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Ma a cosa servono i direttori Rai? Perché Monica Maggioni non interviene sullo scandalo del fondamentalismo religioso in Rai? Il caso Massimo Giletti che non é Charlie. E NOT IN MY NAME!

Creato il 15 novembre 2015 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
untitleddi Rina Brundu. Massimo Giletti l’ha fatto ancora: tutto pur di fare notizia! L’ultima del nostro “eroe” è stato l’one-man show stile tribuno romano shakesperiano in quel dell’odierna puntata de L’Arena (Rai 1). “Basta con le marce!” ha esortato il rampante conduttore. “Dobbiamo scegliere da che parte stare. Dobbiamo avere il coraggio della nostra identità, del nostro essere cristiani. E io non sono Charlie”.

Che Giletti non sia Charlie l’avevamo capito da un pezzo e questo è senz’altro un problema. Un problema suo però,  senz’altro secondo a quello posto dal suo uso continuato del servizio pubblico finanziato dai contribuenti di uno Stato laico per difendere la sua fede religiosa e per i pseudo-proclami religiosi di dubbio gusto.

Se Giletti non è Charlie, io che ogni anno pago il suo stipendio, ho sicuramente una eredità culturale diversa da quella proposta dal conduttore e ho ogni diritto a vederla rispettata. Di fatto io faccio mia una identità culturale in netta contrapposizione con quella gilettiana, perché sono e mi sento orgogliosamente figlia di chi nei secoli ha combattuto e tutt’oggi combatte (vedi le tematiche quanto mai attuali dei diritti civili dei “diversi”, famiglie di fatto, discriminazioni reiterate e ataviche contro il genere femminile, etc etc etc), il fondamentalismo e l’ignoranza religiosa, la casta ecclesiastica.

Ma perché – visto che Giletti non è nuovo a questo tipo di predicazione via etere – Monica Maggioni non interviene a bloccare cotanta diseducativa esondazione? A che servono altrimenti i direttori Rai?

Che sia ben chiaro: le prediche fondamentaliste di Giletti non sono nel mio nome! NOT IN MY NAME!


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