali emozioni prova, così da utilizzarle come “sentinelle” in caso di innesco del copione

3) Prendere atto di quelle che sono le caratteristiche che maggiormente ci attraggono nel partner e notare se vi è una ricorsività disfunzionale ( es. sono persone molto spesso impegnate sul lavoro, che abitano lontano, che non ci ascoltano, che sono freddi o svalutanti etc..)

4) Darsi la possibilità di scoprire altre caratteristiche in persone che non reputiamo “interessanti”

E soprattutto ricordiamoci: percorrere strade note ci rassicura ma è anche il miglior modo per non scoprire mai nuovi luoghi che potrebbero invece emozionarci

 “Tra il desiderio e la realtà c’è un punto di intersezione: l’amore”  -Octavio Paz-

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