Ma la scuola ha ancora un senso?

Creato il 23 ottobre 2013 da Giuseppeg
La professione dell’insegnante è sicuramente una delle più delicate e complesse, e richiede in chi la pratica un atteggiamento di apertura ed empatia che deve coinvolgere necessariamente il proprio metodo di lavorare e al tempo stesso la propria identità di persona. Non può esistere una sola maniera di operare come insegnante, né sarebbe auspicabile che vi fosse: il mondo cambia continuamente, e l’istruzione ha assunto oggi un ruolo che esula forse dal suo obiettivo originale e per così dire ‘classico’. L’insegnante non può essere più solo un ‘trasmettitore di cultura’, perché la stessa cultura si è evoluta in nuove forme, e chi ne detiene ufficialmente la tutela non può stare semplicemente a guardare.
Oggi la scuola ha una responsabilità grandissima, che non consiste tanto nel fare da filtro e da mediatore culturale presso le nuove generazioni, quanto nel fare in modo che la cultura abbia ancora un senso. I ragazzi di oggi hanno infatti delle possibilità infinite di accedere a quella che un tempo si chiamava ‘cultura’, possibilità che solo pochi decenni fa non erano lontanamente immaginabili. Si parla tanto di ‘screen generation’ e di ‘nativi digitali’, ma si dovrebbe parlare più propriamente di ‘alluvionati dell’informazione’, che hanno bisogno di una guida e un appiglio per non essere irrimediabilmente travolti. La scuola non è più l’unico depositario del sapere, ma è forse l’ultima roccaforte di un sapere coerente, compatto, razionale e radicato.
Ecco perché l’insegnante non può più permettersi di considerarsi ‘arrivato’. Intraprendere la via dell’insegnamento vuol dire rimettersi in gioco totalmente, coscientemente, senza per questo rinunciare alle proprie propensioni e alla propria originalità. L’insegnante deve ritrovare una sua dignità, che non dev’essere data soltanto dal riconoscimento collettivo di un ruolo che non è più sufficientemente apprezzato in un momento storico, come questo, in cui invece la sua importanza è divenuta addirittura essenziale, ma dev’essere riottenuta attraverso il recupero di una professionalità che da troppo tempo è venuta a mancare. Non si può fare scuola affidandosi semplicemente all’esperienza o all’istinto: è necessario un percorso critico e personale, dove le domande e le risposte non sono date per scontate, ma sono messe sullo stesso piano in un itinerario esperienziale e didattico. È proprio questa la sfida dell’insegnante di oggi: fare in modo che la scuola resti ancora, nonostante tutto, un punto di riferimento importante, indispensabile. Non possiamo ignorare che vi sono molte forze in gioco, questo è certo; eppure molto dipende da questo. 

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