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Ma i migranti hanno sempre ragione? Se lo chiede…

Creato il 16 maggio 2015 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
Mappa del Mare Nostrum Italiano nel 1942: in verde i territori controllati dalla marina italiana, in rosso i territori controllati dagli alleati nell'estate del 1942.

Mappa del Mare Nostrum Italiano nel 1942: in verde i territori controllati dalla marina italiana, in rosso i territori controllati dagli alleati nell’estate del 1942.

Michele Marsonet. C’è poco da fare e occorre rassegnarsi. Se uno dei migranti sbarcati in massa nel nostro Paese adotta comportamenti scorretti, oppure – caso non certo infrequente – commette reati, la colpa non è sua. Bisogna tener conto del “contesto” ammettendo che i veri colpevoli siamo noi, visto lo spaventoso passato coloniale che abbiamo alle spalle.


Gran parte dei mass media, del mondo politico e della stessa società civile italica hanno ormai adottato senza esitazione alcuna questo schema concettuale, che sta diventando con rapidità crescente l’ultimo paradigma indiscutibile del “politicamente corretto”. E chi invece lo mette in discussione è subito accusato di essere un leghista anche se, come il sottoscritto, con la Lega nulla ha a che fare.

E’ un continuo stillicidio di episodi, piccoli e grandi, che affollano le cronache suscitando dibattiti che spesso lasciano stupefatti. L’ultimo si riferisce al dodicenne senegalese che a Terni ha aggredito sbattendola a terra con un pugno una coetanea, rea soltanto di portare al collo una catenina col crocifisso. Il tutto in presenza della madre, e alla ragazzina sono toccati venti giorni di prognosi.

Pare che il senegalese avesse già manifestato in passato la sua irritazione alla vista del crocifisso, minacciando di passare a vie di fatto se la compagna di scuola non si fosse tolta la collanina. Poi l’ira ha avuto il sopravvento. Non sopportava davvero la vista del simbolo cristiano e ha risolto la questione con l’aggressione fisica.

A questo punto parrebbe naturale leggere commenti in cui si dice che il migrante, sbarcato da noi in aprile, deve rendersi conto di essere un ospite. In altre parole si trova in Italia, non in Senegal. Gli si dovrebbe far capire in primo luogo che non è a casa sua, e non può quindi permettersi di minacciare chi porta sul corpo un simbolo considerato da tutti normale nella nazione che l’ha accolto. In secondo luogo, sarebbe pure opportuno insegnargli che simili aggressioni non sono lecite nemmeno nel suo Paese d’origine.

E invece questo è l’esordio dell’articolo che il “Corriere della Sera”, nominalmente il più prestigioso dei nostri quotidiani, dedica all’episodio: “Parlava lui ma non erano parole sue. E’ stato lui a dare un colpo alla schiena della sua compagna di classe, ma non era sua la rabbia che lo ha fatto agire”. Ohibò. Ma di chi erano, insomma, le parole e la rabbia? A questo punto vien da pensare che nemmeno il pugno fosse suo, se si vogliono rispettare i nessi di conseguenza logica.

Spiegazione dell’articolista: “Ed è questo il punto: capire come e chi abbia coltivato in quel ragazzino l’avversione contro il simbolo del cristianesimo”. Quasi fosse così difficile comprenderlo. Penso che chiunque mantenga una parvenza di normalità mentale sia in grado di rispondere senza troppi dubbi.

Intanto il ragazzo non è punibile perché minorenne. Poi l’articolo si preoccupa di sottolineare che tutti cercano di gettare acqua sul fuoco. Preside, insegnanti, assistenti sociali e Procura (senza tralasciare i carabinieri). L’acqua sul fuoco è necessaria poiché coloro che la pensano in modo diverso sbattono subito contro un muro compatto di benevolenza e di buonismo, che protegge i dettami del politicamente corretto già citato in precedenza.

L’episodio, di per sé, è piccolo, come piccole (?) sono le proteste dei migranti che non gradiscono gli alberghi in cui vengono smistati, lamentando a volte l’assenza del Wi-Fi nelle camere.

Tuttavia i segnali sono inquietanti, anche perché la nostra intelligence da tempo lancia allarmi circa la presenza di terroristi tra chi sbarca. E se invece di parlare del buonismo cominciassimo a denunciare l’idiozia italiana? Non servirebbe a molto, ma farebbe almeno capire che parecchi “indigeni” (cioè noi) non la condividono.


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