Ma se è una storia già scritta, allora io che la scrivo a fare?

Creato il 04 novembre 2013 da Andreapomella

È domenica, pranzo fuori con un amico, c’è la mia famiglia e la sua famiglia, ci sono i bambini. Il mio amico si guarda intorno e mi fa: “Dovresti venire qui a scrivere”. Io mi guardo intorno e gli chiedo: “Perché dovrei venire qui a scrivere?” “Perché basta che dai un’occhiata in giro e trovi delle storie”. Io annuisco per cortesia, lui continua: “Guarda quei due, per esempio”, indica un uomo che pranza insieme a un bambino. “È inconfondibilmente un padre divorziato”. “Sì, può darsi. Ma può darsi pure che la moglie oggi avesse qualcos’altro da fare”. Lui insiste: “E quei due?” Indica il tavolo alle sue spalle: “Lui è italiano, sgraziato, goffo, avanti con gli anni; lei invece ha una ventina d’anni, bionda, tipica bellezza dell’est, hanno due figli piccoli”. “E con questo?” gli faccio. “È una storia già scritta”, replica lui con aria risoluta. “Ma se è già scritta, allora io che la scrivo a fare?” “Volevo dire che è già pronta per essere scritta”. “Ma magari le cose non stanno come credi”. Il mio amico scuote la testa: “È così dammi retta”. Cerco di spiegargli che, andando in profondità, le storie degli sconosciuti sono mediamente più interessanti di quanto appaiano in superficie. Lui però non si lascia convincere: “Ma guardali, dài! Che altro ci può essere?” Mi arrotolo le maniche della camicia e mi verso la birra nel bicchiere. “Basta che vieni qui, ti siedi a un tavolo e scrivi”, insiste lui. Do un’occhiata al tipo goffo e a sua moglie tipica-bellezza-dell’est. “Che altro ci può essere?” penso. Poi guardo di nuovo il mio amico, se ne sta lì impettito con aria soddisfatta. Gli dico: “Scusa, ma perché non ci vieni tu, qui, a scrivere?”


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