Ma Tolkien non c’entra

Creato il 18 dicembre 2011 da Martinaframmartino

Di solito non parlo di cronaca. Non inseguo la notizia, non mi muovo per la città cercando storie da raccontare e non vado sui luoghi dove è appena avvenuto qualcosa di tragico, perciò non penso di poter dire qualcosa che non sia già stata detta da tanti giornalisti magari più esperti di me e certo più addentro nel campo. Non l’ho fatto nemmeno poco più di un mese fa quando Giacomo, un ragazzino di dodici anni, è stato travolto da un tram mentre stava tornando a casa in bicicletta per colpa di una portiera aperta all’improvviso. La notizia mi aveva colpita molto, sia perché sono una mamma, e ogni notizia tragica che coinvolge un bambino mi tocca particolarmente, sia perché sono una ciclista e conosco molto bene il pericolo rappresentato dalle portiere delle macchine.

Ero stata tentata di scrivere, allora, ma poi non lo avevo fatto per non unirmi ai cori di inutile retorica che si trovano sempre sui giornali in queste occasioni. Ai genitori la solidarietà degli altri serve a ben poco, e nulla potrà mai ridargli il figlio che hanno perso. Quanto a me, continuerò ad andare in bicicletta sperando di riuscire a evitare tutte le portiere che so che mi verranno ancora aperte davanti, e incoraggerò le mie bimbe ad andare in bici. Io sono e resterò ciclista, indipendentemente da tutte le disgrazie che potranno avvenire in futuro, anche se vorrei che la gente pensasse un po’ di più a ogni cosa che fa. Tutti, le persone che aprono le portiere senza guardare, i pedoni che attraversano confidando nel fatto che non sentono nessun rumore alle loro spalle (ma una bici, a differenza di una macchina, non fa rumore, e una mia amica si è rotta un braccio cadendo grazie a un pedone che le è saltato davanti all’improvviso – con il rosso – senza guardare), gli automobilisti che svoltano tagliando la strada alla bicicletta che hanno appena superato, ma anche i ciclisti che vanno contromano o sui marciapiedi.

Preferisco lasciare la cronaca a chi se ne occupa per mestiere, ma a volte mi domando quanto pensino a ciò che scrivono coloro che fanno questo mestiere. Dalle espressioni senza senso alle generalizzazioni o alle associazioni che distorcono la realtà e che ne danno un’interpretazione limitata e fasulla. Tutti abbiamo sentito giornalisti parlare di incidenti provocati dalla pioggia o dalla nebbia, ma pioggia e nebbia non provocano incidenti. Sono condizioni metereologiche delle quali l’automobilista deve tenere conto. Se piove la strada è scivolosa, e se la pioggia è intensa anche la visibilità è limitata, se c’è nebbia si vede meno, e se è tanta la strada è più scivolosa. In entrambi i casi si va più piano, e se un automobilista non lo fa e va a sbattere da qualche parte è lui ad aver provocato l’incidente, non la pioggia o la nebbia. E se una persona va fuori di testa compie azioni ingiustificabili non per via delle sue passioni ma perché è andata fuori di testa.

Qualche giorno fa a Firenze un folle ha ammazzato due persone e ne ha ferite altre tre. Mi rifiuto di scrivere il suo nome, anche se tutti i giornali lo hanno fatto. Era nessuno e rimane nessuno, anche se ha avuto il suo tragico giorno di notorietà. Quel che mi ha dato fastidio, al di là del fatto che due persone sono state ammazzate e altre tre sono state ferite, è stato il continuo ripetere dei giornali che il folle fosse un fan di Tolkien e del fantasy in genere.

E allora? Immagino che in casa sua non ci fosse solo Il signore degli anelli, ma che ci fossero anche altri libri. Perché continuare a ripetere il nome di Tolkien che, per quanto di destra, non era certo un estremista e non avrebbe mai approvato azioni del genere? Siamo alla solita vecchia solfa sul fatto che la fantasy sia di destra e che la leggano soprattutto giovani e quindi persone immature. Anni fa Simona Ricci aveva scritto per FantasyMagazine un articolo in cui contestava i pregiudizi espressi su una vetrina purtroppo molto più ampia come quella del Corriere della Sera Magazine: http://www.fantasymagazine.it/notizie/3205/lettore-fantasy-ecco-chi-sei/.

L’articolo è vecchio, ma siamo sempre lì: i lettori di fantasy sono di destra, immaturi e vivono fuori dalla realtà.

Io ho quarantadue anni, sono sposata da sei, ho due bambine di cinque e due anni e mezzo. Leggere fantasy da quando avevo diciotto anni (fantascienza da quando ne avevo quindici) non mi ha impedito di costruirmi la mia vita, di studiare, trovare un lavoro e farmi una famiglia. Leggo fantasy? Sì leggo fantasy, e non vedo dove sia il problema. Onestamente mi irrita vedere – come vedo – lettori di Fabio Volo, di Alessandro Piperno o di Federico Moccia che guardano con superiorità la narrativa fantasy. Non dico che la fantasy sia superiore agli autori che ho citato (alcuni scrittori sì, altri no, anche nella narrativa di genere ci sono autori più o meno bravi), dico solo che ciascuno ha i suoi gusti, e che chi legge narrativa d’evasione non deve permettersi di giudicare chi legge narrativa di un genere diverso da quel che gli piace. Secondo me è segno di scarsa apertura mentale giudicare così negativamente ciò che non si conosce, ma se una persona è limitata è un problema suo e non mio.

Quel che proprio non ammetto è l’assurda caccia alle streghe di chi ha il potere di guidare l’opinione pubblica e che quindi dovrebbe sentire anche la responsabilità che questo comporta. Quante volte è stata fatta l’associazione fra rock e satanismo? Significa che tutti gli amanti del rock sono potenzialmente dei killer omicidi?

Sergio Bonelli nella sua introduzione a Il Mystero delle nuvole parlanti, fumetto di Martin Mystère pubblicato in occasione dei cento anni del fumetto nell’ottobre del 1996, scriveva che “alcuni osservatori superficiali continuano a considerare il fumetto una forma di intrattenimento di scarso valore, in grado addirittura di nuocere alla salute intellettiva dei suoi lettori, e a considerarlo un mezzo negativo di per se stesso, indipendentemente dai suoi contenuti. È proprio contro questa tendenza aprioristica e persino un po’ ottusa che la nostra storia prende posizione, e…” e alla pagina successiva dell’albo inizia un fumetto che esaspera le critiche al fumetto stesso dipingendo una società alternativa nella quale questa forma d’intrattenimento viene giudicata pericolosa ed è vietata alla stregua di una droga. Sì, è un fumetto, e la vicenda mostrata è paradossale, ma è indice di quante tensioni sotterranee ci siano contro questa che, nelle sue espressioni migliori, è una forma d’arte. Incidentalmente, il folle di Firenze amava anche un fumetto Bonelli, Tex Willer. Fumetto del quale io ho letto (e riletto) oltre 400 numeri, finché il mio tempo libero non è diventato troppo poco per poter leggere le avventure del famoso ranger, eppure non mi sembra di essere mai andata a comprarmi una pistola.

Lo stesso accanimento di partenza, senza nessuna reale conoscenza delle opere tanto criticate, si è vista contro i cartoni animati giapponesi. Di questa vicenda parla Marco Pellitteri nel suo Mazinga nostalgia, saggio molto interessante che analizza gli anime come prodotti ma che si sofferma molto anche sulla percezione che se ne è avuta negli scorsi anni. Perché, come dice Luca Raffaelli in un brano citato a pag. 279 “come diceva Stan Lee a proposito della crociata che uno psichiatra americano fece contro i comic book: «Basta che tu ti alzi e dica Questo è pericoloso per i bambini, e avrai l’attenzione della stampa e della gente». È vero. Non c’è niente di più proficuo.” E così ecco Furio Colombo, ancora citato da Pellitteri a pagina 267, che parla di ragazzi che rimangono “ancorati alla fantasia” operando un’escalation dal cartoon alla droga. “Poi arriva la discoteca, la macchina martellante di gioco e di consumo. Lo stato di ipnosi e irrealtà prosegue mentre si entra nella vita con tutto il corpo e con un’immensa energia. Nelle auto schiantate le notti di sabato, nel rotolare dei massi gettati sulle auto che passano, continua la condizione distorta di stupore. Una parte della mente di queste persone giovani resta imprigionata nell’irreale.” Cioè secondo lui vedere i miei amati Capitan Harlock, Lady Oscar e Conan il ragazzo del futuro porta inevitabilmente a schiantarsi di notte per la strada o ad ammazzare qualcuno perché ci si annoia e non si distingue più quale sia la realtà. Le parole di Colombo sono del 1997, ma non so quanti giornali hanno riportato la frase autobiografica del folle che “All’età di dodici anni, folgorato dall’incontro con H.P. Lovecraft, si aliena definitivamente dal cosmo ordinato che ci circonda”. Io ho letto il Necronomicon e non mi sembra di aver iniziato a cercare libri maledetti, ne di aver cercato vittime da immolare a qualche oscura divinità pagana. E certe frasi sono anche un modo per scherzare. Nella pagina dedicata alla mia biografia su questo blog ho scritto “Probabilmente in una delle mie vite precedenti devo essere stata un tarlo della carta”, anche se non credo nelle vite precedenti. Bisogna essere per forza seri su tutto? Bisogna per forza fare dietrologia su tutto?

Un tizio amava Tolkien. Un giorno, per motivi suoi, è andato fuori di testa e si è reso protagonista di un gesto terribile. Dov’è l’associazione fra le due cose? Probabilmente il tizio amava anche altre opere oltre a quelle di Tolkien. Dobbiamo ritenere il professore di Oxford responsabile per ciò che ha fatto il suo lettore? Dobbiamo pensare che tutti i lettori di fantasy siano potenzialmente dei criminali? È questa l’associazione che tanta stampa ha lasciato intendere. Amante di Tolkien e del fantasy, estremista di destra e assassino. Se è così, allora dovremmo ritenere tutti gli appassionati di calcio potenziali assassini, visto che più volte sono capitati disordini negli stadi o nei loro dintorni. Dovremmo pensare che Steffi Graf sia una persona pericolosa, capace di ottenebrare la mente della gente, perché se Gunther Parke non fosse stato suo tifoso non si sarebbe mai sognato di pugnalare alle spalle Monica Seles.

Basta.

Basta, per favore. Non confondiamo fra loro cose diverse, le passioni normali con le menti che hanno seri problemi. Volete scrivere articoli seri? Allora parlate di quel che è successo, senza continuare a martellare su quello che è solo un dettaglio marginale in una vita finita nel peggiore dei modi.



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