Ma pure su Youtube dobbiamo ridurci così? (un affresco delle webserie italiane)

Creato il 14 settembre 2014 da Redatagli

In un articolo recente me la prendevo con la televisione generalista italiana, denunciandone lo stato di immobilismo e la sua evidente rinuncia all’esplorazione di nuovi target, nuove possibilità... e parlando del “fallimento programmatico” di ogni alternativa allo status quo.
La verità è che i target abbandonati dalla televisione esistono ancora.
Non solo sono vivi e vegeti, ma rappresentano il potenziale commerciale più alto tra tutte le fasce di età. Nessuno fagocita intrattenimento (che sia cinema, televisione o video di gattini) tanto quanto i 13-25enni, ed è semplicemente impensabile che non esista una “televisione alternativa” capace di aggregare e convogliare la domanda esercitata da un simile potenziale.
Insomma: se un quindicenne italiano è mediamente restìo alla prospettiva di guardare Fabrizio Frizzi, i pacchi di Rai 1  e Sereno Variabile, esisterà pure qualcosa davanti a cui staccare il cervello per un’ora?

Senza contare le pratiche (consolidate e in espansione) dello streaming e del download illegale di serie tv di altri paesi, la vera “televisione alternativa” è rappresentata da youtuber e webserie
Non prendo in considerazione streaming, torrent e download vari per due ragioni: la prima è che il mio focus è esclusivamente sulla televisione italiana, nelle sue varie declinazioni.
La seconda sta nel fatto che la pratica del “procacciare il proprio intrattenimento” attraverso la ricerca e il download di contenuti implica l’essere attivi davanti a uno schermo.
Nella definizione tradizionale e più precisa del termine, invece, la televisione è un medium che comporta la passività.

Youtuber e webserie, dicevamo. La maggior parte di noi associa queste parole alle parrucche di Willwoosh e alla scoppola (“scoppola”, termine tecnico) di visualizzazioni dei video-parodia dei The Jackal, ma il quadro generale è complesso e variegato.
Questo non significa che sia anche bello, o che l’offerta webseriale sia particolarmente migliore di quella “tele-seriale”: diciamo solo che gli youtuber e le webserie catturano i target giovanili più di quanto un’emittente televisiva sarà mai in grado di fare. Basta pensare al recente, clamoroso successo della parodia a Gomorra – La Serie da parte di The Jackal: un’operazione da quasi 3 milioni di visualizzazioni e un generale senso dell’avere capito tutto di cosa funziona su youtube, commercialmente parlando.

I The Jackal (Francesco Capaldo, Simone Russo, Alfredo Felaco) sono il collettivo che ha realizzato il pluripremiato “Lost in Google”, e gli autori di piccoli “culti” della condivisione da youtube come i “Gay ingenui” e altri sketch demenziali. Se da un lato mostrano di sapere perfettamente quello che stanno facendo ed essere capaci di confezionare prodotti interessanti (“Lost in Google”, “Kubrik: una storia porno”, da loro distribuito), i The Jackal incassano però i numeri più alti con la stessa, ripetitiva commedia da avanspettacolo e faccette buffe che potremmo trovare su Mediaset. 
Per quanto non sia il mio genere e non vi trovi un grande valore come scrittura, performance o messa in scena, posso tranquillamente sbilanciarmi dicendo che i The Jackal funzionano. Molto.
Riescono a “stare sul pezzo” sui bersagli delle loro parodie e sugli argomenti da affrontare, e presentarli con un taglio perfetto per il format “video di youtube”.

Il problema è capire quando e come è stato definito questo format: perchè la comedy da youtuber è irrimediabilmente, inevitabilmente votata alla faccetta/smorfia/urlo disumano degno di un Massimo Boldi colto da emorroidi?
Perchè, in estrema sintesi, esistono iPantellas?

Una media di un milione e mezzo di visualizzazioni a video, iPantellas sono la manifestazione neodantesca di come immagino un girone dell’Inferno: ragazzini che urlano pensando di essere divertentissimi.
Il dramma è che hanno successo.

Ma tra i due estremi del fenomeno, ci sono molte vie di mezzo. Frank Matano, Michael Righini, Claudio di Biagio sono tutti assimibilabili nella categoria “youtuber” e tutti capaci di produrre video dall’altissimo indice di “viralità”.
Righini e Matano hanno poi sfruttato la popolarità acquisita per lanciare esperimenti di webserie, talvolta con successo (come “Freaks” per Di Biagio) e talvolta con discreti flop (come “Fuga dalla Morte” per Righini).
Diversamente, Frank Matano è diventato uno dei più importanti “nomi” della commedia italiana, tanto da ottenere ruoli cinematografici e lavori come giudice nei talent show.
Anche nel suo caso, si parla di una persona che ha familiarità con il mezzo e sapienza nel gestire il format su cui opera, è molto abile nelle interazioni con il pubblico e nell’auto-promozione. 
Parlando in termini strettamente commerciali, Frank Matano è probabilmente il più importante youtuber italiano. Che poi a me non faccia ridere neanche a provarci cent’anni, è un problema diverso.

Ma non si può essere sempre ipercritici e distruttivi. A differenza della televisione generalista, sul web c’è talmente tanta roba che non è matematicamente possibile che faccia tutto schifo.
Esistono esempi meritevoli di webserie italiane? Un paio.
“Esami – la serie” di Edoardo Ferrario, che presenta sketch godibili e concisi. La messa in scena è visibilmente low-budget, e a volte cade nella solita tentazione delle parrucche (sembra che non si possa più fare un video per youtube senza indossare una parrucca) ma è certamente un prodotto simpatico. 

Il miglior “esempio positivo” resta comunque The Pills. Inizialmente di nicchia e poi sempre più popolare, The Pills (Luca Vecchi, Luigi Di Capua, Matteo Corradini) sono una sketch-comedy che si distingue per creatività e spunti interessanti.
La messa in scena, parlando di regia, sonoro e fotografia, continua a non essere la priorità ma The Pills può vantare una scrittura di livello e una certa sovversività nell’elaborazione dei contenuti: video come “Fabio Volo” o “Bagno okkupato” sono tra le cose più carine che il panorama delle webserie abbia mai offerto al suo pubblico. 
Il progetto dei The Pills è cresciuto negli anni a tal punto da venire “adottato” dal superproduttore Pietro Valsecchi, lo stesso dietro il boom commerciale di Checco Zalone, che ha permesso ai ragazzi di partecipare a progetti per Rai, Mediaset e Dj Tv.

Insomma, nell’altro articolo partivo dall’assunto che “un’altra televisione in Italia è impossibile”. Dopo avere approfondito la situazione della televisione sul web, devo dire che rimango convinto che sia così.
Non percepisco un grande scarto, una significativa “alfabetizzazione” del pubblico a livelli più alti di quello a cui è abituato, nè una domanda di qualità o cambiamento.

Quello che però avverto, e che resta comunque un dato importante, è la capacità di molti tra gli autori dietro youtuber e webserie di individuare i desideri del proprio target e fare le scelte più giuste a livello di proposte, contenuti e generi. 
Su youtube funziona la commedia perchè la soglia di concentrazione è ancora più bassa che davanti alla tv, e Mad Men come webserie non funzionerebbe mai.
La sfida sta nel tentare di non livellare tutto verso il basso: nel rinnegare le urla, le smorfie, le parrucche colorate e le vocine in falsetto.

La sfida sta nel non piegarsi alla legge de “I soliti idioti”, non trattare il proprio pubblico come “stupido in partenza”. Il web è un medium incredibilmente democratico, e chiunque azzecchi le sue scelte ha il potenziale per essere visto da milioni. Perfino iPantellas.

Perfino iPantellas.

Davide Mela
@twitTagli


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