Ma perché i racconti no?

Da Silviapare
Allora, l'editore c'è. Devo solo scrivere l'ultimo racconto. Nel frattempo leggo tantissimi racconti e mi innamoro sempre di più di questo genere così sottovalutato, negli Usa ma più ancora in Italia.Nella mia carriera di traduttrice ho tradotto splendide raccolte di racconti, da Dogwalker

Intanto, un po' di pubblicità

di Arthur Bradford a Infanticidi di T.C. Boyle, da Il pesce rosso segreto e Il punto di David Means, da Ragioni per vivere di Amy Hempel a Ho sempre amato questo posto di Annie Proulx, da Il libro dell'ignoto di Mr K (alias mio marito) a Di cosa parliamo quando parliamo di Anne Frank di Nathan Englander, da È così che la perdi di Junot Díaz a Fine missione di Phil Klay, vincitore del National Book Award.
Eppure gli editori sono tutti concordi: i racconti non vendono. Qualche mese fa ho incontrato a una festa un agente che aveva in lettura i miei racconti. Si è presentato e mi ha detto: "Sì, abbiamo ricevuto i suoi racconti, li leggeremo. Ma mi dica: quando scriverà un romanzo?" La prima cosa che mi ha detto.È una questione annosa, si sa. Ma neppure gli editori sanno il perché. È un cane che si morde la coda? Gli editori non spingono i racconti e quindi i lettori li considerano roba di serie B e quindi non li comprano e quindi gli editori non spingono i racconti? Prima la pensavo così. Ma ultimamente ho parlato con editori che hanno cercato invano di promuovere racconti bellissimi. E allora perché? Mah. Io intanto continuo a godermeli. Ultimamente, nella pila accanto al letto si sono avvicendati: Margaret Atwood, Alice Munro, Dino Buzzati, William Vollmann, Lydia Davis, e altri ne arriveranno ancora. E per adesso non ho nostalgia dei romanzi.

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