MACRO: il museo d’arte contemporanea di Roma

Creato il 16 febbraio 2011 da Leragazze

Nella nostra settimana di Vacanze Romane natalizie con i bambini, una delle nostre mete è stata il Macro, il nuovo museo di arte contemporanea di Roma, situato tra via Cagliari e via Nizza. Nuovo per modo di dire perché è operativo dal 2002 anche se è recentissima l’inaugurazione del nuovo allestimento a opera dell’architetta francese Odile Decq. Ho trovato il museo davvero all’avanguardia. Molto bello soprattutto dal punto di vista architettonico. Moderno, funzionale, innovativo.

Perfino le toilette mi hanno colpito: interamente in acciaio inossidabile, gabinetti compresi. Un enorme isola-lavabo al centro che si accende di rosso quando sono in funzione i rubinetti. Le porte, anche loro interamente di inox, confondono gli utilizzatori con poco senso di orientamento (come me) che non capiscono dove sia l’uscita, visto che non si distingue dalle porte dei singoli bagni.

Nell’atrio un enorme auditorium rosso (purtroppo non aperto al pubblico, almeno non oggi) concepito come fosse un’astronave in fase di atterraggio. Al piano terra un bizzarro allestimento dell’Enel si chiama Are you really sure that a floor can’t also be a ceiling? Si tratta della Casa delle farfalle: una grande serra, piena di piante tropicali e, ovviamente di farfalle, anche sotto forma di crisalidi nelle incubatrici, a sottolineare come un battito di ali sia in grado di provocare enormi reazioni anche a grande distanza. Ma non solo. Le farfalle rappresentano nel mondo animale la forza di cambiare, di rinnovarsi, di nascere ogni volta in modo nuovo, diverso. Così come dovremmo fare noi “umani”, anche nella ricerca di energie alternative e rinnovabili.

Il museo è composto da 3 piani, ognuno dei quali ha due ali comunicanti tra loro attraverso dei ponti, nelle quali sono allestite esposizioni temporanee e stabili.

Non sono un’esperta di arte, tantomeno di arte contemporanea. Salvo le opere che mi attraggono per puro senso estetico, o che comunque sollecitano la mia curiosità, per il resto non sono in grado di comprenderne l’essenza. Per cui mi ha lasciato un po’ perplessa la sala dedicata a Schifano, con i muri in plexiglass interamente tappezzati da foto, schizzi, disegni e appunti dell’artista. Così come non ho forse ben compreso a fondo quella dedicata all’Attico, laboratorio e luogo di incontro che radunava gli artisti contemporanei più importanti degli anni ’60-’70.

Per il resto mi sono piaciute le sculture in ferro, così simili (nella mia ignoranza) a quelle di Calder. Mi hanno incuriosito i bozzetti dei mosaici che artisti contemporanei hanno realizzato in varie stazioni della metropolitana romana. Mi ha colpito un’artista che ha realizzato la Treccani sott’olio. Proprio così: ogni volume della famosa enciclopedia “di carta” è stato posto in un barattolone di vetro con un tappo di sughero, e coperto di olio come una gigante conserva. E aldilà del significato che gli intellettuali veri, o l’artista stesso, possono leggervi, a me piace pensare che si tratta di un modo di preservare il sapere, per tenerlo al riparo da inquinamenti moderni, come per l’appunto le enciclopedie virtuali, wikipedia tanto per fare un esempio: tanto facili e fruibili da perdere l’autorevolezza che un Enciclopedia con la E maiuscola dovrebbe avere.

Nel complesso una visita soddisfacente, ma da fare con una (brava) guida. Purtroppo non disponibile al museo se non nel fine settimana.

Intelligente la trovata di prolungare la validità dei biglietti per una settimana per permettere a chi ne abbia voglia di completare la visita con il Macro del vecchio mattatoio.

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