Un bel piatto di fritto è quello che ci vuole per iniziare bene la serata. Paranza e patatine, si vive una volta sola. E poi, senza patate fritte non sarebbe una vera Festa dell’Unità. Che poi ormai non si chiama più così, però tanto ci siamo capiti.
Quindi, fritto per tutti e tre. Sì, perché ci sono anche i miei genitori. Li ho convinti, prima uno e poi l’altro, che non potevano continuare a vivere senza aver visto almeno una volta un concerto di Bobo.
Lui è seduto due tavoli più giù, insieme ai componenti della sua band. Ogni tanto qualcuno si avvicina, lo saluta, una pacca sulle spalle e si riprende a mangiare.
“Finisci gli spaghetti” dice una bella mamma alla sua bimba, nel tavolo accanto al nostro “se no non te lo faccio salutare”. La piccola sbuffa, però prende in mano la forchetta e inizia ad attorcigliare. Nel frattempo lui si è alzato e cammina verso il palco. Un po’ di bambini e qualche genitore gli vanno vicino, qualcuno scatta una foto.
“Eccolo lì, puoi andare!” dice la mamma.
“Anche teeeeee!!!” prega lei.
“Ma come, ora ti vergogni?” interviene la nonna “Via, ti ci porto io”. Saluto, foto col cellulare e ritorno al tavolo con un bel sorrisone. “Ora finisci gli spaghetti” intima la mamma, irremovibile.
Si è fatto buio, le persone intorno al palco iniziano a essere davvero tante. “Ma le sedie non ci sono?” chiede mamma. In realtà qualcuno a sedere c’è, ma sono pochi: la gente ha preso le sedie dal ristorante, e non poteva portarle via tutte. Qualcuno è stato anche più furbo, e la sedia se l’è portata da casa, di quelle pieghevoli a fiorellini. Così mamma sceglie un bell’albero dal tronco inclinato per appoggiarsi, un po’ lontano dalla mischia.
E finalmente le note riempiono l’aria, e una voce ruvida inizia a cantare che il cielo è di tutti.
Il traffico intorno a noi non cessa. Due vecchietti, marito e moglie, stanno cercando la posizione migliore per piazzare la sedia, ma si vede che sono indecisi. “Voglio stare vicino alle casse” dice lei. “Ci credo, sei sorda come una campana!” risponde il marito spazientito.
Da dove sono non riesco a vedere il palco, ma la voce di che sento deve essere quella di Alessandro, il figlio più piccolo di Bobo. La marmellata fa da sottofondo al ballo di una ragazza e del suo piccolo, che avrà massimo quattro anni e che sembra divertirsi un sacco, mentre saltella tenendo per mano la mamma.
Alle nostre spalle c’è il chiosco della birra, è anche per questo che tutti ci passano davanti, per poi ripassare con un bel bicchiere pieno in mano. Due ragazzi devono averne bevuti parecchi di bicchieri, perché alla fine di ogni canzone urlano “Bobooooooo, fatti i capelliiiiiii!!!” barcollando e ridendo. Le loro amiche li minacciano di andarsene se non smettono.
Naturalmente non mancano i cani. Perché lasciarli a casa in una serata così bella e romantica? Tutti a sentire Bobo, anche il cane! Forse è proprio l’urlo disperato di Gigi Balla che istiga alla lotta: due cani, dopo essersi annusati un po’, iniziano a ringhiare e poi partono all’attacco. Per fortuna i padroni riescono a tirarli indietro, ma io decido comunque di spostarmi da quella posizione trafficatissima.
Bobo ha appena finito di informarci che “di pelo sono più di destra che di sinistra, perché….deh, perché a destra son più bone!!”. Il pubblico si fa’ delle grandi risate.
Il vento porta a tratti ondate di fritto e carne alla brace, e Bobo annuncia la canzone contro la guerra, spiegando che a volte il PD è stato anche a favore di alcune guerre, mentre lui è comunque, in ogni caso, contro. Finita la canzone, a sorpresa un signore di mezza età salta sul palco, si impossessa del microfono, e rivolto un po’ alla folla e un po’ al cantante, dice “Bobo, non fare politica e pensa a cantare”. Il disappunto serpeggia tra il pubblico. Ma come si permette, questo qui, di contraddire il cantante più amato dai livornesi? Qualche fischio, due parole di compatimento da parte di Bobo, e riprende lo show, con una cover bellissima di una vecchia canzone di Celentano cantata però con la voce di Piero Pelù, che Bobo ogni tanto prende in giro per il modo in cui allunga le vocali. E tutti giù a ridere un’altra volta.
Torno dai miei, e li trovo particolarmente attenti nonostante siano in piedi da quasi due ore. Si sono dati il cambio all’albero e si sono anche presi una birra. “A vedere tutta questa gente che beveva c’è venuta voglia anche a noi”.
Il gruppetto con i due ubriachi se n’è andato, e adesso a urlare ci pensa una coppietta. Stanno litigando ma non riescono a sentirsi: “Corri treno” copre le loro voci. Lei se ne va, lui la rincorre, la tiene per le spalle, poi si abbracciano.
Sotto questa luna piena, stasera la vita sembra proprio una splendida meravigliosa disperata buffonata.